16.11.2010 – Conciliazione, ci pensa il giudice –

 È una delle disposizioni del collegato lavoro per le cause tra dipendenti e amministrazione pubblica Salta il tentativo obbligatorio, si farà tutto durante il giudizio Il tentativo di conciliazione obbligatorio va in soffitta. E rispunta il giudice conciliatore
I docenti e i non docenti che decideranno di fare causa all’amministrazione per questioni di lavoro, infatti, non saranno più obbligati a provare a comporre bonariamente la controversia prima di andare in giudizio. E una volta giunti in tribunale, il giudice, prima di procedere, dovrà presentare una sua proposta invitando le parti ad incontrarsi a metà strada. Se la proposta transattiva non sarà accettata senza giustificati motivi, il giudice procederà, ma il comportamento delle parti costituirà uno degli elementi su cui dovrà basare la sua decisione.
Lo prevede il collegato lavoro (disegno di legge 1441) licenziato definitivamente dalla Camera dei deputati il 19 ottobre scorso. Il provvedimento, attualmente in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, mette una pietra sopra al tentativo di conciliazione obbligatorio: uno strumento che nell’intenzione del legislatore avrebbe dovuto alleggerire il processo del lavoro. Ma che nella pratica si è tradotto in un mero allungamento dei tempi del procedimento. E quindi, preso atto del fallimento di tale istituto deflattivo, il parlamento ha deciso di farlo diventare facoltativo.
 C’è però una novità importante. Per fare emergere i comportamenti pretestuosi e irragionevoli, il legislatore ha previsto che il giudice non debba subito procedere ad individuare chi ha ragione e a punire chi ha torto. Prima di risolvere la controversia con una decisione, il giudice, infatti, dovrà presentare alle parti una proposta di accordo. In buona sostanza, dunque, il magistrato dovrà fare ciò che prima faceva il collegio di conciliazione. E cioè, tentare di giungere alla composizione bonaria della controversia, senza né vincitori, né vinti. E se le parti, o una delle parti, non accetteranno la proposta, il magistrato dovrà tenerne conto ai fini della decisione.
In effetti anche con la disciplina previgente assumeva rilievo il comportamento delle parti in sede di conciliazione. Ma adesso avrà sicuramente un peso maggiore. Perchè sarà il giudice a formulare la proposta transattiva. Ed è ragionevole ritenere che, all’atto della formulazione della proposta, il giudice si sarà già fatto un’idea di chi ha ragione e chi ha torto. E dunque, un rifiuto senza motivo potrebbe avere l’effetto di inasprire l’eventuale decisione di condanna. Oltre tutto, la riforma del codice di procedura civile ha inasprito anche la disciplina della soccombenza. E quindi, adesso, chi perde la causa paga sempre le spese. A meno che non vi siano gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione (art.92 c.2. del codice di procedura civile).
Carlo Forte

 

Fonte: Italia Oggi

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