Conferenza Avvocati – contro la minaccia delle liberalizzazioni stato di agitazione ad oltranza –

Roma – Stato di agitazione a tempo indeterminato e invito a rinunciare alle funzioni a tutti gli avvocati “prestati” alla magistratura dai giudici di pace ai Got. La VII conferenza dell’avvocatura nella giornata di chiusura si trasforma in un Consiglio di guerra sulla scia di una voce che darebbe in via di approvazione, già da martedì, un decreto destinato a liberalizzare le professioni. Il timore di un “attacco”, percepito come la fine per la categoria, si traduce in un documento nel quale si chiede un incontro urgente con il presidente della Repubblica, con il presidente del Consiglio, il ministro della Giustizia e i presidenti di Camera e Senato. Se la risposta sarà un no l’impegno, assunto davanti all’assemblea ma non trasferito sulla carta, è quello di dimettersi in massa a cominciare dai vertici di Oua e Cnf fino ai presidenti degli ordini come comunicato da Antonio Conte dell’Ordine di Roma. Con il documento si da poi via libera a tutte le forme di protesta, anche le più dure e radicali.  Tra queste anche l’invito a tutti gli iscritti agli ordini a rinunciare alle funzioni di vice procuratori onorario, giudici di pace, got, giudici tributari e componenti dei consiglio giudiziari. Il “ritorno” di AlpaLa minaccia del decreto fa tornare sul palco dell’Hilton il presidente del Cnf Guido Alpa che lascia la sede di via Arenula per arrivare a via Cadlolo. Alpa, sostenuto anche dal presidente della cassa Alberto Bagnoli, chiede di inserire nel documento le rassicuranti parole, contenute nei telegrammi inviati da Giorgio Napolitano, con cui il capo dello Stato, sia in occasione del XXX Congresso di Genova, ha definito fondamentale il ruolo affidato dalla Costituzione all’avvocatura per la difesa dei cittadini. Ruolo che impone una rapida approvazione di una riforma forense condivisa. “Se il presidente della Repubblica dice che il ruolo dell’avvocatura è fondamentale – afferma Guido Alpa – allora vuol dire che la nostra categoria non può scomparire. Il nostro interlocutore è Napolitano non possono essercene altri. Un governo tecnico non può travolgere l’avvocatura – afferma il presidente del Cnf – e non può, come hanno sottolineato alcuni giornali, mettere mano a riforme importanti come quella che ci riguarda ma che riguarda anche i diritti fondamentali dei cittadini”.  Il presidente Alpa, sottoscrive quanto previsto dal documento, salvo per motivi istituzionali, quanto riguarda un possibile sciopero a oltranza. Alpa – pur ritenendo necessario agire per evitare che venga travolto anche l’ultimo baluardo della difesa tecnica, pena il dissolvimento della categoria – informa la platea di aver avuto rassicurazioni dal ministro della giustizia Paola Severino sul coinvolgimento dei diretti interessati quando arriverà il momento di parlare di liberalizzazioni. Non si fida Maurizio de Tilla che si dichiara “incavolato” a prescindere dall’arrivo del IV decreto. Aderisce al documento anche il presidente dell’Aiga Dario Greco che invita a firmare la carta solo come avvocatura italiana superando ogni divisione interna.        .         I dati della CassaIn tutto questo passano quasi inosservati i dati messi a disposizione dalla Cassa forense da cui emerge che per gli avvocati il piatto piange. O almeno così sembra leggendo i redditi dei legali italiani nel 2011, messi nero su bianco dalla Cassa forense. Nel 2010 il reddito medio è stato di 47.822 in calo del 2% rispetto al 2009. Va male anche se si prende il considerazione la rivalutazione della media annua che scende del 3,5% . Ma, come per il classico pollo di Trilussa, esiste una forte disparità nella distribuzione del denaro che, per gli avvocati iscritti alla cassa, ha fatto registrare un monte di 7.351.474.677 euro che, per il 93,5% finisce nelle tasche del 62,5% dei legali mentre il 37,5% raggiunge un reddito annuo inferiore ai 16 mila euro. Non cambia negli anni la situazione di penalizzazione dei giovani che, nella fascia d’età tra i 24 e i 29 anni,  restano sotto i 15 mila 500 euro l’anno a fronte dei colleghi ultrasessantenni che sfondano il tetto dei 102 mila euro. Ancora peggio va se il paragone si fa con non in base all’età ma in base al sesso. Le donne guadagnano, infatti 27.542 euro l’anno a fronte dei 62.583 euro degli uomini. Uniforme in tutta Italia la flessione del reddito che raggiunge il meno 4% al Nord (59.863) come al Centro (51.609)  e al Sud (33.226).  La palma della città in cui gli avvocati lavorano di più resta a Milano che comunque perde lo 0,6% rispetto al 2009. Peggio fa Roma con un meno 3,5% , mentre va meglio Napoli che lascia per strada solo lo 0,3%.

Fonte: diritto24.ilsole24ore.com

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