17.01.2008 – RELAZIONE ANNUALE SULLO STATO DELLA GIUSTIZIA IN ITALIA IL GUARDASIGILLI CLEMENTE MASTELLA ALLA CAMERA E AL SENATO

La relazione annuale del Guardasigilli Clemente Mastella al Parlamento. I numeri e la situazione della Giustizia italiana nei dodici mesi appena trascorsi e di un anno e mezzo di lavoro alla guida del Ministero.

Onorevoli Colleghi,
Un anno fa, era per me la prima volta da Ministro, vi ho presentato il progetto che avevoin mente per operare una effettiva riforma della giustizia. Lo avevo fatto partendo dauna descrizione senza reticenze dello stato di profonda crisi in cui essa versa da tempo,connotata da ritardi, gravi inefficienze, conflitti politico-istituzionali e, quindi, da unarisalente e progressiva perdita di legittimazione e da un rapporto con i cittadinicontrassegnato da crescente sfiducia.
Pur consapevole della estrema difficoltà di quella che alcuni reputano una missioneimpossibile, rifiutai allora, come rifiuto oggi, la pericolosa tentazione di chi vorrebbeindirizzare la Giustizia italiana verso la palude della rassegnazione e dell’impotenza,suggerendo l’ineluttabilità di un disfunzionamento ormai cronico e irreversibile.
Dissi allora, essendone oggi ancor più convinto, che fronteggiare la complessiva crisi diaffidabilità della giustizia non è solo una priorità per il Governo, ma un’urgenza ed unasfida per tutta la classe dirigente del Paese: una vera e propria questione nazionale.
Il sistema di Giustizia è struttura fondamentale dello Stato, vero pilastrodell’ordinamento democratico per la difesa dei diritti individuali e la sicurezza deicittadini, fattore decisivo per la competitività economica del Paese.
Le Istituzioni tutte, la Politica nel suo complesso, i diversi attori della vita pubblica, purnella diversità dei rispettivi ruoli, devono insieme farsi carico di questo capitolo centraledel nostro vivere in comunità.
Troppo spesso ciascuno dei protagonisti del Sistema Giustizia rinvia alla responsabilitàdi altri, laddove di quel Sistema è chiamato istituzionalmente a determinare gli esiti.Passare dall’Io al Noi in materia di Giustizia è necessario, renderlo possibile èresponsabilità di tutti.
Non si tratta di buonismo di risulta o di furba ipocrisia, ma solo della realistica analisi diuna vicenda istituzionale le cui coordinate essenziali sono ormai note. Fingere diignorarle significa eludere una responsabilità collettiva al cui adempimento siamo tuttitenuti, pena il perpetuarsi di pesanti handicap per il Paese, per la sua vita democratica,per la sua crescita civile ed economica.
Sia chiaro. Il Ministro della Giustizia ha il suo ruolo, che rivendico, e la sua propriaresponsabilità, alla quale non mi sottraggo.
Ma senza il superamento di logiche di casta, di gruppi e di corporazioni l’une control’altre armate, semplicemente la Giustizia italiana non si risolleverà dal conflittoperpetuo e dalla cronica inefficienza. Senza il riconoscimento di una reciprocalegittimazione tra gli opposti schieramenti politici, senza il concorso dei diversi attoriistituzionali e dei molteplici decisori pubblici, non realizzeremo l’interesse generale inquesto ambito cosi prezioso, delicato e complesso della nostra società. In questo quadro,la convinzione della superiorità gerarchica degli eletti dal Popolo rispetto ai magistratinominati per concorso fa il paio con quella, altrettanto errata ed esiziale, di una pretesasuperiorità morale dei secondi sui primi in base a giudizi etici sbrigativi ed infondati.
Entrambe sono foriere di derive nei comportamenti individuali e di indebite torsioninell’esercizio di pubbliche funzioni e nella vita delle Istituzioni. Entrambe,potenzialmente moltiplicabili in progressione geometrica per il numero dei soggettipolitici, delle categorie professionali e degli attori del processo, costituiscono il veloculturale ed ideologico dietro il quale nascondere la radice del problema, comune delresto a tanti ambiti della vita pubblica: l’incapacità collettiva e politica di fare sintesi erealizzare le necessarie innovazioni su temi essenziali per il vivere civile.
Voglio qui affermare, con convinzione e senza riserve, il valore, fondamentale nelnostro assetto costituzionale, del principio della esclusiva soggezione del giudice allalegge.
Soltanto – sottolineo soltanto – alla legge, ma almeno alla legge. In mancanza di ciò, è labase stessa su cui poggia l’indipendenza della magistratura ad esser messa a rischio,salvo a non immaginare un ben più grave rischio per l’intero assetto delle nostreIstituzioni democratiche. La soggezione del giudice solo alla legge, privata del muro dicinta costituito dal rispetto delle regole deontologiche, scolorirebbe fino a dissolversi,consegnando prima i singoli magistrati, e poi l’intero Ordine Giudiziario, non più allagaranzia indefettibile dell’autogoverno, ma alla perniciosa ricerca del consenso dellapiazza. Oltre questo confine non c’è più la giustizia quale noi conosciamo e vogliamo.
Se è assolutamente condivisibile che i detentori di responsabilità politiche non debbanosottrarsi ad un effettivo controllo di legalità del loro operato – così come sono sottopostial sovrano giudizio degli elettori – allo stesso modo credo debbano valere per i magistratile parole pronunciate da Platone, allorché ammoniva: “Quelli che abitualmente si diconomagistrati, io li ho chiamati servitori delle leggi. Non per uno stravolgimento nell’usodelle parole, ma perché sono convinto che in ciò sopra tutto sia tanto la salvezza di unoStato quanto la sua decadenza. Infatti, uno Stato in cui la legge è esautorata e calpestatavede incombere la distruzione. E invece, per quello in cui la legge prevale sui magistratie i magistrati ad essa si sottomettono, prevedo la salvezza e il godimento di tutti i beniche gli dei concedono agli Stati.”
La nostra capacità di sciogliere con equilibrio e saggezza tutti questi nodi determinerà inlarga parte l’avvenire della Giustizia nel nostro Paese. Esserne consapevoli è la baseessenziale per valutare il cammino fatto ed affrontare i problemi che abbiamo di fronte.Riprenderò questi temi, a mio parere fondamentali, nella parte conclusiva della miarelazione, dopo avervi esposto sinteticamente quanto, nel corso del 2007, si è verificatonell’amministrazione della giustizia e quanto, come Ministro responsabile e col concorsodi tutto il Governo, ho proposto al Parlamento ed al Paese. Ad un più ampio documentoscritto, corredato di dati statistici e proposto all’attenzione del Parlamento, riservo imaggiori dettagli.

LA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO
Atteso da oltre sessant’anni e terreno di “guerre di religione” e conflitti senza fine, ilnuovo ordinamento giudiziario è legge dello Stato.
Il vecchio sistema ordinamentale e la stessa riforma immaginata con la legge 150/2005apparivano infatti largamente inadeguati rispetto ai bisogni di una giustizia moderna edefficace. Il nuovo assetto innova decisamente su tutti gli snodi essenziali del sistemaordinamentale: accesso, formazione iniziale e permanente, valutazione dei magistrati eloro progressione in carriera, attribuzione di incarichi direttivi, distinzione di funzioninell’ambito di un’unica carriera. Cosi, l’ormai superato sistema di reclutamento del 1946è stato sostituito da un ben più probante concorso di secondo grado.
E’ stato poi abbandonato un sistema di valutazione dei magistrati non più adeguato, incui la professionalità veniva affermata per presunzioni in occasione di passaggi diqualifica troppo distanziati nel tempo. Ma si è evitato al contempo il ritorno al passatorappresentato dal bizantino sistema di avanzamento in carriera previsto dalla riformasospesa dal Parlamento nel 2006, che non valorizzava adeguatamente la concreta attivitàdei magistrati, basando la progressione su esami e titoli teorici e formali, non conferenticon l’esperienza acquisita nella giurisdizione. La riforma votata dal Parlamentointroduce invece stringenti valutazioni quadriennali. Esse si fondano su precisi elementiqualitativi e quantitativi, tratti essenzialmente dall’attività pregressa del singolomagistrato e come tali idonei a disegnare il suo effettivo profilo professionale. Da essepossono derivare anche conseguenze di rilievo economico e di carriera nel caso diriscontrata inadeguatezza.
Gli incarichi direttivi, attribuiti in passato senza riguardo alle concrete capacitàorganizzative dei candidati e a tempo indeterminato, ciò che aveva favorito spesso ilformarsi di sacche di inefficienza e incrostazioni di potere incompatibili con una sana edefficiente amministrazione della Giustizia, sono ora temporanei e sottoposti a controllodi gestione e risultato al momento dell’unico possibile rinnovo.
La marcata separazione tra funzioni giudicanti e requirenti prefigurata dalla Legge150/2005 è stata sostituita da una rigorosa, ma equilibrata, distinzione delle funzioni,garantita da apposita formazione, da un giudizio di idoneità specifica e da limiti diincompatibilità: è stata cosi preservata l’unicità della carriera dei magistrati.
E’ stata istituita la Scuola Superiore della Magistratura, adeguando l’Italia alle piùavanzate esperienze europee, nella consapevolezza del valore centrale della formazioneiniziale e permanente per l’innalzamento della qualità complessiva del Sistema Giustizia.Insomma, un intervento coerente con un disegno globale della giurisdizione fedele aldettato costituzionale ed insieme innovativo quanto ad esigenze professionali, modelliordinamentali e forme di organizzazione della struttura giudiziaria.
Esso, concepito come il nucleo originario di una più ampia opera riformatrice,costituisce la prima pietra sulla quale edificare un sistema giudiziario più moderno,responsabile ed efficiente.
Credo che il Governo possa a giusto titolo rivendicare con orgoglio dinanzi alParlamento ed al Paese il risultato raggiunto in un ambito cosi importante e in condizionidifficilissime di agibilità politica e parlamentare.
Ma il 2007 non è stato soltanto l’anno dell’adozione della riforma, ma anche quellodell’avvio della sua realizzazione.
Innovazioni cosi profonde scontano necessariamente tensioni e richiedono uno sforzoconsistente a tutte le Istituzioni e a tutti i soggetti coinvolti. Il mio Ministero èdirettamente coinvolto nelle fasi organizzative per l’attuazione del nuovo ordinamento, enella predisposizione dei testi normativi di coordinamento, l’ultimo dei quali approvatodal Consiglio dei Ministri l’11 gennaio scorso, volti a consentire, tra l’altro, il rinnovodei Consigli Giudiziari e la costituzione del Consiglio Direttivo della Corte di cassazioneMi riferisco in particolare al Consiglio Superiore della Magistratura, la cuicollaborazione leale e fattiva voglio sottolineare con convinzione e gratitudine. L’organodi autogoverno ha contribuito concretamente all’attuazione della riforma, adottandotempestivamente atti amministrativi di fondamentale importanza, come l’elaborazionedei nuovi criteri per la valutazione dei magistrati, il conferimento di incarichi direttivi ela pubblicazione dei posti direttivi resisi vacanti a seguito delle disposizioni del nuovoordinamento sulla loro temporaneità. In soli quattro mesi il Consiglio Superiore haesaurito ben 117 procedimenti di conferimento di incarichi direttivi, a fronte di un datorelativo allo scorso anno nel quale, in nove mesi, sono stati esauriti soltanto 72procedimenti analoghi. Ancora molto resta da fare, basti pensare alla fase di avviodell’attività della Scuola Superiore della Magistratura, ma questo esordio è di ottimoauspicio per il futuro, che potrà continuare a giovarsi di un clima consensuale e diconcrete prassi collaborative instaurate con le strutture del mio ministero, migliorepremessa per l’attuazione del nuovo ordinamento. Anche questo non mi sembra unrisultato di poco conto rispetto al recente passato, nell’interesse del buon funzionamentodelle istituzioni e dei cittadini al cui servizio esse sono chiamate ad operare.

LA GIUSTIZIA CIVILE
I dati statistici riferibili al 2006 ed il dato tendenziale annuo rilevato a giugno 2007indicano una domanda globale di giustizia pressoché stazionaria rispetto all’anno 2005.Le cause iscritte nell’anno 2006 (dato stimato in relazione alle informazioni ancora nondel tutto disponibili) sono state 4.335.493 a fronte delle 4.330.305 iscritte nel corso del2005.
La capacità di risposta del sistema si è mantenuta costante, tenuto conto della ulteriorediminuzione, di circa il 3%, del numero di magistrati in servizio. Il numero diprocedimenti definiti nel 2006 è stato di poco inferiore a quello registrato nel 2005, e unandamento analogo si è riscontrato anche nel primo semestre del 2007.
L’aumento della pendenza però non è omogeneo tra gli uffici giudiziari. Se, infatti,presso i tribunali si registra un minimo incremento, l’aumento delle pendenze finali èassai rilevante presso le corti di appello (+11,04%) e presso i giudici di pace (+14,35%),per un totale complessivo superiore ai cinque milioni (stimato in 5.127.450 al 31dicembre 2006).
La giacenza media dei procedimenti civili varia da circa 980 giorni per la cognizioneordinaria di primo grado (ma occorre ricordare che quasi il 90% dei procedimenti inprimo grado finisce con la pronunzia della sentenza che non viene impugnata) a circa758 giorni per i procedimenti civili in materia di lavoro.
La situazione è più grave in corte di appello dove la giacenza media di un procedimentodi cognizione ordinaria è stato di circa 1.405 giorni nel 2006, mentre per le controversiedi lavoro è stato di circa 814 giorni, durata che si va a sommare a quella già accumulata

per il giudizio di primo grado.

Per il giudice di pace la giacenza media delle cause relative a risarcimento danni dacircolazione stradale si è attestata a circa 545 giorni nel 2006 mentre per le opposizioniavverso le sanzioni amministrative in materia di circolazione stradale si è giunti nelmedesimo periodo a 286 giorni.
Si tratta, evidentemente, di una situazione che necessita di interventi non ulteriormenteprocrastinabili al fine di invertire la tendenza e ripristinare parametri in linea con quellieuropei, avendo diritto i cittadini e gli operatori economici che vivono ed esercitano laloro attività nel paese ad un trattamento che assicuri parità di condizioni nel vivere e nelcompetere sul mercato.

LA GIUSTIZIA PENALE
Nel corso del 2006 si è riscontrata una riduzione dell’1,5% dei procedimenti iscritticontro noti e del 5% di quelli contro ignoti, confermando l’andamento già riscontrato nel2005. Nei primi sei mesi dell’anno 2007 tale andamento sembra essersi invertito, dalmomento che si è constatato un incremento delle sopravvenienze pari al 5%relativamente ai procedimenti iscritti contro noti e del 6% per quelli contro ignoti.Per quanto riguarda i procedimenti sopravvenuti dinanzi a tribunali si deve registrareuna diminuzione nel corso del 2006 del 2,5% per quelli collegiali e del 3% per quellimonocratici.
Nel corso del 1° semestre 2007 si è registrato, invece, un incremento del 7.5% per iprocedimenti da trattare innanzi al collegio ed una riduzione dello 0,5% per quellimonocratici. Relativamente ai procedimenti innanzi al giudice di pace si è registrata unadiminuzione del 5% di procedimenti iscritti nel 2006 ed un incremento del 10% inrelazione a quelli iscritti nel 1° semestre 2007.
Per quanto riguarda i giudizi di appello si è riscontrato un incremento dei procedimentiiscritti nel 2006 rispetto al 2005 del 4% mentre si è registrata una diminuzione di circa il9% nel primo semestre del 2007.
Innanzi alle procure sono stati definiti più procedimenti rispetto a quelli iscrittirelativamente ai procedimenti contro noti, mentre la definizione dei procedimenti controignoti si rivelata inferiore al numero di quelli iscritti.Per quanto riguarda i tribunali sono risultati definiti un numero di procedimenti di pocoinferiore a quello dei sopravvenuti. Innanzi alle Corti di appello nel 2006 sono statidefiniti una quantità di procedimenti del 15% inferiore a quella dei sopravvenuti, mentreil dato del primo semestre del 2007 appare più confortante, risultando definiti il 10% inpiù di procedimenti rispetto a quelli iscritti. La positività del dato non va sopravvalutata,poiché deriva pressoché interamente dalla riduzione del 10% dei procedimentisopravvenuti.
Innanzi al giudice di pace nell’anno 2006 vi è stato un notevole peggioramento, inquanto malgrado la riduzione del 5% delle sopravvenienze, il numero dei procedimentisi è ridotto del 20% rispetto ai definiti dell’anno 2005, determinando un ìncrementodelle pendenze a fine anno di circa il 30%. Nel corso del primo semestre del 2007 lesopravvenienze sono aumentate del 10% mentre le definizioni sono state del 20%inferiori alle sopravvenienze, producendo la crescita della pendenze al 30 giugno 2007di un ulteriore 10%.
La giacenza media in giorni dei procedimenti è aumentata per tutte le tipologie diufficio, tranne che per le procure della Repubblica ove per i procedimenti in cui l’autoreè noto diminuisce dai 469 giorni del 2005 ai 457 giorni del 2006. La variazione piùelevata si registra per le corti di appello ove la giacenza media passa dai 622 giorni del2005 ai 681 giorni del 2006.
Notevole è risultata la variabilità tra il periodo di giacenza dei procedimenti tra i singoliuffici, che risente anche della collocazione territoriale e delle dimensioni. Nel caso dellecorti di appello si passa, ad esempio, dai 260-270 giorni per le corti di Palermo eCatanzaro, agli oltre 1.300 giorni di Ancona e Venezia, a fronte della già ricordatamedia nazionale di 681 giorni.
Anche nel settore penale gli indicatori denunziano, tenuto anche conto della intervenutariduzione del numero di magistrati in servizio, la necessità di interventi non piùdifferibili per garantire la ragionevole durata del processo evitando che la vera sanzionesia costituita dalla pendenza del giudizio piuttosto che dalla pena conseguente algiudizio stesso.

LA GIUSTIZIA MINORILE
Il sistema penale minorile si pone come frontiera avanzata nella gestione dei complessiproblemi derivanti dai fenomeni migratori, e dall’incontro-scontro di culture diversenella vita di persone in via di formazione, rese permeabili ad ogni influsso negativo dacondizioni sociali quasi sempre precarie.
La presenza di stranieri nel sistema è ancor più prevalente di quanto non sia per gliadulti (54% degli ingressi in istituto penale e 40% degli ingressi in comunità diaccoglienza), ed è spesso complicata dalla presenza di minori non accompagnati, deltutto privi di riferimenti familiari noti.
Viene osservato un deleterio fenomeno di assimilazione, da parte dei minori straneri,dei comportamenti devianti tipici delle società occidentali avanzate, come l’uso disostanze tossiche; ed è più frequente la sinergia tra queste suggestioni del paeseospitante e altri comportamenti illeciti istigati o tollerati dagli adulti dell’originarionucleo affettivo.
Non sono affatto certo che l’abbassamento della soglia dell’età punibile sia un rimedioefficace per queste linee di tendenza, e non esistono studi teorici, né evidenze statisticheriprese da esperienze straniere, che dimostrino l’utile praticabilità di una strettarepressiva verso i minori di quattordici anni. Tuttavia non ho pregiudizi, e di fronte aposizioni serie, fondate su argomenti solidi e non sulla voglia irrazionale di esibire ilbraccio violento, non rifiuterei la discussione.
L’evidente relazione tra delinquenza minorile e immigrazione ci fa muovere invece condecisione verso politiche che mirano a responsabilizzare, quando possibile, i paesi diprovenienza, e a coinvolgerli nel trattamento dei minori devianti. In questo senso è statogià sottoscritto un protocollo generale d’intesa con la Romania, e sono a buon punto inegoziati con quella nazione per un accordo che consenta il rimpatrio dei minori nonaccompagnati coinvolti in Italia in vicende penali.

LA MAGISTRATURA ONORARIA
Nei dati relativi al processo penale e civile spicca il trend negativo che interessa iprocedimenti trattati dalla magistratura onoraria, evidentemente investita da unadomanda di giustizia che per quantità e tipologia non è più dimensionata alla suaconsistenza e alla sua vocazione professionale. Sono trascorsi ormai oltre undici annidall’inizio della attività degli uffici del giudice di pace, e i tempi appaiono maturi sia pereseguire un serio bilancio della attività svolta, sia per operare i necessari correttivi direttia potenziare la efficienza ed efficacia dell’azione ed al tempo stesso per accentuare laprofessionalità del magistrato onorario. Abbiamo pensato a misure che consentano unrapido riequilibrio della capacità di risposta degli uffici di primo grado alla domanda digiustizia, avendo cura di utilizzare tutte le risorse disponibili in un unico sistemacoordinato, che rispetti il radicamento delle istituzioni giudiziarie nel territorio e tengaconto del fatto che le decisioni tendono a consolidarsi in primo grado in misuracomplessivamente pari al 90%.
Il disegno di legge di riforma della magistratura onoraria, in attesa di approvazione daparte del Consiglio dei Ministri, si muove su tre direttrici fondamentali.
La prima consiste nella creazione di uno status unitario dei magistrati onorari,accentuandone la professionalità mediante un sistema di selezione e aggiornamentoprofessionale permanente unito ad un rigoroso sistema di valutazione della attività

svolta.

La seconda consiste nell’unificazione presso il tribunale ordinario di primo grado dellecompetenze attualmente attribuite agli uffici del giudice di pace. Per effetto dellaintroduzione dell’ufficio unico di primo grado le attività e l’utilizzazione di tutti imagistrati, ordinari e onorari, diviene oggetto dei provvedimenti di organizzazionetabellari che tengono conto della esigenza della conservazione della giustizia di paceprevista dall’articolo 116 della Costituzione; ciò consente d’altra parte di coinvolgereanche le Regioni nella complessa organizzazione, così da concorrere ad ottimizzare leprestazioni, potendo ciascun giudice essere addetto a più sedi in relazione alle concretenecessità.
La terza direttrice consiste nella individuazione di una organizzazione in grado diaggredire l’arretrato formatosi negli uffici giudiziari sia nel settore civile che in quellopenale entro un periodo di tre anni, utilizzando nella definizione di tale contenzioso

 

anche la magistratura onoraria, sulla base di progetti che tengano conto della tipologia dicontenzioso cui gli stessi possono essere addetti.

LA POLITICA PENITENZIARIA
Nelle carceri italiane erano presenti, il 7 gennaio 2008, 48.788 persone detenute, quasidiecimila in più della cifra minima toccata nel settembre 2006, pari a 38.326. E’ un datoelevato, ma tollerabile dal nostro sistema, che non avrebbe invece potuto sopportare leoltre 72.000 presenze che oggi si registrerebbero se non si fosse adottato ilprovvedimento d’indulto. Al cui proposito voglio ancora rimarcare la strumentalità dellepolemiche condotte a lungo, con argomenti faziosi, contro la maggioranza e contro ilMinistro della Giustizia. La situazione di oggi ci rende ancora ragione dellaindifferibilità di quella misura, mentre il tasso di recidivi presenti nelle carceri è pari al42%, contro il 48% prima dell’indulto.
Nel corso del 2007 l’attività di recupero edilizio e ristrutturazione condotta dal DAP haconsentito l’acquisizione di 426 nuovi posti, e nel 2008 si conta di recuperarne altri1980. La pianificazione del triennio 2009 – 2011 mira ad ulteriori 2400 posti, e per ilperiodo ancora successivo a 2579 posti, per un totale in incremento di 7385 posti, cheporteranno un aumento complessivo della capienza tollerabile di oltre 11000 posti.Tuttavia, una visione meramente quantitativa dei problemi penitenziari sarebbe miope, enon funzionale al bene prezioso della sicurezza. Dopo la detenzione, che comunque haun termine, non possiamo riconsegnare alla società la stessa persona, magari ancor piùesacerbata e pericolosa.
E’ perciò che l’ampiezza delle prigioni non esaurisce l’impegno dello Stato verso ilcondannato, che deve allargarsi alla vigilanza e al trattamento rieducativo. D’altra parte,la prigione non è l’unico immaginabile modo di custodire e rieducare la persona, masolo quello più dispendioso e più sofferto.
Consapevoli di ciò, stiamo attrezzando la nostra Polizia Penitenziaria per gestire inproprio le fasi dell’esecuzione penale esterna, consistente in tutte quelle forme ditrattamento alternative al carcere che obbligano il condannato all’osservanza di divieti odi comportamenti prescrittivi, e che quindi presuppongono la presenza di un’autoritàvigilante, e controlli stringenti sul rispetto dell’esecuzione.
In materia di custodia domiciliare, sia a titolo cautelare che di espiazione di pena, stapartendo in questi giorni la sperimentazione di 400 braccialetti elettronici, cheassicureranno continuativamente la localizzazione della persona interessata sul luogo didetenzione e renderanno impossibili i comportamenti elusivi. La garanzia di efficaciaderivante da questo controllo permanente consentirà alla magistratura di utilizzare conmaggiore fiducia, e migliore profitto per le esigenze di tutela della collettività, le misurealternative alla detenzione in carcere.
Nell’accostarci ai problemi del carcere, vediamo quanto essi siano inscindibilmenteintrecciati a quelli della funzionalità dell’apparato giudiziario. La lunghezza dei processipenali articolati in tre gradi di giudizio si pone come causa di due fenomeni negativi: lapresenza eccessiva di persone non condannate con sentenza definitiva, e un eccesso diingressi in carcere con brevissimo turn-over. Il tutto è aggravato da un diritto penale diconcezione ormai datata, che considera il carcere la sanzione preferenziale di qualsiasicomportamento illecito.
La prigione non reca così alcun beneficio al singolo in termini rieducativi, e nonprotegge la collettività, minandone la fiducia nella capacità punitiva del sistema penale.La politica penitenziaria è perciò, per larga parte, politica del diritto e del processopenale.

LE PROFESSIONI
Intorno all’assetto di quelle che tradizionalmente chiamiamo professioni liberali è datempo in corso un dibattito serrato, nel quale si confrontano opinioni anche moltodistanti. Intanto, la direttiva comunitaria del 2005, attuata con decreto legislativo, haconferito autonomo rilievo alle associazioni professionali, la cui figura si affianca agliordini di categoria. Ritengo però che il sistema degli ordini professionali conservi unasua specificità, e che la sua nuova regolamentazione, proposta con apposito disegno dilegge, sia l’occasione per trasformare le garanzie corporative in vincoli a favore dellacollettività. Deve essere accentuata la garanzia della qualità del servizio, devono essereridotte le asimmetrie informative e i costi sociali recati da prestazioni non sempreadeguate. Solo con questo salto di qualità sarà possibile aprirsi al futuro e al mercatoglobale, con un potenziamento della qualità dell’offerta che potrà tutelare iprofessionisti italiani dalla concorrenza intracomunitaria.
La regola vale anche per la professione forense, che ci è cara tra tutte, perché ècoessenziale al concetto di giustizia. Il suo malessere progredisce con quello dell’interosistema giudiziario, dal quale si contagia, ed al quale propaga i malanni suoi propri.Abbiamo studiato con tutte le rappresentanze dell’avvocatura una riforma profonda delsistema d’accesso, che possa garantire agli utenti la qualità dell’apporto professionale, eal singolo professionista una maggiore serenità.
L’importante è mettere da parte qualsiasi egoismo di categoria e guardare avanti senzaarroccamenti, con la consapevolezza che il futuro immediato eserciterà sul nostrosistema pressioni irresistibili verso la semplificazione amministrativa, l’efficienza,l’accelerazione delle decisioni giudiziarie, l’effettività delle pronunce.
Gli standard ai quali adeguarci non sono più elaborati in casa, ma negli organismiinternazionali e comunitari, e nei mercati di tutto il mondo, che misurano l’efficienza delsistema-Paese attraverso i tassi di criminalità e l’efficacia della protezione dei diritti acontenuto economico.
Riguardo al Notariato, altra storica collocazione del giurista, ho assecondato conconvinzione la spinta riformatrice che viene dall’interno della professione, ed intendoaccompagnarla con conseguenti atti amministrativi.
Mi riferisco in primo luogo alla revisione della tabella notarile, che è già stata definitautilizzando la percentuale massima di incremento delle spese di studio e che comporteràquindi un aumento complessivo degli organici di 960 unità.
Mi riferisco inoltre alla volontà di attuare tale misura mediante una rapida e progressivacopertura dei posti in organico, da realizzarsi con la messa a concorso dei nuovi posti inun breve lasso di tempo, quindi secondo cadenze serrate e per consistenze numeriche

adeguate per ogni singolo concorso.

Intendo al riguardo bandire un nuovo concorso per almeno 400 posti entro i primi mesidel 2008.
Mi riferisco infine all’ampliamento territoriale delle attuali possibilità di esercizio dellafunzione.
Si tratta di provvedimenti di non poco conto perché costituiscono le premesse perrafforzare un notariato “aperto” alle esigenze del territorio e disponibile a ritoccare i suoiconfini, che da “chiusi” diventano via via programmati, rimuovendo anche l’ultimo deisospetti di corporativismo che hanno pesato così a lungo sulla categoria.

LE INIZIATIVE DEL GOVERNO
Come ho detto, nel 2007 il Governo ha determinato e proposto un quadro completo dicoerenti iniziative legislative. Loro obiettivi fondamentali sono, da un lato, la riduzionedei tempi dei processi e il recupero di efficienza del sistema e, dall’altro, la sicurezza deicittadini di fronte alla commissione di reati gravi e la tutela dei loro diritti.
Dunque, un anno fa vi avevo illustrato i miei propositi ed il mio progetto per la Giustiziaitaliana e la soluzione dei suoi antichi e gravi problemi.
La scaletta era insieme semplice e molto ambiziosa. Indicai in primo luogo il prioritarioimpegno del Governo sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, consentita dalla leggedi sospensione già adottata, ed invocai l’impegno di tutte le forze politiche al fine diconsentirne l’approvazione entro il successivo 31 luglio.
Sottolineai quindi l’urgenza degli interventi volti alla semplificazione e all’accelerazionedei processi civili e penali, da inquadrarsi in una prospettiva di più lungo periodo, inquanto preparatori dei successivi interventi di sistema ulteriormente risultanti dai lavoridelle Commissioni ministeriali da me istituite.
Prefigurai infine la necessità di innovative misure di organizzazione e razionalizzazionedella macchina giudiziaria e la correzione delle cosiddette “norme ad personam”.Ebbene, il 2007 è stato l’anno della riforma dell’ordinamento giudiziario e dellatraduzione del complessivo progetto del Governo in precise iniziative legislative.Voglio qui ricordare innanzitutto il DDL sull’accelerazione del processo civile,presentato al Senato nello scorso mese di aprile 2007, che costituisce a mio avviso unprovvedimento assolutamente prioritario per la semplificazione del rito e lavelocizzazione delle procedure. Esso non ha l’ambizione di proporre l’ennesima riformadell’intero processo, ma introduce meccanismi acceleratori concreti e immediatamentepraticabili, fondati su pochi e chiari criteri guida:
responsabilizzazione dei magistrati anche attraverso programmi di produttività;accentuazione del principio di lealtà processuale, così da responsabilizzare tutti iprotagonisti dell’iter giurisdizionale;
valorizzazione della conciliazione giudiziaria, con previsione di sanzioni per il rifiutoingiustificato di proposte conciliative;
concentrazione delle udienze e più accurata scansione dei tempi nel compimento di attiprocessuali, compreso l’espletamento di consulenze tecniche;

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