Corte di Cassazione n° 8649 – sanzioni amministrative – reperibilità medico – causa esclusione responsabilità – insussistenza – 06.04.07. –
Questa Corte ha ripetutamente affermato che, ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno delle cause di esclusione della responsabilità in tema di sanzioni amministrative, previste dalla L. n. 689 del 1981, art. 4, in mancanza di ulteriori precisazioni, occorre fare riferimento alle disposizioni che disciplinano i medesimi istituti nel diritto penale e, segnatamente, per quanto concerne lo stato di necessità, all’art. 54 c.p.; si è, altresì, ritenuto che sia idonea ad escludere la responsabilità anche la semplice supposizione erronea degli elementi concretizzanti lo stato di necessità. L’errore sull’illiceità del comportamento, per essere incolpevole, deve trovare causa in un fatto scusabile. La tesi che il medico in reperibilità possa superare i limiti di velocità per rientrare al più presto presso il proprio domicilio, così da esservi rintracciato nel caso di necessità di un successivo intervento medico, è in contrasto evidente con i richiamati principi giurisprudenziali sullo stato di necessità e sull’adempimento di un dovere, che presuppongono sempre situazioni contingenti ed eccezionali, non ravvisate, anzi escluse, nella fattispecie. CORTE DI CASSAZIONE Sezione II, Sent. n. del 06 aprile 2007 Svolgimento del processo – Motivi della decisione P.R. propone ricorso per cassazione contro il Comune di Vecchiano avverso la sentenza del G.P. di Pisa n. 147/05, che ha respinto il ricorso confermando la validità del verbale n. 4229/T/04 del 19.11.2004 per eccesso di velocità contestato dalla P.M. di Vecchiano. Resiste il Comune di Vecchiano con controricorso. Attivata procedura ex art. 375 c.p.c., il P.G., non aderendo alla richiesta di cui alla scheda valutativa circa l’infondatezza del ricorso, ha chiesto l’udienza pubblica ravvisando, anzi, la fondatezza dello stesso. La richiesta non merita adesione. Il ricorrente lamenta violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 4, del D.P.R. n. 292 del 1987, art. 13 ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione deducendo l’erroneità della decisione del G.P., che ha escluso, nella sua condotta, l’adempimento di un dovere dato che il medico, dipendente dell’Ospedale di Viareggio, si spostava da Viareggio in direzione di Pisa, e non viceversa, mentre il medico è reperibile presso il proprio domicilio. La sentenza al riguardo ha dedotto che l’esimente avrebbe potuto avere un certo valore se l’infrazione gli fosse stata contestata mentre procedeva in senso contrario, cioè da Pisa, sua residenza abituale, verso Viareggio sede dell’Ospedale, con la conseguenza che non l’ha esclusa in astratto ma in concreto, dando luogo ad un giudizio di fatto incensurabile in questa sede, tanto più che la tesi del ricorrente appare contraddittoria. Se il medico ha il dovere di essere reperibile presso il proprio domicilio non se ne può allontanare; se la censura deve intendersi nel senso che, dall’ospedale, dove aveva prestato servizio, stava recandosi a casa, per dare inizio alla reperibilità, anziché superare i limiti di velocità poteva più facilmente munirsi di un telefono cellulare per fare immediatamente ritorno, ove necessario,anche durante il tragitto,in ospedale. Questa Corte ha ripetutamente affermato che, ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno delle cause di esclusione della responsabilità in tema di sanzioni amministrative, previste dalla L. n. 689 del 1981, art. 4, in mancanza di ulteriori precisazioni, occorre fare riferimento alle disposizioni che disciplinano i medesimi istituti nel diritto penale e, segnatamente, per quanto concerne lo stato di necessità, all’art. 54 c.p. Cass. 24 marzo 2004 n. 5877, 5 marzo 2003 n. 3524, 12 luglio 2000 n. 9254, etc.); si è, altresì, ritenuto che sia idonea ad escludere la responsabilità anche la semplice supposizione erronea degli elementi concretizzanti lo stato di necessità, cioè di una situazione concreta che, ove esistesse realmente, integrerebbe il modello legale dello stato di necessità, in quanto della L. n. 689 del 1981, art. 3, comma 2 esclude la responsabilità quando la violazione è commessa per errore sul fatto, ipotesi questa nella quale rientra anche il semplice convincimento della sussistenza di una causa di giustificazione, il cui onere probatorio, tuttavia, grava su colui che invochi l’errore (Cass. 12 maggio 1999 n. 4710, la quale fa discendere l’ammissibilità, anche in tema di illecito amministrativo, delle esimenti putative dall’art. 59 c.p., a norma del quale “se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui”;Cass. 25 maggio 1993 n. 5866, Cass. 20 novembre 1985 n. 4710). Puntualizzando, peraltro, in sede penale, che, ove l’imputato deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di una esimente reale o putativa, è su di lui che incombe l’onere di provarne la sussistenza, non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio, e l’allegazione da parte dell’imputato dell’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi, non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d’animo dell’agente, bensì su dati di fatto concreti, i quali siano tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo all’imputato di trovarsi in tale stato (Cass. pen. 1 luglio 2003 n. 28325). Più specificamente, in relazione all’art. 51 c.p., questa Corte Suprema ha statuito che il dovere al cui adempimento il soggetto è tenuto (valutabile, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 4, quale causa di esclusione della responsabilità) deve discendere da una norma giuridica o da un ordine dell’Autorità e deve riguardare ed avere per contenuto proprio quella condotta che altrimenti sarebbe illecita; diversamente qualsiasi illecito compiuto nell’esercizio dei propri doveri istituzionali troverebbe una causa di giustificazione e sarebbe insuscettibile di sanzione (Cass. n. 12534/2006). L’errore sull’illiceità del comportamento, per essere incolpevole, deve trovare causa in un fatto scusabile (Cass. n. 5825/06, 5615/06). Nella specie è del tutto evidente che non ricorressero nè le suddette ipotesi nè alcuna necessità di salvare sè o altri dal pericolo attuale ed immediato di un danno grave alla persona con l’unico mezzo della commissione dell’illecito, non specificando il ricorrente concretamente l’urgenza di un intervento indifferibile, anzi limitandosi a sostenere temerariamente che il medico reperibile sia “legibus solutus” ed autorizzato sempre e comunque a superare i limiti di velocità, equivocando, tra l’altro, tra turno di guardia e turno di reperibilità (pagina 4 del ricorso). La tesi che il medico in reperibilità possa superare i limiti di velocità per rientrare al più presto presso il proprio domicilio, così da esservi rintracciato nel caso di necessità di un successivo intervento medico, è in contrasto evidente con i richiamati principi giurisprudenziali sullo stato di necessità e sull’adempimento di un dovere, che presuppongono sempre situazioni contingenti ed eccezionali, non ravvisatoli, anzi escluse, nella fattispecie. Peraltro, in questa sede, il ricorrente nemmeno documenta che ritornava dall’ospedale al proprio domicilio e la circostanza che il medico reperibile è tenuto ad essere disponibile presso il proprio domicilio od altra sede da lui stesso indicata (D.P.R. n. 292 del 1987, art. 13, invocato in ricorso) conferma la possibilità che, tramite cellulare, si comunichi di essere in viaggio. Il ricorso va, conseguentemente, rigettato, con la condanna alle spese, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese in Euro 500,00 di cui 100,00 per spese vive, oltre accessori. Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2006. Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2007 |