Negli Uffici del Giudice di Pace di Roma, travolti da migliaia di pratiche ogni giorno –

Negli uffici del Giudice di Pace di Roma, travolti da migliaia di pratiche ogni giorno.
Luogo dei diritti, è un po’suk e un po’ monumento dell’arte di arrangiarsi.  

«Me lo trovate o no ‘sto fascicolo sessantuno-quaranta barra duemilasei?». «Un attimo solo, dottore, il collega è andato a vedere al bagno disabili di sotto: forse l’hanno messo lì, qui non c’entrava più uno spillo…». Via Teulada 28, un lunedì mattina come tanti, cancelleria della Sezione Civile, magistrati a caccia dell’incartamento, cittadini trafelati, impiegati che “macinano” pratiche e fogli manco fossero alla catena di montaggio. Se qualcuno ha voglia di vedere uno spaccato e uno specchio fedele di una parte della città, l’ufficio del Giudice di Pace è un posto nel suo genere meraviglioso.
 «La situazione è tragica — scuote la testa un funzionario — Manca tutto, dalla carta agli spazi, dal personale alle stampanti. Siamo sempre sull’orlo del collasso.
La gente se la prende con noi. Ma invece dovrebbe riflettere su un fatto: è stupefacente che alla fine, in mezzo a questo caos, le cose funzionino».
   Un po’ suk arabo, un po’ alveare, un po’ luogo di giustizia un po’ monumento all’arte d’arrangiarsi, la Sezione Civile del Giudice di Pace occupa due palazzine di via Teulada, ai numeri civici 28 e 40. Poco più su, lungo la stessa strada, c’è la sede della Rai. Ma le vere telenovele — vedere per credere — vanno in onda ogni mattina nelle aule dove i magistrati tengono udienza: «Dotto’, è vero: so’ passato col rosso. Ma me deve crede… C’è stava poro nonno che non stava bene: bisognava portallo all’ospedale subbito…». «Signor giudice, la multa sarà pure vera, sacrosanta, fondata, non discuto. Ma la vede la notifica? Al portiere. E che che dice la Cassazione? Che al portiere non si può, ex articolo…. ex comma… vedi sentenza a sezioni unite… mi rimetto a lei…».
Il Giudice di Pace è, in qualche modo, “vittima” del suo stesso successo. Gli uffici vicini a piazzale Clodio (la Sezione Penale è in via Gregorio VII) ricevono qualcosa come 120 mila ricorsi ogni dodici mesi. Questa valanga degna dell’Himalaya allo scioglimento delle nevi deriva per lo più dagli oltre tre milioni di multe che vengono fatte a Roma ogni anno per violazioni (vere o presunte) al Codice della Strada.
I cittadini, quando i numeri erano altri, molto più contenuti, tendevano a reagire molto meno. Da quando quella delle contravvenzioni è diventata una macchina “da guerra” (e da soldi) hanno imparato la strada e l’indirizzo.
In via Teulada ci sono 150 magistrati, divisi in sei sezioni, pronti a valutare le loro ragioni, nell’ormai quotidiana battaglia con i vigili urbani del Comune di Roma, con le telecamere della Ztl, la Polizia Stradale e i carabinieri. Non è scontata la vittoria. Ma almeno c’è un terreno sul quale battersi e un arbitro che ascolta. Gli impiegati, centodieci persone, dipendenti del Ministero della Giustizia, sono l’argine contro il quale monta senza sosta la marea. L’ufficio emette qualcosa come 60 mila sentenze all’anno e per ogni sentenza, tra fotocopie, notifiche e burocrazia varia, ci sono decine di adempimenti. «La situazione — ammette uno di loro — è molto peggio di quello che immagina la gente». Ci sarebbe, tra l’altro, una sotterranea guerra tra gli amministrativi e i giudici. I primi a stipendio fisso (circa 1.300 euro al mese), i secondi a “prestazione” (circa 4.000 euro al mese) «Loro vengono pagati a cottimo — rivela un cancelliere — Cioé: più sentenze emettono, più udienze fanno e più guadagnano. Il risultato è che spingono, spingono, spingono di continuo perché si lavori a tutta forza. Ma io, cancelliere, ho un solo collaboratore. Una media di otto udienze al giomo con venticinque cause per udienza. Come si può fronteggiare una situazione del genere?”.
Anche i mezzi meccanici scarseggiano. Ogni giorno, sempre in media, vengono emessi 250 verdetti. Ma l’Ufficio Sentenze, l’Ufficio Repertorio e quello Recupero Crediti hanno una sola stampante per tutti e tre. «E spesso — protesta uno degli impiegati — l’apparecchio è rotto. Quando non è rotto, bisogna elemosinare le risme di carta qui e là. Chi va in pensione non viene rimpiazzato. I fax con cui andrebbero trasmesse certe decisioni sono spesso fuori. uso. Per i fascicoli non c’è posto e siamo arrivati a metterli nei bagni per i disabili. I quali bagni, ovviamente, vengono chiusi a chiave, perché non ci si può permettere che qualcuno rubi il materiale».
Le multe, tra l’altro, non sono la sola sorgente che alimenta il fiume delle pratiche.
 Al Giudice di Pace ci si può rivolgere anche per opporsi alle sospensioni della patente, per gli incidenti stradali (fino 15 mila euro di potenziale risarcimento), peri decreti ingiuntivi, per le fatture non pagate e ultimamente anche per la convalida delle espulsioni degli immigrati clandestini (e relativi ricorsi). «Eppure — si lamentano due impiegate nella cancelleria della Il Sezione — i cittadini a volte non si rendono conto — Ognuno pensa alla propria pratica. Vengono qui disperati: “Vi prego: mi scatta il Fermo Amministrativo della macchina, fate qualcosa…”. E noi lì ad “inventarci” qualcosa. Ma più di tanto non si può.
Alla Giustizia, in via Arenula, sanno bene che questa è la prima linea della prima linea. Siamo come quelli che sbarcarono in Normandia sotto le mitragliatrici dei tedeschi. Eppure manco i fax che funzionano ci danno. Ma che si crede il ministro Mastella: che qui c’abbiamo i piccioni viaggiatori?». Luca Lippera
 

Fonte: Il Messaggero (Cronaca di Roma) 24/4/2007
   

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