24.01.2011. – Conciliazione, gli avvocati si battono per una proroga –

Da un lato il Governo, deciso ad andare avanti con la spalla sia di Confindustria che dei consumatori; dall’altro la categoria, che da mesi si batte quantomeno per un rinvio-
Le lancette degli orologi corrono e mancano ormai meno di due mesi al 20 marzo, la data prevista dal ministro Alfano oltre la quale la mediazione sarà resa obbligatoria per un numero imprecisato di casi. Successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, affitto di aziende, problemi condominiali, responsabilità medica, diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi, bancari e finanziari: tutte queste controversie non saranno più risolte davanti al giudice ma di fronte a un conciliatore. Il cambiamento è di quelli epocali se è vero, come dicono alcune statistiche, che in questo modo verranno travasate nel nuovo istituto l’80% delle cause civili italiane, e il muro contro muro è sempre più serrato. Da un lato il Governo, deciso ad andare avanti con la spalla di Confindustria e di alcune associazioni dei consumatori; dall’altro, gli avvocati che da mesi denunciano l’eccessiva tempestività del provvedimento e chiedono un rinvio. A muovere il fronte del dissenso, sia ragioni di merito che di metodo. Nel metodo rientra – secondo l’avvocatura – l’attuale incapacità del sistema di conciliazione di reggere l’urto della montagna di cause che da marzo finiranno sulle sue spalle.
Il primo problema è di ordine logistico: i 165 ordini forensi locali dovranno allestire una camera di conciliazione all’interno dei tribunali di riferimento e l’aula in questione dovrà essere assegnata dal presidente del tribunale.
Ma ad oggi il 60% degli ordini non ha ancora ricevuto i locali. Il secondo riguarda il numero e la professionalità dei conciliatori, che non dovranno essere avvocati ma gli sarà sufficiente aver conseguito una laurea triennale. «Il nostro obiettivo – spiega il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Guido Alpa – è assicurare l’assistenza di avvocati anche all’interno della mediazione.
Il provvedimento prevede che siano risolte controversie molto complesse come quelle legate all’intermediazione finanziaria, ed è quindi necessario il supporto di professionisti della materia».
Altro problema è quello legato alle coperture assicurative dei conciliatori che stentano ad arrivare. A Genova, ad esempio, si è dovuti ricorrere ai Lloyd’s di Londra perché nessuna compagnia italiana si era detta disponibile. Su questo fronte, l’Ania (l’Associazione Nazionale tra le Imprese Assicuratrici) gioca la sua partita personale e ha già attivato, in collaborazione con la Casa del Consumatore, una procedura di conciliazione interna, con un proprio regolamento, e alla quale si può ricorrere per risolvere le controversie che riguardano sinistri con danni fino a 15mila euro. Sullo stesso fronte dell’Ania, a favore della mediazione, è la Confindustria che ha più volte presentato al governo la richiesta di uno snellimento dei tempi e delle lungaggini della giustizia, sostenendo apertamente i nuovi istituti stragiudiziali. «Bisogna abbattere i tempi della giustizia – dichiara la Presidente Emma Marcegaglia – che in Italia sono perfino quattro volte più lunghi che negli altri paesi europei. Occorre rendere più costose e le tattiche di allungamento dei processi. E soprattutto vanno incentivate le soluzioni stragiudiziali e gli arbitrati». È su questo fronte che le posizioni si fanno più distanti e in molti sono convinti che la richiesta di un rinvio da parte dell’avvocatura, oltre ai condivisibili motivi pratici e logistici, sia un modo per prendere tempo. Perché altro tempo significa maggiore spazio di intervento, un possibile ripensamento del ministro o addirittura un cambio di governo che riporti la palla al centro del campo con un nulla di fatto. Del resto, gli avvocati sono stati chiari quando nell’ultimo Congresso Nazionale di Genova hanno votato all’unanimità una mozione che chiedeva l’eliminazione dell’obbligatorietà della mediazione, e hanno presentato le loro proposte al ministro. Tra queste, oltre all’eliminazione dell’obbligatorietà, il rinvio di un anno del termine del 20 marzo, una previsione di sostegno finanziario agli organismi che praticano la conciliazione, e la “tessera” di conciliatore riconosciuta agli avvocati che siano iscritti all’albo da almeno cinque anni. Rimane una parte dell’avvocatura che non si è schierata massicciamente contro la mediazione, e la riconosce un’opportunità per molti giovani. Secondo alcune ricerche il suo impatto sul reddito degli avvocati si aggirerà intorno al 30-35% degli attuali guadagni. In termini assoluti, si traduce in business da 1 miliardo di euro che da qui a pochi mesi sarà sul mercato. «Non siamo contrari in assoluto alla conciliazione – spiega il Presidente dell’Oua (l’Organismo unitario dell’avvocatura), Maurizio De Tilla – ma non può essere un’alternativa a una giustizia inefficiente. Bisogna promuovere un sistema plurale di tutela dei diritti all’interno del quale il cittadino possa scegliere liberamente tra diversi metodi di risoluzione della controversia».
Tutte queste istanze sono state presentate l’11 gennaio al Presidente della Repubblica e il 13 al Guardasigilli. Alfano ha chiesto tempo e ha promesso che rifletterà sulle obiezioni. Ma il tempo rimasto è poco, e dal ministero non arriva ancora risposta.
Daniele Autieri

Fonte: La Repubblica  – Affari e Finanza

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