Corte di Cassazione Sezione n° 18872/08 – sinistro stradale – investimento pedone –onere della prova -10.07.08

La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, avente ad oggetto un sinistro stradale, in relazione all’onere della prova ha precisato:“nel caso di investimento del pedone, sulle strisce pedonali, da parte di un ciclomotorista, che ammette la circostanza, al pedone che deduce la colpa del conducente giova la disciplina del comma primo dell’art. 2054 del codice civile, ed e’ pertanto l’assicuratore che ha l’onere della prova di una eventuale colpa concorrente od esclusiva, non essendo sufficiente una mera difesa in ordine alla verifica della esistenza del fatto. Pertanto la verifica dell’an debeatur dello illecito da circolazione deve considerarsi dal complesso degli elementi obbiettivi e confessori raccolti in atti, che potranno essere contrastati soltanto da specifici elementi contrari di valutazione.”     

                                             Corte di Cassazione Sezione III Civile

Presidente Preden – Relatore Petti Pm Golia   

                                                      Svolgimento del processo   

Con citazione (3 febbraio-16 marzo 1995) A. P., nella veste di pedone investito da un ciclomotore, mentre attraversava la via (Omissis), in Roma (il …) conveniva dinanzi al Tribunale di Roma il conducente assicurato L. Pi. e l’assicuratrice Y. e ne chiedeva la condanna in solido al risarcimento dei danni, per le lesioni subite.  
La P. produceva dichiarazione sottoscritta dal Pi. che ammetteva le proprie responsabilita’ in ordine all’incidente ed era prodotta documentazione del pronto soccorso e medica in ordine alla natura e gravita’ delle lesioni.  La Y. si costituiva, non contestava la dichiarazione del P. che riconosceva con atto sottoscritto la propria responsabilita’, ma chiedeva l’accertamento del fatto dannoso; restava contumace il P. e non rendeva lo interrogatorio formale deferitogli.  
Il Tribunale, con sentenza del 13 dicembre 1999 rigettava le domande attrici sul rilievo della mancanza di prova del fatto storico. La decisione era appellata dalla P. che ne chiedeva la riforma; resisteva l’assicuratrice chiedendo il rigetto del gravame, restava contumace il Pi.  
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 25 luglio 2002 cosi’ decideva: rigetta l’appello e condanna l’appellante alla rifusione delle spese del grado. Contro la decisione ricorre la P. deducendo due motivi di censura non hanno resistito le controparti.  
La causa e’ stata trattata con il rito camerale ed il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.  

                                                           Motivi della decisione

Il ricorso merita accoglimento; i motivi vengono in esame congiunto per la intrinseca e logica connessione.  Nel primo motivo si deduce l’error in iudicando (in relazione agli artt. 116 c.p.c. e 2730, 2735, 2054 c.c. e 232 c.p.c.) in relazione alla prova del fatto storico come fatto illecito della circolazione, rilevando che esso risultava provato sulla base delle dichiarazioni scritte rese dal conducente investitore, dalla documentazione medica del pronto soccorso, dalla mancata risposta all’interrogatorio formale e dalla non contestazione specifica dell’atto sottoscritto dal conducente, che descriveva la dinamica dello incidente, da parte dell’assicuratore.  Avendo il danneggiato dato la prova diretta del fatto storico e delle lesioni subite, l’unica possibile contestazione attiene al quantum debeatur.  Nel secondo motivo si deduce il vizio della motivazione su punto decisivo, riferito al valore rappresentativo del fatto, dato dalle dichiarazioni confessorie rese dal conducente responsabile, per atto scritto e sottoscritto, anche se non utilizzando il modulo del CID, da considerarsi unitamente agli altri elementi di prova ed alla mancata risposta all’interrogatorio formale deferitogli.  
Entrambi i motivi censurano chiaramente la illogicita’ della motivazione (ff 4 a 6) della sentenza di appello, che non considera la valenza probatoria della documentazione medica di pronto soccorso e dei medici curanti, sulla natura traumatica delle lesioni, e la rappresentazione della dinamica del sinistro desumibile dalle dichiarazioni rese dall’investitore coincidenti con la versione proposta dall’investito. Altro non vi era da provare e solo l’irragionevole dubbio di un accordo fraudolento, implicito nella pronuncia sulla incompletezza delle prove, vale a rendere incoerente l’iter argomentativo della motivazione.  
All’accoglimento del ricorso, sotto il duplice profilo dell’error in iudicando e del vizio della motivazione in ordine al fatto dannoso, segue il rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si atterra’ al seguente principio: nel caso di investimento del pedone, sulle strisce pedonali, da parte di un ciclomotorista, che ammette la circostanza, al pedone che deduce la colpa del conducente giova la disciplina del comma primo dell’art. 2054 del codice civile, ed e’ pertanto l’assicuratore che ha l’onere della prova di una eventuale colpa concorrente od esclusiva, non essendo sufficiente una mera difesa in ordine alla verifica della esistenza del fatto.
Pertanto la verifica dell’an debeatur dello illecito da circolazione deve considerarsi dal complesso degli elementi obbiettivi e confessori raccolti in atti, che potranno essere contrastati soltanto da specifici elementi contrari di valutazione.  
La Corte di appello quale giudice del rinvio, provvedera’ anche in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione.  

                                                                     PQM   

La Corte accoglie il ricorso, cassa in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.  

Roma, 30 aprile 2008
Pubblicata il 10 luglio 2008  

Potrebbero interessarti anche...