Corte di Cassazione n° 24028/09 –sinistro stradale –terzo trasportato -13.11.09. –

La Corte di Cassazione, con la sentenza in oggeto, ha precisato che: “In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilita’ civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, la modifica apportata dal Decreto Legge 23 dicembre 1976, n. 857 (convertito nella Legge 26 febbraio 1977, n. 39) alla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 1, comma 2 ha introdotto la regola generale dell’estensione dell’assicurazione stessa ai danni prodotti alte persone dei trasportati gia’ prima dell’entrata in vigore dell’ulteriore modifica introdotta dalla Legge 19 febbraio 1992, n. 142. Ne consegue che, nel menzionato periodo, risultano coperti dall’assicurazione obbligatoria anche i danni sofferti dai soggetti trasportati su veicoli destinati al trasporto di cose, che viaggino nella parte progettata e costruita con posti a sedere per passeggeri”   

                                                            CORTE DI CASSAZIONE 

                            SEZIONE 3 CIVILE SENTENZA DEL 13 NOVEMBRE 2009, N. 24028 

                                                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo e’ esposto come segue. 
Con citazione notificata il 4 marzo, S.D. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Sciacca il marito, A.F. , e La. Pr. As. S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni alla persona subiti il (..), a seguito di un incidente stradale, nel quale era stata coinvolta giacche’ trasportata sull’auto di proprieta’ del coniuge e condotta dallo stesso. Aggiungeva di avere subito nel sinistro gravi lesioni, dalle quali erano derivati postumi permanenti di considerevole entita’, nonche’ un rilevante danno di natura estetica, per le vistose cicatrici al volto. 
Lamentava che la citata compagnia d’assicurazioni, nonostante i numerosi solleciti, soltanto in data 10.6.1994 aveva comunicato che non intendeva risarcire il danno, poiche’ essa danneggiata non poteva essere considerata terza trasportata ai sensi della Legge n. 990 del 1969, articolo 4. 
Assumeva che il rifiuto della societa’ assicuratrice non era fondato, in quanto la Corte Costituzionale, con sentenza n. 188 del 02.5.1991, aveva dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della norma indicata nella parte in cui escludeva dai benefici assicurativi il coniuge del conducente del veicolo danneggiale. Instauratosi il contraddicono, si costituiva soltanto l’indicata compagnia d’assicurazioni, che eccepiva l’improponibilita’ della domanda, in quanto l’attrice era comproprietaria del veicolo, perche’ acquistato da A. in costanza di matrimonio.
Espletata l’istruttoria, sulle conclusioni delle parti costituite, il Giudice unico del Tribunale adito, con sentenza dei 9 e 14.10.1998, condannava A. a pagare a S.. lire 348.059.954, a titolo di risarcimento dei danni da questa subiti nell’occorso, oltre rivalutazione ed interessi. Rigettava, invece, la domanda proposta nei confronti della La. Pr. As. S.p.A.. S. impugnava la detta sentenza davanti a questa Corte. Si costituiva la Mi. As. S.p.A., che dichiarava di avere incorporato
La. P. A. S.p.A., e resisteva al gravame. A.. , invece, restava contumace. 
All’udienza del 23.5.2003, sulle coclusioni dei procuratori costituiti, la Corte ha, quindi, posto la causa in decisione, assegnando i termini di legge per il deposito di memorie. 
Con sentenza 3.10.2003 – 30.9.2004 la Corte di appello di Palermo provvedeva come segue: “… dichiara la contumacia di A.F. , e conferma la sentenza del Giudice del Tribunale di Sciacca dei 9 e 14.10.1998, appellata da S.D. con atto notificato il 17.11.1999. 
Dichiara compensate tra le parti un terzo delle spese processuali di questo grado del giudizio, e condanna S.. a pagare i restanti due terzi alla Mi. As. s.p.a.. 
Liquida le dette spese nell’intero in complessivi euro 1.700,00, di cui euro 1.500,00 per onorario di avvocato, oltre IVA e CPA come per legge, se dovuti”. 
Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione S.. . Ha resistito con controricorso la Mi. As. s.p.a.. S. ha depositato memoria. A.F. non ha svolto attivita’ difensiva. 

                                                           MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo motivo la Mi. As. s.p.a. denuncia “Motivazione insufficiente ed illogica.
Violazione e falsa applicazione dell’articolo 179 c.c. e degli articoli 2728 e 2729 c.c.” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente.
La Corte di Palermo ha respinto il motivo di appello con il quale l’odierna ricorrente aveva segnalato l’errore in cui era incorso il Giudice di prime cure nel considerarla comproprietaria della autovettura sulla quale viaggiava al momento del sinistro, poiche’ acquistata dal marito, A.. , in costanza di matrimonio e quindi bene comune tra i coniugi, con l’effetto di ritenerla esclusa dalla copertura assicurativa di detto veicolo.
Se la Corte avesse tenuto conto del fatto che un medico esercente la sua professione, come e’ l’ A. , ha bisogno assoluto di una autovettura per tale esercizio, non avrebbe certamente scritto che le scritture contabili dell’ A. e i giustificativi inerenti alle spese per carburante, riparazioni, ricambi del veicolo (dai quali risultava che detto professionista scaricava regolarmente i relativi importi dal proprio volume d’affari) costituiscono fatti di rilievo soltanto fiscale.
Nella sentenza si legge, infatti, che la predetta circostanza “non consente di ritenere provata la disponibilita’ esclusiva della utilizzazione del mezzo da parte di quest’ultimo (coniuge dell’appellante)”. Con tale assunto si finisce con il limitare arbitrariamente le ipotesi di bene personale dell’autovettura alla sola lettera c) dell’articolo 179 c.c. escludendo la ipotesi di cui alla lettera d) (beni che servono all’esercizio della professione del coniuge) che era ricorrente nel caso in esame, e cio’ anche prescindendo dall’intestazione del mezzo al solo A. in tutti i registri in cui esso va annotato.
Da detti indizi doveva trarsi la convinzione, su base presuntiva, dell’uso personale da parte dell’ A. del bene in questione. 
Il primo motivo non puo’ essere accolto. Infatti la motivazione della Corte sul punto, se ben interpretata (ad es. detto Giudice, sia pure in modo parzialmente implicito, ha valutato la situazione alla luce dell’intera normativa in questione; ed in particolare, tra l’altro, anche sulla base non solo della lettera e, ma anche della lettera d dell’articolo 179 c.c. cit.; lettera del resto citata e considerata alla tredicesima riga di pag. 5), si sottrae al sindacato di legittimita’ in quanto deve ritenersi sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione (anche con riferimento al non ricorso alla presunzione suddetta; cfr. sul punto Cass. Sentenza n. 10847 del 11/05/2007; “Le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito puo’ attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti piu’ idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione. Spetta, pertanto, al giudice di merito valutare l’opportunita’ di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimita’, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non puo’ limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicita’ e contraddittorieta’ del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di impunto decisivo”). 
I due successivi motivo di ricorso vanno esaminati insieme in quanto connessi. 
Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia “Insufficienza della motivazione ed errata applicazione della Legge n. 990 del 1969, articolo 4, lettera a) a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 188/1991” esponendo censure da sintetizzare come segue.
A parere della ricorrente, detta sentenza, che ha dichiarato l’incostituzionalita’ della Legge n. 990 del 1969, articolo 4, lettera b) (nella formulazione antecendente alla modifica legislativa apportata dalla Legge n. 142 del 1992, articolo 28) riverberava i suoi effetti anche per la situazione descritta nella lettera a) della citata norma. L’espresso richiamo contenuto nella lettera b) della Legge n. 990 del 1969, articolo 4 delle persone indicate nella precedente lettera a), sancendo un’equiparazione, quanto ad operativita’ della garanzia per i danni alla persona, tra la posizione dei danneggiati legati da. vincoli di coniugio e/o parentela ed affinita’ e quella dei soggetti comunque responsabili, consentiva la trasposizione immediata della disciplina risultante dalla declaratoria di illegittimita’ costituzionale della stessa lettera b) alla ipotesi di cui alla lettera a) della norma in questione.
Con il terzo motivo S.. denuncia “Insufficienza di motivazione in ordine alla questione di incostituzionalita’ della Legge n. 990 del 1969, articolo 4, lettera a) sollevata dall’appellante in relazione gli articoli 3, 10 e 11 Cost.” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente.
Nell’impugnata decisione la questione di legittimita’ costituzionale non e’ stata esaminata sotto il profilo della tutela della salute, di cui si occupa l’articolo 32 Cost. prescrivendo che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettivita’.
Al riguardo non puo’ farsi a meno di segnalare quanto meno la improprieta’ della ritenuta sovrapposizione, a proposito del coniuge comproprietario del veicolo, della qualita’ di danneggiale e danneggiato; in quanto la responsabilita’ della ricorrente coniuge comproprietaria (ammesso che tale sia) non deriva da una qualche sua partecipazione al fatto illecito ma soltanto da una disposizione di legge ispirata proprio alla tutela della salute del danneggiato, che a tale scopo estende la responsabilita’ dell’autore dell’illecito (il solo cui compete la qualifica di danneggiante) anche ad altri soggetti, indicati nell’articolo 2054 c.c., comma 3.
Ne risulta indiscutibilmente che la esclusione, anteriore alla modifica legislativa del 1992, dalla copertura assicurativa del terzo danneggiato nella sua salute, sol perche’ comproprietario del veicolo coinvolto nel sinistro, e’ in contrasto con l’articolo 32 Cost. e la relativa norma deve essere pertanto disapplicata. Ritiene il collegio che dall’esame congiunto dei due predetti motivi emerga chiaramente (anche se in modo parzialmente implicito) che uno dei punti fondamentali dell’assunto difensivo in questione consiste nell’affermazione che anche prima dell’intervento della Legge 19 febbraio 1992, n. 142, articolo 28 la normativa in materia andava interpretata (con riferimento alle fattispecie come quella in esame) in modo conforme al disposto di detto articolo 28. 
Va rilevato a questo punto che questa Corte, con sentenza a Sez. U, n. 6316 del 16/03/2009 (con riferimento a fattispecie diversa in fatto; ma assimilabile in diritto sotto il profilo in questione), ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilita’ civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, la modifica apportata dal Decreto Legge 23 dicembre 1976, n. 857 (convertito nella Legge 26 febbraio 1977, n. 39) alla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 1, comma 2 ha introdotto – in base ad un’interpretazione compatibile con le direttive comunitarie in materia e che tenga conto dell’evoluzione giurisprudenziale relativa all’articolo 2054 cod. civ. – la regola generale dell’estensione dell’assicurazione stessa ai danni prodotti alte persone dei trasportati gia’ prima dell’entrata in vigore dell’ulteriore modifica introdotta dalla Legge 19 febbraio 1992, n. 142. Ne consegue che, nel menzionato periodo, risultano coperti dall’assicurazione obbligatoria anche i danni sofferti dai soggetti trasportati su veicoli destinati al trasporto di cose, che viaggino nella parte progettata e costruita con posti a sedere per passeggeri”. 
Ritiene pertanto il collegio che la doglianza in questione debba ritenersi fondata; e che vada quindi accolto il motivo n. 2 (nel quale fondamentalmente la doglianza medesima deve ritenersi – pur se in modo parzialmente implicito – esposta): mentre il terzo motivo (essenzialmente in tema di incostituzionalita’; questione superata dalla predetta interpretazione) va dichiarato assorbito. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto; e rinviata alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione, a detto Giudice del rinvio va rimessa anche decisione sulle spese del giudizio di cassazione. 

                                                                         P.Q.M. 

La Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo; dichiara assorbito il terzo; cassa in relazione al motivo accolto l’impugnata decisione e rinvia la causa, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione. 

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