Riforma delle Professioni: Il Cdm vara la riforma delle professioni, non c’è lo stralcio per l’Avvocatura

È arrivato il via libera dal Consiglio dei ministri n. 41 al decreto per la riforma delle professioni così come previsto dall’articolo 3, comma 5, del Dl 138/2011. Rispettati dunque i tempi della delega che imponevano l’adozione di un Dpr entro il 13 agosto, il testo andrà ora alla firma del Capo dello Stato. Le nuove regole valgono anche per gli avvocati. Almeno per ora, infatti, non c’è stato lo stralcio della professione forense, con l’adozione di un iter parlamentare separato come richiesto fino all’ultimo dall’avvocatura coerentemente con il proprio rilievo costituzionale.
Per il Consiglio nazionale forense “è un attacco al diritto di difesa”. La questione tuttavia rimane sul tavolo e dovrebbe essere riesaminata dal Consiglio dei ministri della prossima settimana.
Le novità del testoIl testo contiene numerose novità rispetto alla prima bozza varata dal Consiglio dei ministri il 18 giugno scorso.
Nel comunicato finale, infatti, si legge che “il Governo ha tenuto in debito conto le osservazioni del Consiglio di Stato e del Parlamento, attuando i principi delle liberalizzazioni”. In particolare, prosegue la nota “è stato garantito il principio dell’accesso alla professione libero e non discriminatorio, e dell’effettività del tirocinio e dell’obbligo di formazione continua permanente del professionista. È stato stabilito l’obbligo di assicurazione del professionista a tutela del cliente ed è stata regolata la libertà di pubblicità informativa relativa all’attività professionale. Infine – sempre in attuazione della delega – è stato fissato il principio della separazione tra gli organi disciplinari e gli organi amministrativi nell’autogoverno degli ordini”.
 Cnf, attacco al diritto di difesa – Per il Consiglio nazionale forense, però, “il mancato stralcio dell’Avvocatura, professione riconosciuta dalla Costituzione, dal regolamento sulle professioni, è un attacco al diritto di difesa. Per lo statuto dell’avvocatura, soggetto imprescindibile della giurisdizione, serve una legge dello Stato”. “Il regolamento non rispetta le specificità delle professioni e inspiegabilmente non esclude dal suo ambito di applicazione gli avvocati che, come i medici, svolgono una attività relativa a diritti costituzionalmente riconosciuti” per questo “il Cnf non può che stigmatizzare questo approccio, prima che sul merito, innanzitutto sul metodo di legiferare in materia di professioni e di avvocatura e si riserva di adire ogni rimedio giurisdizionale per denunciare la illegittimità del regolamento”. Intanto il Consiglio “attende di conoscere la decisione del Governo, che a quanto risulta si è riservato di comunicarla la prossima settimana, circa l’assenso al passaggio in commissione giustizia alla Camera in sede deliberante della riforma forense “. La definizione di professione regolamentata – Si restringe la definizione di “professione regolamentata”, limitata ora a quelle attività “il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in ordini e collegi”, rimangono fuori dal perimetro dunque gli iscritti ad albi, registri ed elenchi tenuti dalle amministrazioni pubbliche che figuravano nella prima stesura del testo. 
La pubblicità informativa – Sì alla “pubblicità informativa” (passa questa locuzione in tutto il testo per uniformarsi alla delega, mentre cade l’espressione “informazioni pubblicitarie”), purché “funzionale all’oggetto”, veritiera e corretta. In caso di violazione si allarga il ventaglio delle sanzioni: oltre all’illecito disciplinare si rischia, infatti, di violare anche le norme del codice del consumo e della pubblicità ingannevole in attuazione di una direttiva comunitaria. Il regime assicurativo –
Stretta sul regime assicurativo. Le convenzioni potranno essere stipulate unicamente dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti (fuori dunque le associazioni professionali), accolta poi la richiesta di una moratoria di 12 mesi per l’effettiva entrata in vigore in modo da “consentire la negoziazione delle convenzioni collettive”.
 Come cambia il tirocinio – Ampio anche il capitolo delle novità sul tirocinio. Cambia la formulazione relativa all’obbligatorietà che rimane in piedi solo “ove previsto dai singoli ordinamenti professionali”. Mentre la durata di 18 mesi diventa “massima”. Non salta, invece, come richiesto da Palazzo Spada, la soglia dei tre praticanti, unica eccezione la presenza di una “motivata autorizzazione rilasciata dal competente consiglio territoriale”, sulla base di particolati caratteristiche organizzative, previo parere del ministero. Via libera anche a convenzioni tra i consigli nazionali e il ministero per la pubblica amministrazione per lo svolgimento del tirocinio presso le PA, all’esito del corso di laurea. Salta anche il divieto del praticantato in costanza di rapporto di pubblico impiego sempre che gli orari di lavoro e le modalità siano idonee allo svolgimento. Si abbassa, poi, da sei a tre mesi, il periodo di interruzione che vanifica il tirocinio già espletato, solo in presenza di un giustificato motivo l’interruzione potrà arrivare fino a nove mesi. 
I corsi di formazione – Confermata la possibilità di svolgere fino a 6 mesi del periodo formativo impegnandosi nella “frequenza con profitto” di corsi di formazione organizzati non solo dagli ordini ma anche da associazioni di iscritti agli albi, salvo parere vincolante del ministero. Le modalità, i contenuti, la durata minima ecc, dei corsi saranno stabiliti mediante regolamento dal consiglio nazionale dell’ordine entro un anno, sentito il ministero. Anche le Regioni potranno entrare nella formazione attraverso la stanziamento di fondi per scuole, corsi ed eventi formativi. La formazione continua – Per le associazioni di iscritti ed “altri soggetti” autorizzati dal ministero si aprono le porte anche della “formazione continua” obbligatoria per il professionista. Sarà sempre il Consiglio nazionale dell’ordine a definirne le caratteristiche con un regolamento da emanare entro un anno. Gli organi disciplinari – Riscritto l’articolo 8 sui procedimenti disciplinari che aveva sollevato numerose polemiche. I consiglieri componenti dei consigli di disciplina saranno nominati dal presidente del circondario in cui hanno sede, tra i soggetti indicati in un elenco di nominativi proposti dai corrispondenti consigli dell’ordine. Tale elenco conterrà un numero di consiglieri doppio rispetto a quelli da designare. I criteri per l’inserimento nell’elenco e per la scelta saranno definiti dai Consigli entro tre mesi.
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