La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, avente ad oggetto una richiesta di risarcimento danni subiti a seguito di sinistro stradale, ha precisato che, relativamente alla legittimazione delle parti in causa ed al relativo onere della prova: “
In tema di risarcimento del danno derivato da circolazione stradale, il detentore d’un autoveicolo intestato ad un terzo ha legittimazione a pretendere il risarcimento dei danni subiti dal veicolo, ancorché non ne sia il proprietario, ma deve dimostrare che tali danni abbiano inciso nella propria sfera patrimoniale. A questo fine non è sufficiente la prova dell’esistenza d’un titolo che obblighi il detentore a tener indenne il proprietario del veicolo, ma è anche necessario provare che in base a quel titolo l’obbligazione è stata adempiuta, sì che il proprietario non possa pretendere d’essere ancora risarcito dal terzo danneggiante”.
CORTE DI CASSAZIONE
III SEZIONE CIVILE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
G. A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice di pace di Molfetta del 23 dicembre 2004 depositata il 5 gennaio 2005, con la quale lo stesso ricorrente, in solido con la compagnia di assicurazione SAI, era stato condannato a pagare all’attrice I. A. la somma di euro 775,09 in conseguenza dell’incidente stradale avvenuto in Molfetta il 4 dicembre 2000 (dopo aver respinto le eccezioni del convenuto, il quale aveva contestato che la A. fosse proprietaria della vettura …). L’A. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi contro tale decisione. Resiste la A. con controricorso. La società Fondiaria SAI non ha svolto difese in questa sede.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per la ammissibilità del ricorso nei limiti indicati nella richiesta (secondo profilo del primo motivo) e per il rigetto o la dichiarazione di inammissibilità degli altri motivi e profili di ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I tre motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono in parte inammissibili ed in parte ammissibili e fondati. Le sentenze pronunziate dal giudice di pace ai sensi dell’art. 113 cod. proc. civ. sono impugnabili con ricorso per cassazione, oltre che per le violazioni e i motivi previsti dai numeri 1 e 2 dell’art. 360 cod. proc. civ., solo – con riferimento al n. 3 dello stesso articolo – per violazioni della Costituzione, delle norme di diritto comunitario sovranazionali, della legge processuale, nonché, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 2004, dei principi informatori della materia, restando pertanto escluse, anche dopo tale pronuncia, le altre violazioni di legge, mentre sono soggette a ricorso per cassazione – in relazione al n. 4 dello stesso art. 360 cod. proc. civ. – per nullità attinente alla motivazione, solo ove questa sia assolutamente mancante o apparente, ovvero fondata su affermazioni contrastanti o perplesse o, comunque, inidonee ad evidenziare la “ratio decidendi” (Cass. 19 marzo 2007 n. 6382 cfr. Cass. s.u., n. 8223 del 2002).
Esaminando dapprima le censure inammissibili, va precisato che il ricorrente solleva alcune censure di difficile comprensione (come quella della sopravvenuta carenza di interesse, avendo nel frattempo la A. venduta la vettura incidentata, mai riparata neppure dopo l’incidente).
Appare ammissibile invece la censura, anche essa contenuta nel secondo profilo del primo motivo di ricorso, con il quale si rinnova la eccezione di difetto di legittimazione attiva della attrice, per non avere la stessa dimostrato di essere la proprietaria del veicolo incidentato al momento del sinistro.
Il giudice di pace ha dato atto che la proprietà del mezzo risultava dalla copia del libretto di circolazione e di iscrizione al PRA. Con ordinanza del 12 febbraio 2002 lo stesso giudice aveva disposto lo stralcio della nuova documentazione prodotta dal convenuto in quanto tardiva.
A fronte di tali conclusioni, il ricorrente ha dedotto che la annotazione che attestava il passaggio di proprietà del veicolo in data precedente all’incidente (19 settembre 2000) non poteva essere preso in considerazione del giudice, in assenza di produzione dell’originale. In effetti, come documentalmente ha dimostrato la controricorrente, alla data della produzione di tale copia (30 gennaio 2002), la vettura era stata nuovamente venduta a terzi dalla A., sicché quest’ultima non era nella concreta possibilità di esibire l’originale. Tuttavia, attraverso la esibizione del certificato cronologico del PRA, il convenuto aveva dimostrato che la A. aveva acquistato la vettura solo in data 29 marzo 2001 (con scrittura successivamente trascritta nel Pubblico Registro Automobilistico) e quindi successivamente all’incidente verificatosi il 4 dicembre 2000.
L’ordinanza del 12 febbraio 2002 era confermata in sede di decisione finale dal giudice di pace. A parte ogni questione relativa alla tardività della documentazione prodotta, sta di fatto che la stessa attrice ha ammesso che la intestazione del veicolo a suo nome presso il PRA sarebbe stata effettuata in epoca successiva al verificarsi dell’incidente stradale.
Sarebbe stato preciso onere della A., dunque, secondo i principi generali in materia, dare la dimostrazione della proprietà della vettura al momento dell’incidente (4 dicembre 2000). Al contrario, la controricorrente si è limitata a dedurre che l’acquisto della vettura era stato effettuato in data 19 settembre 2000, anche se non si era provveduto alla trascrizione dell’acquisto nel Pubblico Registro. Ha aggiunto che la certificazione acquisita agli atti era stata prodotta tardivamente dal convenuto e che comunque la certificazione del PRA non dimostra affatto la proprietà del veicolo, trattandosi di documento che contiene notizie che debbono essere comunque essere verificate dal cittadino con idonea documentazione probatoria.
In questo senso si è espressa la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 19599 del 2004) secondo la quale: “Posto che la trascrizione del contratto di vendita di autoveicolo nel pubblico registro automobilistico ai sensi dell’art. 6 del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436 (convertito in legge 19 febbraio 1928, n. 510) è preordinata al solo fine di regolare i conflitti tra pretese contrastanti sullo stesso veicolo da parte di coloro che abbiano causa dal medesimo autore, le risultanze del Predetto registro hanno un valore di presunzione semplice in ordine alla efficacia e alla validità dell’atto traslativo, che può essere vinta con ogni mezzo di prova”.
Nessuna prova risulta, invece, essere stata formulata dalla ricorrente in ordine a tale circostanza ed il giudice di pace sul punto non ha svolto alcuna motivazione. Tra l’altro, Cass. 3005 del 1990, ha precisato che la richiesta di risarcimento dei danni subiti da un autoveicolo a seguito di incidente stradale può essere legittimamente proposta anche da un terzo e cioè da soggetto diverso dal reale proprietario del mezzo.
In tema di risarcimento del danno derivato da circolazione stradale, il detentore d’un autoveicolo intestato ad un terzo ha legittimazione a pretendere il risarcimento dei danni subiti dal veicolo, ancorché non ne sia il proprietario, ma deve dimostrare che tali danni abbiano inciso nella propria sfera patrimoniale. A questo fine non è sufficiente la prova dell’esistenza d’un titolo che obblighi il detentore a tener indenne il proprietario del veicolo, ma è anche necessario provare che in base a quel titolo l’obbligazione è stata adempiuta, sì che il proprietario non possa pretendere d’essere ancora risarcito dal terzo danneggiante (Cass. 4003 del 2006).
Il giudice di pace, pertanto, ha formulato una motivazione carente se non del tutto apparente, limitandosi a richiamare la precedente ordinanza del 12 febbraio (e quella del 7 marzo 2002) con la quale aveva disposto lo stralcio dei documenti acquisiti tardivamente e dopo aver rilevato che “il documento (scil. Certificato del PRA) non era stato “impugnato nelle forme del rito” senza tener in alcun conto le ammissioni della stessa A. in ordine al fatto che – alla data dell’incidente – la autovettura non risultava ancora a lei intestata e la circostanza che il convenuto avesse tempestivamente contestato che la A. fosse la effettiva proprietaria (tra l’altro l’A. adombra alcuni dubbi in ordine allo stesso accadimento dell’incidente, riferendo che la A. risulterebbe avere denunciato nello spazio di poco più di un anno ben sette incidenti stradali con lo stesso autoveicolo).
Il ricorrente A. aveva tempestivamente eccepito la veridicità della copia fotostatica del libretto di circolazione e quindi la sua conformità all’originale, anche per la mancanza (sulla copia e quindi sull’originale) del timbro dell’Ufficio dopo le annotazioni dei trasferimenti in favore di N. N. ed Isabellaangela A., sicché il giudice di pace, pur non essendo vincolato dall’avvenuto disconoscimento della riproduzione potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (Cass. n. 4395 del 2004) era tuttavia tenuto a fornire le ragioni del proprio convincimento in ordine alla efficacia probatoria della copia fotostatica del libretto di circolazione prodotta in giudizio dell’attrice e ritualmente contestata dal convenuto.
A fronte delle stesse dichiarazioni rese dalla originaria attrice, il giudice avrebbe dovuto accertare – anche a mezzo di prova testimoniale – se effettivamente alla data del 4 dicembre 2000 la A. fosse già proprietaria del veicolo, tenendo conto del fatto che comunque era a carico della attrice fornire la prova della proprietà (ovvero di altro idoneo titolo di detenzione) dell’autoveicolo, che certamente non risultava ancora a lei intestato secondo le annotazioni del Pubblico Registro automobilistico. Sono conseguentemente assorbiti dall’accoglimento del secondo profilo del primo motivo di ricorso, tutti gli altri motivi di ricorso, che riguardano la violazione dei principi regolatori della materia regolanti il fatto illecito derivante dalla circolazione dei veicoli, il nesso di causalità tra condotta e danno, la condotta negligente del convenuto, l’accertamento dei danni riportati dai veicoli (secondo mezzo di annullamento) e la nullità della sentenza per omessa motivazione e per omesso esame di alcuni punti decisivi della controversia, la violazione della norma sulla prova, per non avere valutato il problema della inattendibilità della A., in relazione alla sua condotta processuale ed extraprocessuale.
Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per quanto riguarda il primo profilo del primo mezzo di annullamento, ed invece accolto per quanto attiene al secondo profilo dello stesso mezzo, dichiarando assorbiti il secondo e terzo motivi di ricorso, con rinvio ad altro giudice che provvederà nuovo esame.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo profilo del primo motivo, dichiara inammissibile il primo profilo dello stesso motivo, assorbiti il secondo e terzo motivo. Cassa in relazione alle censure accolte e rinvia per nuovo esame al giudice di pace di Molfetta, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.