Corte di Cassazione n° 15769/09 – sanzioni amministrative – ordinanza sindacale che limita la circolazione stradale deve essere portata a conoscenza degli utenti – 03.07.09. –

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Images: cassazione sito.jpgLa Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un automobilista avverso la sentenza di rigetto del giudice di pace, relativa ad un procedimento avente ad oggetto una opposizione avverso un verbale  redatto per violazione ai limiti imposti alla circolazione da Ordinanza Sindacale. La Suprema Corte ha  precisato che il verbale con indicazioni del tutto generiche dell’illecito contestato, senza l’indicazione del contenuto dell’ordinanza sindacale preclusiva della circolazione è illegittimo. Inoltre, ha stabilito che le disposizioni preclusive della circolazione in determinati giorni ed in determinate zone, da ritenersi eccezionali rispetto alla normativa generale del C.d.S., devono essere portate a conoscenza di tutti gli utenti mediante apposizione di cartelli su tutte le strade d’ingresso.  

                                                            CORTE DI CASSAZIONE   

                                                          SECONDA SEZIONE CIVILE 

                                                    Sentenza n. 15769 del 03/07/2009  

                                                                FATTO E DIRITTO 

(……) impugna per cassazione la sentenza 25.5.05 con la quale il Giudice di Pace di Roma ne ha rigettato l’opposizione proposta avverso il verbale n. (……) redatto nei suoi confronti il 10.03.04 dalla Polizia Municipale di Roma a seguito d’accertata violazione dell’art. 7/1-13 C.d.S., per aver circolato nonostante le limitazioni imposte da ordinanza sindacale di prevenzione dell’inquinamento atmosferico.Parte intimata resiste con controricorso. 
Attivatasi procedura ex art. 375 CPC, il Procuratore Generale fa pervenire requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso. Al riguardo le considerazioni svolte dal Procuratore Generale e la conclusione cui è pervenuto sono da condividere almeno nella parte esaminata. 
Il Giudice di Pace di Roma, ha rigettato l’opposizione sulla considerazione che “L’opposizione è infondata e quindi va rigettata in quanto la ricorrente nulla ha provato circa una errata notifica del v.a.v. impugnato né ha dimostrato alcun tipo di compressione ai suoi diritti di difesa; le ordinanze sindacali di divieto di circolazione perle auto per prevenzione inquinamento atmosferico (peraltro adottate in tutti i grandi centri urbani ed anche in molti piccoli) sono propalate a mezzo mass-media (televisione, giornali ecc.) e portate a conoscenza degli automobilisti anche attraverso cartelli a messaggio variabile posti nel perimetro cittadino e anche al suo interno. Comunque tutte le informazioni del caso potevano essere richieste dalla ricorrente all’ufficio traffico del Comune. Inoltre nulla la ricorrente ha provato circa la non conoscenza della disposizione sindacale sua o di eventuale altra persona alla guida del mezzo multato. La mancata contestazione immediata è stata sufficientemente motivata tenuto anche presente che i fatti attestati nel v.a.v. dal P.U. debbano ritenersi come avvenuti descritti senza margine di apprezzamento dallo stesso e fanno piena prova fino a querela di falso.
Pertanto la ricorrente è tenuta al pagamento della sanzione irrogata”.
 
Con il primo motivo, la ricorrente – denunziando “Art. 360 n. 3,   violazione e falsa applicazione dell’art. 23 L. n. 689 del 1981 come richiamate dall’art.204 – bis D.Lgs. n. 285 del 1992, – si duole che, quanto al difetto della notificazione del verbale, il G.d.P. abbia ritenuto che l’opponente nulla avesse provato circa un’errata notifica del verbale d’accertamento della violazione, con ciò facendo ricadere sulla ricorrente l’onere della prova. 
Il motivo non ha rilevanza. 
La notificazione del verbale, per le cui forme l’art. 201/3 C.d.S., rinvia al codice di procedura civile o, in alternativa, a quella a mezzo posta – al pari dell’art. 18, comma terzo, della L. 24.11.1981, n. 689, per l’ordinanza-ingiunzione – non è requisito di perfezione dell’atto, ma ha la sola funzione di far decorrere il termine di decadenza di cui all’art. 201/5 a carico dell’Amministrazione o quello di proposizione dell’opposizione giudiziale di cui all’art. 204 bis/1 a carico del contravventore; la mancanza della notifica, o la sua eventuale invalidità, non inficiano la validità e l’efficacia dell’atto che essa è destinata a portare a conoscenza del contravventore, ma semplicemente fanno decorrere quello di decadenza dal diritto a pretendere il pagamento della sanzione e impediscono il decorso del termine di decadenza per l’opposizione. Ne consegue che, qualora il contravventore, venuto in qualsiasi modo a conoscenza del verbale, anche attraverso una consegna informale dell’atto, questo impugni con l’opposizione innanzi al G.d.P., non è ravvisabile un interesse a censurare la mancanza o l’invalidità della notificazione, salvo si faccia valere la detta decadenza, dacché la proposta opposizione dimostra il raggiungimento dello scopo dell’atto ed, ex art. 156 c.p.c., la nullità non può essere pronunziata. 
Con il secondo ed il terzo motivo, la ricorrente – denunziando “Art. 360 n. 5, omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio” – si duole che il G.d.P. abbia respinto la censura in ordine alla mancata indicazione, nel verbale di accertamento, della specifica ordinanza sindacale, della specifica limitazione e di quale fatto avesse ella specificamente commesso, apoditticamente affermando che le limitazioni alla circolazione dovevano ritenersi conosciute o, comunque, conoscibili, ed imputando al contravventore la mancata prova della dedotta non conoscenza. 
I motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono fondati. 
E’ indiscutibile, infatti, che il verbale contenesse una indicazione del tutto generica dell’illecito contestato, non essendovi precisati gli estremi (data, numero) ed il contenuto dell’ordinanza sindacale preclusiva della circolazione, in particolare relativamente all’ambito d’applicazione di essa quanto ai tempi ed ai luoghi (giorno e sito della contestazione), risultando, pertanto, illegittimo per non conformità al disposto dell’art. 383/1 Reg. C.d.S.. Sulla censura al riguardo il G.d.P., invece di rilevare l’illegittimità del verbale e disporne l’annullamento, ha erroneamente ritenuto che dovesse il preteso contravventore procurarsi presso i competenti uffici comunali le informazioni necessarie ad integrare i dati mancanti del verbale stesso. 
Tanto basterebbe per cassare la sentenza ed annullare il verbale. 
E’ incontestato, inoltre, che la ricorrente fosse residente in (……) e, quindi, presumibilmente ignara delle disposizioni preclusive della circolazione nella città di (……) in determinati giorni ed in determinate zone; disposizioni da considerarsi eccezionali, rispetto alla normativa generale del C.d.S. la cui conoscenza è obbligatoria per tutti gli utenti di tutte le strade, di tal che devesi ritenere che incomba sull’Ente proprietario delle specifiche strade sulle quali è imposto tale eccezionale divieto l’onere di dimostrare, tenuto conto dei disposti degli artt. 3 e 23/12 della legge 689/81, la responsabilità del preteso contravventore per essere state adottate tutte le possibili e per questo esaustive misure d’informazione di modo che qualunque utente di tali strade, qualsiasi ne sia la provenienza, non possa fondatamente allegare di non conoscere la disposizione. 
Nella specie, alla censura al riguardo proposta dall’opponente il G.d.P. ha risposto con motivazione del tutto generica ed inconferente, dacché non ha allegato che il Comune di (……) avesse provato la diffusione della notizia anche con media generalmente conoscibili fuori della città e l’apposizione di cartelli indicanti il divieto su tutte le vie d’accesso alla medesima, cartelli tra l’altro non confondibili con quelli a messaggio variabile idonei ad indicazioni ed avvertimenti sul traffico ma non all’imposizione di comportamenti, all’uopo dovendo essere obbligatoriamente utilizzati i segnali di cui agli artt. 38 ss. CdS e 115 ss. Reg. CdS. 
In difetto della qual prova, non poteva e non può essere affermata la colpa e, quindi, la responsabilità dell’opponente. 
Con il quarto motivo,la ricorrente – denunziando “Art. 360 n. 5 omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio in ordine alla motivazione della mancata contestazione immediata” si duole che il Giudice di Pace abbia erroneamente ritenuto che la mancata contestazione immediata fosse stata sufficientemente motivata facendo il verbale piena prova fino a querela di falso. 
Il motivo è fondato. 
Com’è noto, l’omessa contestazione immediata non implica l’illegittimità dell’accertamento dell’infrazione al C.d.S. ove di tale omissione l’agente accertatore fornisca a verbale plausibile giustificazione, pertanto il giudice è tenuto a valutare tale giustificazione ed a motivare il proprio convincimento in ordine all’idoneità delle circostanze allegatevi ad esonerare l’agente dall’obbligo della contestazione immediata. 
Nella specie, il Giudice di Pace si limita a sostenere che il verbale fa prova sino a querela di falso ma non esamina affatto la giustificazione data dal verbalizzante alla mancata contestazione, anzi, non ne fa neppure menzione, si che tale giustificazione potrebbe anche essere stata del tutto omessa. 
Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione ai motivi secondo, terzo e quarto, il comportamento posto in essere dall’opponente non costituendo l’illecito contestatole; l’impugnata sentenza va, di conseguenza, annullata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto relativamente ai motivi secondo e terzo, la controversia può essere decisa in questa sede ex art. 384 c.p.c. con accoglimento dell’originaria opposizione ed annullamento del verbale opposto. 
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. 

                                                                       P.Q.M.
 

La Corte accoglie i motivi secondo, terzo e quarto del ricorso, respinge il primo, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione ed annulla il verbale opposto; condanna l’intimato Comune di Roma alle spese che liquida, quanto al giudizio di merito, in euro 100 per esborsi ed euro 500 per diritti ed onorari, quanto al giudizio di legittimità, in euro 200,00 per esborsi ed euro 400,00 per onorari, oltre ad accessori di legge.

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