Corte di Cassazione n° 11281/2010 – sanzioni amministrative –non impugnabili se relative a materie diverse da verbali di accertamento di violazione del Codice della Strada -10.05.2010. –

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Images: cassazione sito.jpgcostituisce un principio costantemente affermato da questa Corte che il verbale di accertamento di una violazione amministrativa è impugnabile in sede giudiziale unicamente se concerne l’inosservanza di norme sulla circolazione stradale, giacché solo in tale caso è idoneo, a norma dell’art. 203, 3° co., c.d.s., ad acquisire valore ed efficacia di titolo esecutivo per la riscossione dell’importo della pena pecuniaria prefissata dalla legge, mentre, quando riguarda il mancato rispetto di norme relative ad altre materie, non incide ex se sulla situazione giuridica soggettiva del trasgressore ed è destinato esclusivamente a contestargli il fatto ed a segnalargli la facoltà di estinguere l’obbligazione sanzionatoria mediante un pagamento in misura ridotta, in difetto del cui esercizio l’autorità competente valuterà la fondatezza dell’accertamento e con ordinanza motivata determinerà la sanzione e ne ingiungerà il pagamento”.  

                                                        CORTE DI CASSAZIONE   

                                                            II SEZIONE CIVILE    

                                              SENTENZA 10 MAGGIO 2010, N. 11281     

                                                   SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   

Il Giudice di pace di Perugia con sentenza del 25 settembre 2004 rigettò l’opposizione proposta il 12 aprile 2002 da M.T., professore ordinario presso il Dipartimento di ………. dell’Università degli Studi di Perugia, avverso il verbale n. 1 del 13 marzo 2002, con il quale l’Università degli Studi le aveva contestato la violazione, di cui agli artt. 1 e 7, l. 11 novembre 1975, n. 584, ed alla direttiva p.c.m. 14 dicembre 1995, per non avere osservato il divieto di fumare nella stanza a lei assegnata dal Dipartimento. 
Premesso che la M.T. nella stanza assegnatale riceveva i propri collaboratori e gli allievi – per i colloqui finalizzati alla predisposizione dei piani di studio, alla valutazione delle richieste di internato, al chiarimento di eventuali dubbi ed alla correzione delle tesi di laurea in preparazione – e teneva esercitazioni ed incontri per organizzare l’attività di ricerca, osservò il giudice che il locale era soggetto alla normativa sul divieto di fumare in quanto aperto ad utenti ed al pubblico. 
Aggiunse che l’esistenza del divieto nell’ambito dell’Università era segnalato anche da cartelli apposti nel corridoio esterno alla stanza della opponente ed era stato comunicato a tutto il personale dipendente dal Rettore in occasione della delibera n. 2613/2002 e che la sanzionabilità della condotta addebitata non era esclusa dall’omessa indicazione nei cartelli del nominativo del soggetto incaricato del controllo sul rispetto del divieto e dalla mancata sorpresa della M.T. in flagranza della violazione, non avendo il professore negato di avere sempre fumato nella “sua stanza”. 
La M.T. è ricorsa con dieci motivi per la cassazione della sentenza e l’intimata Università non ha resistito.   

                                                       MOTIVI DELLA DECISIONE
   

Preliminare all’esame dei motivi di ricorso è il rilievo della non proponibilità dell’opposizione di cui all’art. 22, l. 24 novembre 1981, n. 689, avverso il verbale di contestazione della violazione del divieto di fumare in determinati locali stabilito dalla l. n. 584/1975.
 Sotto un profilo generale, in quanto costituisce un principio costantemente affermato da questa Corte che il verbale di accertamento di una violazione amministrativa è impugnabile in sede giudiziale unicamente se concerne l’inosservanza di norme sulla circolazione stradale, giacché solo in tale caso è idoneo, a norma dell’art. 203, 3° co., c.d.s., ad acquisire valore ed efficacia di titolo esecutivo per la riscossione dell’importo della pena pecuniaria prefissata dalla legge, mentre, quando riguarda il mancato rispetto di norme relative ad altre materie, non incide ex se sulla situazione giuridica soggettiva del trasgressore ed è destinato esclusivamente a contestargli il fatto ed a segnalargli la facoltà di estinguere l’obbligazione sanzionatoria mediante un pagamento in misura ridotta (cfr.: art. 16, l. n. 689/1981), in difetto del cui esercizio l’autorità competente valuterà la fondatezza dell’accertamento e con ordinanza motivata determinerà la sanzione e ne ingiungerà il pagamento (cfr.: Cass. civ., sez. un., sent. 4 gennaio 2007, n. 16). 
Sotto un profilo particolare, in quanto la l. 11 novembre 1975, n. 584, dopo avere stabilito (cfr.: art. 8) che il trasgressore al divieto di fumare è ammesso a pagare il minimo della sanzione prevista entro quindici giorni dalla data di contestazione o di notificazione degli estremi della violazione ed un terzo del massimo di essa entro il sessantesimo giorno, dispone (cfr.: art. 9) che: qualora non abbia avuto luogo il pagamento, della violazione deve essere fatto rapporto al prefetto, il quale, se ritiene fondato l’accertamento, determina con ordinanza motivata la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento al suo autore entro un termine non inferiore a trenta giorni e superiore a novanta giorni dalla notificazione; contro l’ingiunzione, che costituisce titolo esecutivo, gli interessati possono proporre azione davanti al pretore del luogo in cui è stata accertata la violazione entro il termine massimo prefisso per il pagamento. 
Nessun riconoscimento è ravvisabile nella l. n. 584/1975 di una natura del verbale di contestazione della violazione al divieto di fumare diversa da quella di atto meramente procedimentale privo di inidoneità a costituire titolo per la riscossione della relativa sanzione e la conseguente applicabilità alla fattispecie (cfr.: art. 12, l. n. 689/1981), della sopravvenuta disciplina introdotta per tutte violazioni per le quali è prevista una sanzione amministrativa, esclude che tale inidoneità sia successivamente venuta meno, avendo la novella attribuito in via generale efficacia esecutiva soltanto all’ordinanza-ingiunzione. 
È appena il caso di rilevare che, essendo il sistema delle impugnazioni preordinato dalla legge, nessun rilievo può avere sulla proponibilità dell’opposizione l’ingannevole erronea annotazione in calce al verbale che “qualora entro il sessantesimo giorno dalla contestazione, non sarà effettuato il pagamento, il presente atto costituirà titolo esecutivo per la riscossione coatta della somma maggiorata, ai sensi dell’art. 27 della Legge 689/81”. 
All’improponibilità dell’opposizione, rilevata d’ufficio ex art. 382, 3° co., c.p.c., seguono l’assorbimento dell’esame dei motivi e la dipendente cassazione della sentenza impugnata. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.   

                                                                    P.Q.M.   

Pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara improponibile l’opposizione avverso il verbale di contestazione della violazione amministrativa. 
Compensa tra le parti le spese del giudizio.

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