Corte di Cassazione n. 24547/18 – ritardo aereo – onere della prova – 05.10.2018.

Sul tema dell’onere della prova in caso di ritardo del vettore aereo, la Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribadito il principio di diritto, enunciato nella recente ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1584, secondo cui: «In tema di trasporto aereo internazionale di persone, regolato dalla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 e dal Regolamento CE n. 261 del 2004, il passeggero che agisce per il risarcimento del danno cagionato dal negato imbarco, dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento), deve fornire la prova dell’esistenza del contratto di trasporto (ossia produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente) ed unicamente allegare l’inadempimento del vettore, spettando a quest’ultimo dimostrare l’esatto adempimento della prestazione ovvero l’imputabilità dell’inadempimento a caso fortuito o forza maggiore ovvero ancora il contenimento del ritardo entro le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261 del 2004». Inoltre, il giudice di legittimità ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti hanno censurato il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in rapporto alla mancata esplicazione dell’attività professionale, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. Al riguardo, la Corte di Cassazione, pur ritenendo “scorretta l’argomentazione del giudicante circa l’impossibilità di risarcire simile danno perché non riferibile a diritti costituzionalmente tutelati”, ha affermato che, trattandosi di un danno conseguenza, è onere del danneggiato dimostrarne l’esistenza e provare la concretezza del pregiudizio subito.

 

 

CORTE DI CASSAZIONE

III SEZIONE CIVILE

SENTENZA N. 24547 DEL 05/10/2018

 

 

Presidente: VIVALDI ROBERTA

Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

Data di pubblicazione: 05/10/2018

 

SENTENZA

 

sul ricorso 17563-2016 proposto da:

A. G., S. R., elettivamente domiciliati in ROMA, …., presso lo studio dell’avvocato G. A., rappresentati e difesi da se medesimi; – ricorrenti –

contro

 

ALITALIA COMPAGNIA AEREA ITALIANA SPA ; – intimata –

avverso la sentenza n. 246/2016 del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositata il 27/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/06/2018 dal Consigliere Dott. F. M. C.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C. S. che ha concluso per l’accoglimento del l ーe 3 ーmotivo sull’assistenza, rigetto del 4 ーmotivo;

udito l’Avvocato A. C. per delega;

 

FATTI DI CAUSA

 

1. Gli avvocati G. A. e R. S. convennero in giudizio l’Alitalia – Compagnia aerea s.p.a. davanti al Giudice di pace di Cagliari, chiedendo che fosse condannata a risarcire il danno loro derivato nel corso di un viaggio in aereo svoltosi da Bucarest a Cagliari con tappa a Roma in data 26 giugno 2009.

A sostegno della domanda esposero che il volo da Bucarest a Roma era partito con tre ore di ritardo e che in conseguenza di ciò essi erano stati costretti a rientrare a Cagliari col volo delle ore 21,20 anziché con quello (fissato) delle ore 16. Anche il secondo volo, però era partito con circa due ore di ritardo, per cui essi erano riusciti a tornare a casa solo a notte fonda, con un ritardo complessivo di circa dodici ore. Sostennero che tale situazione aveva determinato per loro un danno all’immagine professionale, poiché erano stati costretti ad annullare gli appuntamenti presi per il pomeriggio della data del ritorno, nonché una grave forma di disagio, perché la Compagnia aerea non aveva garantito loro alcuna forma di assistenza.

Si costituì in giudizio la società Alitalia, eccependo in rito l’incompetenza funzionale del Giudice di pace ai sensi dell’art. 33 della Convenzione di Montreal e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.

Il Giudice di pace dichiarò la propria incompetenza così come eccepito e ordinò la riassunzione davanti al Tribunale di Cagliari, condannando gli attori al pagamento delle spese processuali.

2. La pronuncia è stata impugnata dai due professionisti e il Tribunale di Cagliari, con sentenza del 27 gennaio 2016, ha rigettato la domanda risarcitoria ed ha condannato gli appellanti alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

Ha premesso il Tribunale territoriale che la decisione del Giudice di pace non poteva essere condivisa, perché l’art. 28 della Convenzione di Varsavia del 1929, ripreso dalla successiva Convenzione di Montreal, si limitava ad identificare lo Stato le cui autorità erano da ritenere munite della giurisdizione, senza nulla disporre in ordine alla competenza. Peraltro, una volta dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, il Tribunale ha ritenuto di dover comunque decidere la controversia senza rimettere le parti davanti al Giudice di pace.

Nel merito, il Tribunale ha affermato che la domanda risarcitoria doveva essere respinta, perché gli attori non avevano in alcun modo provato l’esistenza del danno lamentato. Essi si erano limitati, infatti, ad affermare di aver subito dei danni in conseguenza del ritardo nel rientro, senza però allegare alcun elemento concreto al fine della determinazione di tale danno; ed anche gli impegni professionali cancellati erano stati indicati in modo molto generico, per cui la prova non poteva dirsi raggiunta. E comunque, ha concluso il Tribunale, anche ammettendo l’esistenza dei danni invocati, essi «non potrebbero essere oggetto di risarcimento, poiché riferibili a diritti non costituzionalmente tutelati».

3. Contro la sentenza del Tribunale di Cagliari propongono ricorso G. A. e R. S. con unico atto affidato a quattro motivi.

L’Alitalia s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

 

1. Con il primo motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in riferimento all’art. 1681 cod. civ., all’art. 942 cod. nav., all’art. 19 della Convenzione di Montreal e agli artt. 6, 7 e 9 del Regolamento CE n. 261 del 2004.

Osservano i ricorrenti che la sentenza avrebbe applicato in modo errato i principi sull’onere della prova, senza considerare la particolarità della fattispecie. Gli artt. 7 e 9 del Regolamento cit. prevedono, in materia, due diverse prestazioni, cioè la compensazione pecuniaria e il diritto di assistenza; la prima implica il diritto ad una somma di denaro, l’altro il diritto a pasti, bevande e sistemazione in albergo, con relativi trasporti da e per l’aeroporto. Il diritto all’assistenza è richiamato anche dall’art. 6, che regola il ritardo, mentre la compensazione pecuniaria è richiamata solo dall’art. 5, che regola la cancellazione del volo. Tuttavia la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea – in considerazione delle finalità del Regolamento cit., che ha l’obiettivo di garantire la massima tutela ai passeggeri del traffico aereo – ha stabilito l’equiparazione tra volo cancellato e volo ritardato ai fini del riconoscimento del diritto alla suddetta compensazione, purché il ritardo sia pari o superiore alle tre ore; e ciò sempre che il vettore aereo non dimostri che il ritardo è dovuto a cause eccezionali. La Commissione europea ha dimostrato di recepire simile orientamento nel documento del 15 giugno 2016 recante “Orientamenti interpretativi” sul Regolamento n. 261 del 2004. Il sistema così delineato verrebbe perciò a determinare, in favore del viaggiatore, una presunzione di danno, collegata al dato puro e semplice del ritardo (che nella specie non è in discussione), per cui il Tribunale avrebbe compiuto un’applicazione meccanica ed errata delle regole sull’onere della prova.

2. Con il terzo motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia su un motivo di appello. Ad avviso dei ricorrenti il Tribunale avrebbe omesso ogni pronuncia sulla domanda risarcitoria conseguente al mancato riconoscimento del diritto all’assistenza di cui agli artt. 6 e 9 del Regolamento cit., domanda che era stata proposta in primo grado e ribadita in sede di appello e sulla quale il Tribunale non avrebbe risposto in alcun modo.

3. Ragioni di economia processuale consigliano di trattare insieme i motivi primo e terzo, che sono tra loro strettamente connessi.

3.1. La questione che i ricorrenti pongono riguarda il riparto dell’onere della prova, in caso di ritardo nel volo superiore alle tre ore, ai fini del riconoscimento delle prestazioni previste dal Regolamento CE 11 febbraio 2004, n. 261. Mentre il Tribunale di Cagliari ha respinto la domanda risarcitoria sul rilievo che gli odierni ricorrenti non avevano dimostrato l’esistenza del danno, il primo motivo qui in esame sostiene l’opposto, e cioè che sulla base del citato Regolamento e della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 doveva essere il vettore aereo a dimostrare che il ritardo (o la cancellazione del volo) erano dipesi da fatti indipendenti dalla sua volontà. Per cui, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha equiparato la posizione dei passeggeri di un volo concluso con un ritardo superiore alle tre ore a quella dei passeggeri di un volo cancellato, le prestazioni di cui agli artt. 7 e 9 del Regolamento (compensazione pecuniaria ed assistenza) avrebbero dovuto essere loro riconosciute. Sul mancato riconoscimento del diritto all’assistenza insiste il terzo motivo.

3.2. Osserva il Collegio che i motivi sono entrambi fondati.

Questa Corte ha avuto occasione di pronunciarsi sulla questione con la recente ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1584, nella quale è stato enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di trasporto aereo internazionale di persone, regolato dalla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 e dal Regolamento CE n. 261 del 2004, il passeggero che agisce per il risarcimento del danno cagionato dal negato imbarco, dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento), deve fornire la prova dell’esistenza del contratto di trasporto (ossia produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente) ed unicamente allegare l’inadempimento del vettore, spettando a quest’ultimo dimostrare l’esatto adempimento della prestazione ovvero l’imputabilità dell’inadempimento a caso fortuito o forza maggiore ovvero ancora il contenimento del ritardo entro le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261 del 2004». Nella citata ordinanza, attraverso la lettura coordinata della Convenzione di Montreal e del Regolamento CE cit., questa Corte ha chiarito che entrambe le normative «si basano sull’affermazione del principio di presunzione di responsabilità del vettore aereo»; per cui, «una volta provato l’inadempimento – o, più esattamente, l’inesatto adempimento – l’imputabilità dello stesso al vettore aereo costituisce oggetto di una presunzione superabile, tanto che si faccia riferimento alla Convenzione di Montreal quanto che si applichi il Regolamento CE, solamente attraverso la prova liberatoria del caso fortuito o della forza maggiore».

L’ordinanza qui richiamata ha anche chiarito che si tratta di una presunzione di imputabilità dell’inadempimento; d’altra parte, fatta eccezione per l’art. 5, comma 4, del Regolamento cit., che detta una regola sull’onere della prova (a carico del vettore aereo) in ordine all’avvertimento al passeggero dell’avvenuta cancellazione del volo, le norme in esame non dettano ulteriori specifiche previsioni sull’onere della prova, per cui occorre fare riferimento alle regole generali di diritto interno. Da tanto consegue che al creditore è sufficiente allegare l’esistenza del contratto e l’inadempimento, mentre sarà il debitore a dover dimostrare l’avvenuto esatto adempimento; regola che l’ordinanza n. 1584 cit. ha ritenuto pienamente rispettosa del principio di “vicinanza della prova”, perché nel contratto di trasporto aereo è chiaramente il vettore ad avere a disposizione l’orario ufficiale e tutti i dati concernenti il volo e gli eventuali problemi incontrati, mentre tale possibilità è preclusa al passeggero.

Il Tribunale di Cagliari non ha fatto buon governo del principio qui richiamato. Né può invocarsi, a titolo giustificativo, la circostanza per cui l’ordinanza ora citata è successiva alla sentenza qui impugnata, poiché questa Corte aveva enunciato un principio affatto simile già con la risalente sentenza 27 ottobre 2004, n. 20787, in armonia, del resto, con la regola generale dell’art. 1681 del codice civile.

Da tanto consegue che il primo ed il terzo motivo sono fondati e meritano accoglimento.

4. Con il secondo motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 2059 cod. civ., degli artt. 1, 4, 35 e 36 Cost. e dell’art. 15 della Carta di Nizza.

Il motivo censura il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in rapporto alla mancata esplicazione dell’attività professionale. I ricorrenti, dopo aver ricordato la centralità del diritto al lavoro, sostengono che un ritardo di dodici ore durante una giornata lavorativa sarebbe, per due avvocati, fonte di danno sia economico (necessità di disdire gli appuntamenti) che all’immagine.

4.1. Il motivo è inammissibile, in quanto dimostra di non cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Il Tribunale, come si è detto, non ha negato l’importanza e la centralità del diritto al lavoro, né ha escluso che un ritardo grave nel trasporto aereo possa determinare, per due professionisti come gli odierni ricorrenti, un danno da perdita di occasioni di lavoro o da lesione del diritto all’immagine. Il Tribunale ha semplicemente osservato che di tale danno gli appellanti non avevano fornito alcuna prova specifica, limitandosi a generiche indicazioni; per cui, pur essendo scorretta l’argomentazione del giudicante circa l’impossibilità di risarcire simile danno perché non riferibile a diritti «costituzionalmente tutelati», l’argomentazione di fondo della sentenza cagliaritana resiste alla censura di cui al motivo in esame. D’altra parte, trattandosi di un danno conseguenza, è evidentemente il danneggiato che è chiamato a dimostrarne l’esistenza e a provare la concretezza del pregiudizio subito.

5. Con il quarto motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., sul rilievo che, essendo stato comunque accolto il motivo di appello sulla competenza, il Tribunale non ne aveva tratto le dovute conclusioni in ordine alle spese, che avrebbero dovuto essere compensate.

5.1. Il motivo resta evidentemente assorbito dall’accoglimento dei precedenti motivi primo e terzo.

6. In conclusione, sono accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, con assorbimento del quarto, mentre il secondo è dichiarato inammissibile.

La sentenza impugnata è cassata in relazione e il giudizio è rinviato al Tribunale di Cagliari, in persona di un diverso Magistrato, il quale deciderà attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati e stabilirà in concreto, a quale tipo di prestazione pecuniaria abbiano diritto i ricorrenti.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, con assorbimento del quarto, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia al Tribunale di Cagliari, in persona di un diverso Magistrato, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 15 giugno 2018.

 

Il Consigliere estensore                                                                                                                                                                     

                                                                                                                              Il Presidente 

 

 

    

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