Solo il 17 luglio scorso il ministro Cancellieri assumeva l’impegno di superare il sistema delle proroghe e di garantire continuità di esercizio delle funzioni dei magistrati di pace, evitando la paralisi della giustizia di pace.
L’impegno non è stato rispettato ed il ministero della Giustizia ha deciso di proseguire, con la legge di stabilità, con le proroghe dei magistrati in scadenza, quest’anno biennali. Valutiamo le proroghe un colpo durissimo alla dignità e all’autonomia ed indipendenza del magistrato, peraltro privo da circa 20 anni di coperture previdenziali ed assistenziali.
L’Associazione Nazionale Giudici di Pace prende atto che negli ultimi anni sono stato assunti provvedimenti espressione di una chiarissima volontà punitiva rispetto ad una magistratura virtuosa, la più vicina al cittadino. Si pensi alla chiusura di poco meno di 700 uffici del giudice di pace.
I cd. Saggi nominati dal presidente Napolitano, di cui facevano parte due ministri dell’attuale governo (Mauro e Quagliariello), oltre a Luciano Violante e Valerio Onida hanno proposto nella relazione conclusiva un ampliamento delle funzioni dei giudici di pace. Noi ci siamo detti prontamente disponibili, ma non siamo stati ascoltati ed invece si è preferito dare spazio alla mediazione privata (dove almeno una parte non si presenta nel 75% dei casi, dati min. Giustizia) o creare nuove forme di magistratura onoraria (a riprova che di una magistratura di supporto a quella di carriera non si possa fare a meno) con il decreto del fare, ma i cui risultati è facile prevedere non saranno determinanti per l’abbattimento dell’arretrato.
Tutto ciò appare assolutamente incomprensibile: Il Giudice di Pace è giudice di primo grado appartenente all’ordine giudiziario ed è costituzionalmente previsto. Dinanzi a tale magistrato pendono oltre 2 milioni di procedimenti, oltre il 50% del contenzioso civile e circa il 25% di quello penale. Anche la materia dell’immigrazione è di competenza del giudice di pace ed il caso Shalabayeva di quest’estate è lì a ricordarlo.
Ciascun magistrato tratta circa mille procedimenti annui ed in media definisce un processo in meno di un anno. Tutto ciò a fronte di una durata media dei giudizi di 8 anni in Italia. Gli appelli sono inferiori al 5%.
Lo Stato italiano spende per la legge Pinto circa 200 milioni di euro annui ed il magistrato di pace è estraneo alla produzione di tale fenomeno, in quanto un giudizio si svolge nel rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo.
Chiederemo un incontro urgentissimo al Presidente della Repubblica ed al Parlamento di porre rimedio a quello che si presenta quale un cupio dissolvi.
Roma, 11 ottobre 2013
Il presidente
Vincenzo Crasto