Sinistri stradali – proponibilità della domanda – perizia assicurazione rende proponibile la domanda anche in mancanza di requisiti formali della messa in mora – 04.12.07. –

non può sussistere la denunciata improponibilità della domanda quando risulti ex actis e senza ‘mediazioni interpretative’, che la compagnia ha comunque proceduto ad una valutazione e stima dei danni, ‘attivando’ la procedura di definizione bonaria della lite e mettendosi così essa stessa, conseguentemente, in condizione di formulare una concreta offerta risarcitoria… nel caso di specie è la stessa compagnia assicuratrice che, nel contestare la quantificazione del danno operata dal ricorrente, si richiama alla perizia svolta durante la fase stragiudiziale, tanto da produrne anche copia. Sicché non può invero dubitarsi che la convenuta era certamente nelle condizioni di formulare una offerta risarcitoria  e se ciò non ha fatto è perché contestando l’entità del danno di cui viene domandato il ristoro da parte del Tizio, ha ritenuto di riscontrare l’impossibilità di una definizione stragiudiziale della lite”.

                                                                            TRIBUNALE DI NOLA 

                                                                             II SEZIONE CIVILE 

                                                                           REPUBBLICA ITALIANA 

                                                                    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale di Nola in composizione monocratica nella persona del giudice istruttore dott. Francesco Notaro, ha pronunciato a norma dell’art. 281 sexies c.p.c., mediante lettura del dispositivo e dei motivi, la seguente  SENTENZA
Nella causa recante il numero di ruolo 8779/06, tra le parti in causa Tizio, rappresentato dall’avv. ….. giusta procura stesa a margine del ricorso introduttivo ed elett.nte dom.to presso il suo studio sito in Casalnuovo di Napoli, …., quale attore
e …. Assicurazioni s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t., difeso dall’avv. … giusta procura stesa in calce alla copia notificata del ricorso introduttivo ed elett.nte dom.to presso lo studio … in Pomigliano d’Arco, …. , quale convenuta,
nonché Caio, quale convenuta contumace, avente ad oggetto risarcimento da rca. 

                                                                       MOTIVI DELLA DECISIONE

Va evidenziato che la domanda è stata introdotta nella vigenza del d.lgs n.209 del 2005, entrato in vigore in data 1.1.2006. 
In ragione di ciò si pone il problema di carattere pregiudiziale, sollevato dalla difesa della società convenuta – anche al fine di tentare di fornire delle linee guida in ordine alle complesse tematiche e ai gravi dubbi interpretativi cui ha dato e dà luogo la nuova normativa – di verificare se la domanda, in base alle nuove disposizioni, è proponibile.  
Come questo giudice ha già in altre occasioni osservato “A mente dell’art.145, l’azione non può essere promossa se non dopo che siano decorsi i termini di sessanta o novanta giorni, dall’invio della raccomandata a.r. all’impresa assicuratrice, con cui è stato richiesto il ristoro dei danni asseritamente subiti, in via stragiudiziale (cd. spatium deliberandi). 
Diversamente da quanto dettato dalla norma abrogata di cui all’art.22 legge n.990 del 1969 e successive modificazioni, il legislatore del 2005, al 1° comma dell’art.145 cit. ha espressamente specificato che il danneggiato, nella richiesta de qua, deve osservare “le modalità ed i contenuti previsti all’art.148.” (corsivo aggiunto).  Sicché il presupposto di procedibilità (ma ora la norma parla espressamente di “proponibilità”) della domanda non è più ancorato al semplice invio della raccomandata, ma al rispetto delle formalità e dei contenuti ‘imposti’ dall’art. 148. 
Si consideri che l’inciso in discorso chiude entrambi i comma di cui all’art.145 cit., disposizione che altrettanto significativamente, per come si è detto, si intitola espressamente “Proponibilità della domanda”. 
Né potrebbe sostenersi che anche in base alla formulazione dell’art.3 della legge n.39 del 1979, come modificato dall’art. 5 della legge n.57 del 2001, i contenuti della lettera di messa in mora erano, nella sostanza, disciplinati in maniera pressoché analoga, di tal che, sarebbe ancora attuale la consolidata giurisprudenza del giudice di legittimità successiva alla citata modifica, che riteneva l’inosservanza delle prescrizioni dettate dalla norma de qua, non influisse sulla procedibilità della domanda, regolata soltanto dall’art.22 della legge n.990 del 1969. 
A tale interpretazione osta, con ogni evidenza, il rilievo che, in precedenza, la norma che disciplinava la procedibilità della domanda era, appunto, in via esclusiva il citato art.22, che non prevedeva contenuti obbligatori di sorta, sebbene si affiancasse in altro testo normativo, la dettagliata enunciazione dei contenuti della denuncia, così che era pienamente legittima l’interpretazione che portava a ritenere ininfluente ai fini della procedibilità dell’azione, la mancata ottemperanza all’indicazione di quei contenuti (la maggiore analiticità della richiesta risarcitoria veniva così ad assumere rilevanza in relazione al ritardo colpevole dell’assicuratore ai fine della responsabilità per mala gestio, onde invocare il superamento del massimale, in caso di incapienza). Ciò anche perché il termine unitario dettato per poter proporre la domanda dall’art. 22 della legge n. 990, non coincideva con quelli di cui all’art.3 della legge n.39/79, riferiti alla formulazione dell’offerta nella fase stragiudiziale da parte della compagnia assicuratrice, essendo stati diversamente fissati per le lesioni a cose – il termine coincideva con quello di sessanta giorni ex art.22 cit. – rispetto al termine relativo alla richiesta di risarcimento per lesioni alla persona, che era stato ampliato a novanta giorni, creando un evidente elemento di incoerenza nell’intero sistema, atteso che era possibile avanzare la domanda di risarcimento al giudice, prima che fosse spirato il termine concesso all’impresa assicurativa per formulare l’offerta, legittimando ulteriormente l’interpretazione che tendeva a separare i piani su cui operavano l’art.22 della legge  990 del 1969 da una parte e l’art.3 l. 39/79. dall’altra. 
Oramai invece, vi è un’unica norma che non solo regola la proponibilità dell’azione giudiziaria nel medesimo contesto e quasi a rafforzarne la cogenza, richiama ‘in chiusura’ espressamente la necessità che siano osservati le modalità ed in contenuti prescritti nei successivi artt.148 e 149, ma, contemporaneamente, i termini previsti per l’offerta ad opera della compagnia assicuratrice, sono stati temporalmente fissati in maniera analoga a quelli dettati per la proponibilità della domanda giudiziale, con l’innalzamento del termine di proponibilità per i danni alla persona, a novanta giorni (solo in caso di constatazione amichevole il termine per l’offerta è ridotto a trenta giorni, sicché, essendo inferiore a quello per proporre il giudizio, alcun elemento di frizione viene a crearsi tra il momento in cui si dovrebbe ‘completare’ la fase stragiudiziale e quello a far data dal quale può proporsi la domanda di risarcimento).  Infine, ad avviso di questo giudice, non può non considerarsi il dato per così dire di carattere storico, che lascia intendere come il legislatore sia intervenuto essendo ben consapevole dell’indirizzo consolidato del giudice di legittimità secondo il quale, per la procedibilità della domanda, era sufficiente formulare la ‘semplice’ denuncia di sinistro ex art.22 legge n.990 cit., imponendo ora testualmente il rispetto delle modalità e dei contenuti maggiormente dettagliati di cui ai successivi artt.148 e 149.  
Si osserva, infine, che, afferendo il requisito di procedibilità dell’azione, ad un presupposto processuale la cui regolarità va accertata al momento di proposizione della domanda, rilevabile anche ex officio, non assume rilevanza la mancata richiesta di integrazioni da parte dell’impresa di assicurazioni ai fini di escluderne il difetto, né lo stesso è sanabile una volta avanzata la domanda. 
Si consideri, infatti, che i casi in cui le eccezioni riferite ad un presupposto processuale sono rimesse al rilievo di parte, sono disciplinati espressamente dal legislatore – vds. in particolare quanto previsto in riferimento al principale presupposto processuale, costituito dalla competenza e segnatamente alla disciplina della competenza territoriale –, mentre nel caso di specie nulla viene detto nel corpo degli artt. 148 e 149 t.u.a. (cfr. anche il caso in cui un’amministrazione dello Stato sia chiamata in garanzia ai sensi dell’art.6 comma 2 r.d. n.1611 del 1933, dove perché si verifichi lo spostamento della causa principale, unitamente all’azione di garanzia, è necessaria la “richiesta” dell’amministrazione). 
Sotto altro profilo, la norma, per la particolare valenza accordatale nella parte in cui ‘regola’ l’accesso alla tutela giurisdizionale, essendo applicabile dal 1.1.2006, trova operatività anche in riferimento ai sinistri avvenuti antecedentemente, con l’obbligo di rinnovare la lettera, con “le modalità ed i contenuti” ex art. 148 cit..  Infatti, come è stato acutamente osservato dai primi commentatori, da una parte la richiesta di risarcimento è atto di carattere sostanziale, ai fini per esempio, della interruzione della prescrizione, sicché si pone al di fuori del processo, sebbene, come si è detto, condizioni, da un punto di vista processuale, la sola proponibilità della domanda, di tal che, non può invocarsi, a tale riguardo, il principio tempus regit actum, ritenendo che possa valere la legge in vigore al momento dell’inoltro della raccomandata avvenuta prima dell’entrata in vigore del testo unico. Semmai l’applicazione del detto principio, nella parte in cui la richiesta risarcitoria influisce sulla proponibilità del giudizio, non può che comportare la necessità che vengano osservate le formalità prescritte dalla legge al momento di instaurazione della lite, le quali, oramai, a far data dal 1° gennaio 2006, richiedono l’assolvimento dell’obbligo di modulare la richiesta in virtù delle prescrizioni di cui agli artt. 145, 148 e 149, confermando l’interpretazione che è incline a ritenere che la richiesta debba doverosamente essere rinnovata, dovendosi, altresì, rilevare che laddove il legislatore ha inteso applicare la nuova disciplina solo ai sinistri verificatisi dopo una certa data, lo ha fatto espressamente, come per la procedura del cd. indennizzo diretto”.  
Per finire occorre evidenziare che ‘vincolare’ i danneggiati, ai fini della successiva proponibilità della domanda, al contenuto specifico richiesto dall’art.148 cit., risponde all’esigenza di mettere la compagnia assicuratrice nelle condizioni di valutare analiticamente le conseguenze risarcitorie cui potrebbe dare luogo il sinistro, fatto questo che, riguardo alle informazioni richieste nella citata disposizione, postula una ‘tendenziale’ corrispondenza tra le poste di danno di cui alla lettera di messa in mora e quelle poi oggetto di domanda in sede giurisdizionale, non essendo ammissibile che queste vengano indicate in maniera generica ed onnicomprensiva.  
Nel caso in esame, la raccomandata con la quale è stata avanzata richiesta stragiudiziale di ristoro dei danni non risponderebbe ai requisiti previsti dalla nuova disciplina (prescindendo dal rilievo che non è stato compilato l’apposito modulo di cui al comma 1°, non è stato indicato il codice fiscale del richiedente, nulla è stato documentato circa l’attività ed il reddito del danneggiato – nonostante la domanda si riferisca genericamente anche ai danni patrimoniali da cd. lucro cessante –, né in relazione all’attestazione del certificato comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, sebbene si fa riferimento in citazione ad accertamenti medici che di ciò danno espressamente conto, oltre alla mancanza della dichiarazioni di cui all’art. 142 comma 2 t.u.a.). Sicché non coglierebbero nel segno le considerazioni che il ricorrente propone in relazione al mancato assolvimento, da parte della compagnia convenuta, dell’onere su di lei gravante di richiedere l’integrazione dei dati e della documentazione di cui alla messa in mora; così come riguardo alla applicabilità della disciplina previgente al caso in esame.  
Ciò nondimeno, ad avviso del tribunale, la presente domanda non può ritenersi improponibile. 
Sul punto la giurisprudenza, anche prima della emanazione della nuova disciplina, si era posta il problema della procedibilità della domanda in presenza di atti equipollenti tali da ritenere comunque assolte le esigenze cui era destinata la preventiva lettera di messa. Infatti, partendo dalla ratio sottesa alla stessa previsione dell’art.22 legge n.990/69 prima ed ora della nuova formulazione contenuta negli artt.145 e 148 cit., evidentemente legata all’esigenza di facilitare la definizione bonaria della controversia, non può sussistere la denunciata improponibilità della domanda quando risulti ex actis e senza ‘mediazioni interpretative’, che la compagnia ha comunque proceduto ad una valutazione e stima dei danni, ‘attivando’ la procedura di definizione bonaria della lite e mettendosi così essa stessa, conseguentemente, in condizione di formulare una concreta offerta risarcitoria. Invero, come è stato parimenti rilevato dai primi commentatori, nonostante la previsione di condizioni più stringenti riguardo ai contenuti della lettera di messa in mora, porti a restringere le ipotesi in cui in precedenza poteva riscontrarsi la sussistenza di atti cd. equipollenti, tali da far ritenere comunque assolta la condizione di proponibilità in parola e a meno di non volere ulteriormente ‘aggravare’, oltre la stessa logica sottesa alle ragioni dell’intervento riformatore, l’interpretazione formale imposta dalle citate disposizioni, nel caso in cui, a seguito della messa in mora del danneggiato, siano stati messi in moto concretamente, da parte della compagnia, i meccanismi procedurali volti alla liquidazione del danno, non appare sostenibile l’ipotesi che si versi anche in tale evenienza, nella denunciata improponibilità. 
Orbene, nel caso di specie è la stessa compagnia assicuratrice che, nel contestare la quantificazione del danno operata dal ricorrente, si richiama alla perizia svolta durante la fase stragiudiziale, tanto da produrne anche copia. 
Sicché non può invero dubitarsi che la convenuta era certamente nelle condizioni di formulare una offerta risarcitoria – risultando così persino superato il problema relativo alla richiesta di integrazioni come disciplinata prima dall’art.3 della legge n.39 del 1979, come modificato dall’art. 5 della legge n.57 del 2001 ed ora dall’art.148 cit. – e se ciò non ha fatto è perché evidentemente, contestando l’entità del danno di cui viene domandato il ristoro da parte del Tizio, ha ritenuto di riscontrare l’impossibilità di una definizione stragiudiziale della lite.  Consegue che deve essere dichiarata la proponibilità della domanda avanzata dal Tizio, con conseguenze prosecuzione della trattazione della causa come da separata ordinanza in merito alle richieste istruttorie delle parti (le spese verranno regolate alla definizione del giudizio). 

                                                                                       P.Q.M. 

Il tribunale di Nola in composizione monocratica, sulla domanda indicata in epigrafe, non definitivamente pronunciando, così provvede: 
a) dichiara proponibile la domanda; 
b) spese al definitivo. 
c) provvede come da verbale d’udienza in ordine alle richieste istruttorie della parti. 
Nola, all’udienza del 4 dicembre 2007  
Il G. I. Dott. Francesco Notaro

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