25.03.2010. -La valutazione di chi ha ottenuto il titolo di «abogado» – niente automatismi sui legali «made in Spain» –
Il viaggio di ritorno dalla Spagna — terra promessa per l’aspirante avvocato dove (ancora per un anno) ci si abilita alla professione forense senza bisogno di praticantato nè esame di Stato — rischia di farsi accidentato per molti abogados italiani. Il parere del Consiglio nazionale forense che invita a vagliare caso per caso e senza automatismi le omologazioni di italiani emigrati in cerca di una “scorciatoia”, e la levata di scudi dell’Oua contro la moltiplicazione di agenzie esiti web che promettono, dietro compenso, un iter di abilitazione rapido e semplice, spariglia le posizioni degli Ordini forensi locali. Nel suo parere, infatti, il Cnf pur ricordando che non esiste nel diritto positivo una procedura per verificare la “frode” del diritto comunitario – fa riferimento a una sentenza della Corte Ue (C-311/06, Cavallera) che “bocciò” un analogo percorso di un italiano in Spagna (un ingegnere). In pratica, non è invocabile il riconoscimento delle qualifiche Ue (direttiva 2005/36) se l’interessato non ha sostenuto all’estero nè un esame nè un’esperienza professionale. «Otto anni fa siamo stati il primo Ordine a emettere una delibera per negare l’iscrizione all’Albo degli italiani che tornavano dalla Spagna con il titolo saltando l’esame di Stato — spiega il presidente dell’Ordine di Bologna, Lucio Strazziari — ma il Cnf ci fermò. La legge non ci supportava. La nuova sentenza Ve e il parere del Cnf ci portano a dire che d’ora in poi esamineremo a fondo, e nel caso negheremo l’iscrizione degli italiani di ritorno dalla Spagna al solo fine di abilitarsi. Si tratta comunque di un paio dicasi all’anno». Diversa l’interpretazione a Milano. «La pratica è deprecabile — ha affermato il presidente dell’Ordine lombardo, Paolo Giuggioli — ma se la documentazione è in regola e gli esami accademici in Spagna sono stati tutti regolarmente sostenuti, io devo applicare la direttiva 2005/36 e non posso “discriminare”tra un abogado italiano e uno spagnolo. E comunque in 10-15 anni non ne ho visti più di 30 a Milano». Intanto, Maurizio de Tilla (Oua) affila le armi: «In questi giorni sui principali giornali sono apparsi degli annunci pubblicitari ingannevoli che offrono il titolo di avvocato aggirando le procedure italiane e invitando a “emigrare” in Spagna». Nei prossimi giorni, conclude de Tilla, «studieremo la possibilità di un ricorso alle vie legali per pubblicità ingannevole e, se ci sono gli estremi, anche sul piano civile e penale». Tuttavia, la realtà resta lontana dai grandi numeri. È vero che all’ambasciata spagnola sono giunte, solo nel 2009, 3 mila richieste per avviare l’iter di riconoscimento; ma poi in Spagna vanno sostenuti almeno 8 esami tra civile,penale (in tutto 4),le rispettive procedure, diritto costituzionale e del lavoro. Le sessioni per stranieri non sono più di una o due l’anno per università, e nella maggior parte prevedono prove scritte e orali in spagnolo, oltre all’esame integrativo che dovrà essere sostenuto al ritorno al Cnf. Sebbene il Cnf abbia cifre del 2007, gli abogados italiani iscritti agli Albi dovrebbero essere un centinaio. «Nella tornata 2009— conclude il Cnf- su 33 candidati comunitari (stranieri e italiani) solo sono stati ammessi all’orale». Laura Cavestri Fonte: Il Sole 24 Ore |