Avvocati, dalle mozioni di Bari una spinta alla riforma
La cifra del XXXI Congresso Nazionale Forense, intitolato “L’Avvocatura per una democrazia solidale. Il Cittadino prima di tutto”, è nei numeri di due mozioni. Con 747 voti favorevoli, 308 contrari e 21 astenuti, l’assemblea congressuale ha approvato la mozione che dà mandato al Consiglio Nazionale Forense ed all’Organismo Unitario dell’Avvocatura “di porre in essere tute le azioni necessarie per conseguire l’immediata approvazione della riforma nel testo approvato alla Camera dei Deputati”. Il Congresso, però, con 704 voti favorevoli, 298 contrari ed 86 astenuti, ha anche approvato la mozione presentata dalla Associazione Italiana Giovani Avvocati ed ha deliberato “di richiedere al Parlamento, al Governo e a tutte le forze politiche la rapida approvazione della legge di riforma dell’Ordinamento forense entro questa legislatura, per modernizzare la figura dell’avvocato ed il suo ruolo socioeconomico, nell’alveo dei principi cardine della professione forense”, ma, al contempo, di impegnare gli organi di rappresentanza della categoria affinché siano modificate, nella prossima legislatura, le disposizioni dell’attuale disegno di legge in materia di “governance”, formazione continua, specializzazione ed accesso. Pur essendo state presentate dai delegati circa cinquanta mozioni, alcune delle quali dichiarate inammissibili, altre accorpate, ed altre ancora approvate e concernenti temi socialmente molto rilevanti quali il sovraffollamento delle carceri (con l’auspicio di una amnistia e di una efficace depenalizzazione) e le pari opportunità, l’attenzione si è concentrata su quelle squisitamente politiche e concernenti la riforma. C’era da attenderselo, tanto più dopo che la Camera, alla vigilia del Congresso e dopo un lungo immobilismo, aveva deciso di accelerare l’iter di deliberazione del disegno di legge, approvandolo con emendamenti. L’esito congressuale non era scontato ma non ci pare possa prestarsi a diverse interpretazioni perché il voto è stato un referendum sulla legge professionale e l’Avvocatura, con numeri quasi plebiscitari, si è espressa in senso favorevole alla immediata approvazione dell’attuale testo. Il consenso ottenuto dalla mozione dell’Aiga, però, deve far riflettere. La categoria forense vuole la legge e la vuole oggi perché sa che, perdendo il treno di questa legislatura, rischia di vedere definitivamente sfumare il suo ammodernamento nel solco della tradizione e di rimanere definitivamente accomunata alle altre professioni intellettuali e assoggettata ad una potestà normativa di rango secondario. Allo stesso tempo, tuttavia, il ceto forense è altrettanto consapevole della necessità che già dalla prossima legislatura, se finalmente l’Avvocatura avrà un nuovo ordinamento, dovrà mettersi mano al testo rimuovendo quelle criticità che i Giovani Avvocati e la stragrande maggioranza dei congressisti hanno individuato in quattro punti: 1) nel governo della categoria, che non è ispirato alla regola democratica di “un avvocato un voto”; 2) nell’obbligo di una formazione permanente che concederebbe un enorme vantaggio competitivo agli avvocati più anziani perché il disegno di legge li esonera dall’aggiornamento e dai relativi costi; 3) nell’introduzione delle auspicate specializzazioni che, però, la legge affiderebbe alle Università, in tal modo espropriando i Consigli degli Ordini di questa centrale funzione formativa; 4) ed infine nell’accesso alla professione forense, che il disegno di legge non affronta in modo efficace attraverso la introduzione del numero programmato nelle facoltà di giurisprudenza, così fallendo l’obiettivo di arginare la crescita ulteriore degli iscritti agli albi, i cui numeri oramai costituiscono una vera piaga sociale che ha nella precarizzazione e nella proletarizzazione del lavoro intellettuale il suo massimo paradigma. Adesso la palla passa alla classe politica, la quale non potrà avere più alcun alibi. Al netto di una fisiologica minoranza che è contraria senz’altro perché vorrebbe sin d’ora un testo migliore dell’attuale, rimanendo vaga, però, sui contenuti e troppo fiduciosa che il disegno di legge riscritto sarebbe sicuramente migliore di questo e maggiormente condiviso, il messaggio spedito dal Congresso al Senato è di una chiarezza senza precedenti anche sul grado di unitarietà della Avvocatura. Tuttavia gli oltre duecento emendamenti al testo approvato dalla Camera, che sono già stati presentati a Palazzo Madama, potrebbero rappresentare un serio ostacolo al definitivo semaforo verde. Sarebbe il tradimento delle promesse fatta da tutti gli schieramenti politici all’Avvocatura ma, soprattutto, sarebbe mortificata la legittima aspettativa dei cittadini di poter fare affidamento in una classe forense più preparata e qualificata.Questo disegno di legge, se approvato, non sarebbe sufficiente, ne siamo consapevoli, ma costituirebbe una necessaria base intermedia verso l’elevamento professionale della categoria.
Fonte: Guida al Diritto |