Tutti i buoni motivi per garantire la tutela previdenziale
Italia Oggi pubblica uno Stralcio della relazione del prof avv. Leonardo Carbone della scuola di specializzazione forense dell’Università di Macerata – Camerino tenuta alla XIII Assemblea generale Associazione nazionale giudici di pace Napoli 20.4.2007. Allo stato, i giudici di pace sono privi di ogni copertura previdenziale, nonostante essi svolgano importanti funzioni giurisdizionali, sospendendo o riducendo l’attività professionale forense (rendendo ancora più difficile il loro ingresso o la permanenza nella previdenza forense); tale condizione dei giudici di pace e l’assenza di contribuzione previdenziale appare in contrasto con l’art. 38 Cost. Il lavoro svolto con professionalità, costanza, dedizione e impegno, dai giudici di pace viene compensato con una retribuzione a cottimo, senza alcuna salvaguardia per la posizione previdenziale durante la durata dell’incarico. Per la tutela previdenziale dei giudici di pace avvocati, lo stato dovrebbe riconoscere il versamento alla cassa forense dei contributi spettanti in proporzione alle somme corrisposte periodicamente per l’attività di giudice di pace. E ciò soprattutto in considerazione che in ordine al trattamento fiscale dei compensi erogati ai giudici di pace, il ministero di giustizia con circolare n. 19 del 12/9/1996, ha espresso l’avviso che i compensi stessi debbono essere assimilati ai redditi di lavoro dipendente previsti dall’art. 47 del dpr n. 917/86, con conseguente esclusione degli stessi compensi dall’assoggettamento al contributo alla gestione separata Inps (in termini, circolare Inps n. 83 del 28/3/1997, punto 8). Aggiungasi che in materia previdenziale vige il principio di unicità della posizione previdenziale, che deriva dal fatto che nel reddito professionale e nella contribuzione previdenziale va inclusa non solo l’attività professionale ma anche quelle attività che sono spesso connesse alla qualità di avvocato, fra cui non può non farsi rientrare la carica di giudice di pace. Gli avvocati-giudici di pace svolgono una funzione da tutti apprezzata e dedicano quasi in via esclusiva la loro attività alla funzione di giudice, sospendendo o riducendo l’attività professionale, con conseguenti risvolti negativi, come già detto, sulla tutela previdenziale. Infatti, la riduzione dell’attività professionale può portare a una riduzione del reddito professionale fino a una soglia inferiore a quella fissata per l’esercizio professionale continuativo, che costituisce requisito indispensabile per l’iscrizione alla cassa forense e per la valutazione degli anni ai fini pensionistici, con dubbi di legittimità costituzionale ex art. 38 Cost.: le funzioni di gdp potrebbero portare alla espulsione dell’avvocato dall’ordinamento previdenziale o impedirne l’accesso. Se l’avvocato-giudice di pace è iscritto alla cassa forense, è evidente che ogni attività da lui svolta, sia professionale che autonoma, sia di giudice di pace, deve essere tutelata e deve accedere alla sua unica posizione previdenziale obbligatoria, e cioè alla cassa forense. Nell’ambito della pluralità dell’attività dell’avvocato, va inclusa quindi anche l’attività di giudice di pace. Il legislatore non può ignorare il problema; dovrà farsi carico di apprestare strumenti legislativi che prevedano la tutela previdenziale dei gdp che svolgono anche la professione forense, con possibilità di fare valere il periodo di lavoro esplicato come giudice di pace ai fini della iscrizione alla cassa forense, con applicazione del principio dell’attrazione del reddito in quello professionale. È necessario anche per i giudici di pace, come già detto, il rispetto del principio della unicità della posizione assicurativa presso un solo ente previdenziale (per gli avvocati, la Cassa forense), principio sempre più urgente in un quadro (attuale) di flessibilità del lavoro (di quello autonomo e professionale). Non è pensabile che al lavoro svolto dal gdp non si debba attribuire una tutela previdenziale rapportata alla retribuzione (o indennità) riscossa: la tutela previdenziale non può comportare disuguaglianze di trattamento. È sempre più necessario ed urgente che il trattamento economico erogato dal ministero della giustizia ai giudici di pace iscritti alla cassa forense, venga attratto nella posizione contributiva e pensionabile in essere presso la cassa forense. Verrà così ad essere estesa ai Giudici di Pace la stessa disciplina prevista dall’art. 39 della legge n. 488 del 1999 per i componenti delle c.d. autorità indipendenti. Occorre una riforma dell’imponibile contributivo prevedendo l’accredito di tutti i contributi, per tutte le attività esercitate, nella gestione previdenziale che tutela l’attività principale: e nella fattispecie in esame, nella cassa forense, essendosi in presenza di avvocati iscritti all’albo professionale e che esercitano in via principale, anzi esclusiva, l’attività forense. Allo stato è difficile giustificare un ulteriore ritardo alla attuazione della concreta e legittima aspettativa dei giudici di pace a vedersi riconosciuta, come per qualsiasi altro lavoratore, la tutela previdenziale. Per la realizzazione concreta della tutela previdenziale dei giudici di pace è necessario, però, da parte di tutti, anche dei giudici di pace, appoggiare l’azione che la cassa forense da anni sta conducendo per una tutela previdenziale efficace ai giudici di pace.
Fonte: Italia Oggi |