Corte di Cassazione n° 5189/2010 – pacchetto turistico – viaggio “tutto compreso”– responsabilità contrattuale del tour operator – 04.03.2010. –

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribadito che: “Con il contratto avente ad oggetto un pacchetto turistico “tutto compreso”, sottoscritto dall’utente sulla base di una articolata proposta contrattuale, spesso basata su un depliant illustrativo, l’organizzatore o il venditore assumono specifici obblighi, soprattutto di tipo qualitativo, riguardo a modalita’ di viaggio, sistemazione alberghiera, livello dei servizi etc., che vanno “esattamente” adempiuti; pertanto ove, come nel caso in esame, la prestazione non sia esattamente realizzata, sulla base di un criterio medio di diligenza ex. articolo 1176 c.c., comma 1 (da valutarsi in sede di fase di merito), si configura responsabilita’ contrattuale, tranne nel caso in cui, come detto, organizzatore o venditore non forniscano adeguata prova di un inadempimento ad essi non imputabile”     

                                                            REPUBBLICA ITALIANA

                                                    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
 

                                                 LA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE  

                                                          SEZIONE TERZA CIVILE 
 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente  Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere  Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere  Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere  Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere  ha pronunciato la seguente:  SENTENZA 
sul ricorso …/2005 proposto da: AL. SPA (…..) (che ha incorporato per fusione la F. In. S.p.A.) in persona del Sig. TO. AN. nella qualita’ di Amministratore Delegato e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato ROMA Michele, che la rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso; – ricorrente – 
contro GA. F. (…..), FE. NA. (…..), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA …., presso lo studio dell’avvocato C. G., rappresentati e difesi dall’avvocato S. V. giusta delega in calce al controricorso; – controricorrenti – 
avverso la sentenza n. 153/2005 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, Sezione Seconda Civile, emessa il 20/12/2004, depositata il 07/03/2005, R.G.N. ../C/2002; udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 11/12/2009 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO; udito l’Avvocato A. D. per delega dell’Avvocato M. R.; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso. 

                                                         SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 

Con atto di citazione notificato il 29.6.2000, G. F. e F. N. convenivano in giudizio dinnanzi al Tribunale di Pordenone la F. In. s.p.a. chiedendone la condanna al pagamento della somma di lire 10.000.000, quale risarcimento dei danni da essi patiti a seguito di un soggiorno effettuato a (…..) dal (…..). Gli attori esponevano, infatti, di avere acquistato un “pacchetto turistico” offerto dalla societa’ convenuta presso l’azienda A. Vi. di (…..), avente ad oggetto il trasferimento aereo e l’alloggiamento presso il Club (…..) di (…..), le fotografie del quale, pubblicate sul depliant, riproducevano una bella spiaggia antistante l’albergo ed un bel mare. Invece, giunti sul posto, avevano constatato che la spiaggia era sporca ed il mare diffusamente inquinato da idrocarburi. 
A seguito di cio’, l’agenzia An. si era dichiarata disposta a favorire il trasferimento in un altro albergo del Ga. e della Fe. , a condizione, pero’, della rinuncia di questi ultimi a far valere eventuali richieste risarcitorie; dopo aver rifiutato tale patto, gli odierni resistenti avevano personalmente dovuto sostenere le spese di un diverso ed adeguato alloggiamento. 
La F. I. s.p.a., ritualmente costituitasi in giudizio, eccepiva preliminarmente l’improponibilita’ della domanda per difetto della formale contestazione del Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 111, ex articolo 19, chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda, non essendo la spiaggia di proprieta’ dell’albergo e non dipendendo l’inquinamento del mare dall’organizzatore del viaggio. 
L’adito Tribunale di Pordenone, in composizione monocratica, con sentenza n. 365/2002, respingeva la domanda; affermava, in particolare che “la pulizia della spiaggia e la purezza dell’acqua del mare, oltre a non dipendere dalla volonta’ del responsabile dell’hotel, non appare essere stata garantita agli attori a mezzo della stampa del depliant pubblicitario”. A seguito dell’appello del Ga. e della Fe. , costituitasi la F. , la Corte d’Appello di Trieste, con la decisione in esame, depositata in data 25.2.2005, in riforma di quanto statuito in primo grado, cosi’ statuiva: condanna F. In. s.p.a., in persona del legale rappresentante, a pagare a Ga. F. e a Fe. Na. la somma complessiva di euro 1.163,45 oltre alla rivalutazione monetaria ed agli altri interessi legali sull’ammontare progressivamente cosi’ rivalutato dal 23.8.1999 al saldo”. Affermavano, in particolare, i giudici di secondo grado che “con l’offerta del pacchetto turistico in esame, la societa’ convenuta ha assunto obbligo di consentire agli acquirenti la fruizione di una spiaggia attrezzata e pulita e di un mare effettivamente balneabile, caratteristiche queste diffusamente evidenziate nel depliant illustrativo, che costituisce parte integrante dell’offerta contrattuale…per contro, quel mare e quella spiaggia si sono rivelati in condizioni di inaccettabile sporcizia e disordine…ne’, del resto, la F. In. puo’ invocare rispetto a tale situazione un esonero di responsabilita’, non avendo essa provato che le scadenti condizioni dei luoghi rispetto a quanto pubblicizzato ed offerto derivassero da caso fortuito o forza maggiore e non piuttosto da incuria o insufficiente manutenzione degli stessi (fattori, questi, di cui il venditore del pacchetto turistico deve comunque rispondere nei confronti del cliente)”. 
Ricorre per cassazione la Al. s.p.a., con tre motivi; resistono con controricorso gli intimati.
La Al. ha altresi’ depositato memoria.
 

                                                            MOTIVI DELLA DECISIONE
 

Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 111 del 1995, articolo 14 (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5)”. Si afferma in proposito che ha errato la Corte di merito nell’individuazione delle prestazioni a carico della F. s.p.a. in quanto l’organizzatore e’ tenuto a fornire tutti i servizi indicati ma non puo’ certo garantire che le condizioni del mare siano sempre ottimali e senza per questo doversi ritenere che la foto riprodotta sul depliant non corrisponda all’effettivo stato dei luoghi.
A ben vedere infatti cio’ non e’ contestato, essendo per contro imperniata la doglianza delle controparti in una sorta di temporanea e parziale godibilita’ della “componente mare” per fatti contingenti.
 Con il secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 111 del 1995, articolo 17 e dell’articolo 2697 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5)”, in relazione al ritenuto inadempimento dell’onere probatorio a carico della F. riguardo ad un eventuale situazione, escludente la responsabilita’ della stessa e configurabile caso fortuito o forza maggiore.
In proposito si fa presente che “il Tour Operator non era tenuto a fornire la prova in questione posto che, come detto, non si e’ venuto a configurare un inadempimento contrattuale che avrebbe indotto l’organizzatore, a giustificare l’eventuale esonero di responsabilita’. Incombeva, piuttosto, sugli attori, contro le evidenze documentali di segno contrario, fornire la prova che lo specchio d’acqua non fosse balneabile, ed in che misura”.
 
Con il terzo motivo si deduce “omessa e insufficiente motivazione su un punto della controversia risarcimento del “danno da vacanza rovinata” (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5). In particolare si fa presente che “la motivazione che sorregge il riconosciuto danno di natura non patrimoniale, appare del tutto insufficiente. Infatti, benche’ le sentenze citate (Cass. n. 8827/2003 e 8828/2003) abbiano riconosciuto la risarcibilita’ del danno morale, indipendentemente dai vincoli posti dall’articolo 2059 c.c., esse ricollegano a due presupposti fondamentali e, precisamente: l’imputazione dell’evento (deve cioe’ accertarsi il nesso di casualita’ tra l’evento e la condotta del responsabile) e la prova del danno (deve essere fornita la prova, del pregiudizio arrecato all’interesse inerente alla persona costituzionalmente garantito).
Nel caso in esame la Corte d’Appello si e’ limitata ad affermare che il danno risarcibile si identifica nello scadimento della qualita’ del soggiorno, da ritenere apprezzabile; manca nella motivazione della sentenza, qualsiasi riferimento alla accertata imputabilita’ al Tour Operator dei fatti lamentati, nonche’ alla provata lesione di un interesse inerente la persona”.
 
Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte doglianze, da trattarsi congiuntamente in quanto aventi ad oggetto il medesimo thema decidendum della responsabilita’ della Al. s.p.a. (incorporante per fusione la F. In. s.p.a., con atto del (…..), come affermata dalla Corte di merito, e della relativa motivazione dell’impugnata decisione. Deve, anzitutto, rilevarsi che la fattispecie in esame rientra nella disciplina del Decreto Legislativo n. 111 del 1995 (attuativa della direttiva Cee n. 90/314), disciplinante i viaggi e le vacanze “tutto compreso”, in quanto applicabile ai rapporti sorti anteriormente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 206 del 2005 (codice del consumo); in particolare deve farsi riferimento all’articolo 14 ove si afferma che, in caso di mancato od inesatto inadempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l’organizzatore e il venditore sono tenuti al risarcimento del danno (secondo le rispettive responsabilita’, salvo prova di impossibilita’ della prestazione per causa a loro non imputabile); con l’ulteriore previsione che l’organizzatore o il venditore che si avvale di altri prestatori di servizi e’ “comunque” tenuto a risarcire il danno sofferto dal consumatore, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti. 
Cio’ premesso e’ da osservare che, sulla base di detta normativa, non censurabile e’ la sentenza in esame la’ dove, dapprima ha ritenuto, la F. , quale organizzatrice del viaggio, responsabile dell’inadempimento in questione nei confronti degli odierni resistenti sulla base della non corrispondenza tra quanto “pr…..” (rectius: contrattualmente pattuito in relazione al livello qualitativo dell’originaria offerta di viaggio “tutto compreso”, come risultante da un depliant illustrativo da ritenersi parte integrante del contratto stesso) e quanto realmente “prestato” in sede di adempimento e la’ dove, in seguito ha rilevato che la stessa F. non avesse adempiuto l’onere probatorio a suo carico (avente ad oggetto un’eventuale impossibilita’ della prestazione ad essa non addebitabile). Ed infatti: l’articolo 14 in esame, al comma 1, contiene una disciplina analoga a quella, in tema di responsabilita’ contrattuale, di cui al combinato disposto degli articoli 1218 e 1256 c.c. (salva la “particolarita’” di cui al comma 2, vale a dire l’obbligo “comunque” di risarcire il danno con possibilita’ di rivalersi da parte dell’organizzatore o venditore nei confronti di altri prestatori di servizi, in considerazione sia dell’esigenza di maggiore tutela del consumatore-utente del viaggio, sia della valutazione che l’adempimento di un pacchetto turistico e’, nella prassi, a carico di piu’ soggetti “debitori”). 
Ne deriva che con il contratto avente ad oggetto un pacchetto turistico “tutto compreso”, sottoscritto dall’utente sulla base di una articolata proposta contrattuale, spesso basata su un depliant illustrativo, l’organizzatore o il venditore assumono specifici obblighi, soprattutto di tipo qualitativo, riguardo a modalita’ di viaggio, sistemazione alberghiera, livello dei servizi etc., che vanno “esattamente” adempiuti; pertanto ove, come nel caso in esame, la prestazione non sia esattamente realizzata, sulla base di un criterio medio di diligenza ex. articolo 1176 c.c., comma 1 (da valutarsi in sede di fase di merito), si configura responsabilita’ contrattuale, tranne nel caso in cui, come detto, organizzatore o venditore non forniscano adeguata prova di un inadempimento ad essi non imputabile. E’ evidente, in relazione a tale ultimo punto e argomentando ex articolo 1256 c.c., ed anche del Decreto Legislativo in esame n. 111 del 1995, ex articolo 17, pur se, tale norma in tema di esonero di responsabilita’ non fa specifico riferimento a detto articolo 14, che per evitare il sorgere di responsabilita’ a loro carico (con conseguente obbligo risarcitorio), organizzatore e venditore dovranno provare: o il caso fortuito (o la forza maggiore), o l’esclusiva responsabilita’ del consumatore, oppure l’esclusiva responsabilita’ di soggetto-terzo, quali eventi successivi alla stipula del “pacchetto”. 
Tali circostanze, non provate dalla F. , sono state comunque escluse, sulla base del discrezionale potere valutativo spettante al giudice del merito e con relativa adeguata e logica motivazione, dalla Corte di merito, e i connessi profili di fatto non possono essere ulteriormente esaminati nella presente sede di legittimita’. 
Infondato, in specie, e’ il terzo motivo, essendo evidente che la Corte di merito ha inteso liquidare il danno in questione sia dal punto di vista patrimoniale (a titolo di “spese che i Ga. hanno dovuto sostenere per i giornalieri trasferimenti alla diversa e idonea struttura balneare da essi individuata), sia dal punto di vista non patrimoniale, in via equitativa, come conseguente danno ex articolo 2059 c.c., alla persona che, nella vicenda in esame ed in linea anche con la recente giurisprudenza della S.U. (n. 26972/2008), trova un suo specifico titolo non nella generale previsione dell’articolo 2, ma proprio nella cosiddetta “vacanza rovinata” (come legislativamente disciplinata). 
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. 

                                                                        P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di ciascuna parte resistente che liquida in euro 700,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

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