il Governo riforma ancora l’esecuzione civile

Ancora una volta il Governo interviene sul processo civile, sull’esecuzione e con la decretazione d’urgenza. È dura rilevare quale sia l’urgenza di provvedere con decreto-legge e di rinunciare così, stavolta, a priori ad un iter parlamentare più meditato ed all’apporto degli esperti della materia. Col decreto-legge approvato martedì scorso, il Governo riforma ancora l’esecuzione civile: con una normativa minuziosa e complessa, con interazioni tutte da studiare con altri importanti settori del processo; e con una disciplina transitoria intricata.

Tra le altre cose, la pubblicità su stampa diventa facoltativa ed invece immancabile quella sul portale unico nazionale di nuova istituzione: e c’è da auspicarne un avvio ed un’applicazione meno problematici del processo civile telematico, se la grande innovazione non si vuole far nascere già morta.

La delega al professionista diventa in pratica obbligatoria per ogni procedura esecutiva, i custodi dei beni mobili pignorati sono costituiti in una sorta di albo, il portale della pubblicità unico a livello nazionale fornisce in modo omogeneo al mercato i dati di tutta Italia.

Il processo si rimodula anche nei tempi: alcuni termini si riducono, altri però si aumentano, a vantaggio del debitore (che viene pure avvertito, fin dal precetto, delle alternative all’esecuzione) o (prevedendosi rateizzazioni di versamenti, garantite però da meccanismi di dubbia funzionalità) dell’aggiudicatario. Con l’aumento di tali tempi, talora perfino a più di quello che in tutto dovrebbe durare un processo esecutivo secondo Strasburgo, è chiaro l’impatto negativo sulla ragionevole durata del processo.

Tempi certi sono fissati anche per gli sviluppi dei processi, almeno di quelli di espropriazione mobiliare; a tutela della legalità e degli aggiudicatari si prevede maggiore attenzione nella descrizione dell’immobile e nei casi di abuso edilizio. 

La ricerca dei beni da pignorare – ancora inapplicabile, mancando il decreto ministeriale attuativo – viene già ritoccata, con il rischio di depotenziarla, ma incoraggiandosene l’avviamento anche in attesa – limitata a dodici mesi – che il Ministero provveda.

Non tralascia il legislatore d’urgenza nemmeno quest’anno l’espropriazione di crediti: stavolta, sia pure con norme tecnicamente non ineccepibili, prevedendo limiti e modalità di pignoramento delle pensioni o, in caso di accredito su conto corrente bancario o postale, anche degli stipendi.

Dell’intervento è condivisibile lo spirito: migliorare l’efficienza delle procedure di esecuzione forzata. L’inserimento del richiamo all’articolo 41 Costituzione tra le premesse della delibera del CdM è significativo: il processo civile e quello esecutivo come elementi di funzionalità del sistema economico. 

Non è realistico scandalizzarsi: l’attenzione internazionale (il Consiglio d’Europa, attraverso la Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia, la Cepej; il Fondo Monetario Internazionale; il rapporto Doing Business, che ci colloca, per tempi complessivi di tutela del diritto, al 174° posto nel Mondo, dopo l’ex Birmania e il Gabon) all’esecuzione civile si giustifica perché una Giustizia inefficiente, soprattutto nel suo segmento finale e cioè nell’esecuzione, dal punto di vista dell’economia ha un effetto depressivo, scoraggia gli investimenti, determina illiquidità, decrescita e disoccupazione; dal punto di vista del diritto, è però altrettanto grave, perché è la resa dell’ordinamento, incapace di tutelare effettivamente i diritti dei creditori e di garantire il ragionevole soddisfacimento delle loro ragioni, nel rispetto di quei limitati diritti che ancora può vantare il debitore. Spetta al diritto governare queste disfunzioni e farsi carico della richiesta di efficienza e dell’esigenza di un risultato concreto dei suoi apparati, nel rispetto delle norme.

Interpretata la riforma del 2015 in questo spirito, va apprezzata la riduzione dei compiti dell’ufficio giudiziario – che deve mantenere un ineliminabile ruolo di controllo e ne acquista ancora nuovi di coordinamento e di impulso – e la contemporanea valorizzazione delle professionalità esterne: una grande occasione professionale per queste, ma un rinnovato impegno di supervisione e controllo gestionale richiesto ai giudici, solo in parte bilanciato dallo sgravio di attività materiali.

Fonte: sole24ore

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