21.10.2009.- VITO DATTOLICO, IL COORDINATORE DEI GIUDICI DI PACE DI MILANO

VITO DATTOLICO, IL COORDINATORE DEI GIUDICI DI PACE DI MILANO

Un’intervista per spiegare le funzioni e l’attività di questo “speciale” organismo di Giustizia

Innanzitutto diciamo chi è un ‘Giudice di Pace’ e quali sono i suoi compiti…

“Il Giudice di Pace è un cittadino munito di laurea in giurisprudenza. Opera per mediare e risolvere casi giudiziari un tempo gestiti dal pretore, sia in ambito civile che penale. Si differenzia dal giudice tradizionale perché non deve sostenere gli esami per magistrato ordinario, trattandosi di un concorso per titoli bandito dal Ministero della Giustizia.”

Si dice ‘Giudice di Pace’ ma, in realtà, è una figura “non togata”…

“Questa affermazione non è corretta, in quanto il magistrato onorario e quello ordinario svolgono le stesse funzioni. Inoltre il Giudice di Pace indossa la toga nelle cause penali, così come i giudici ordinari.”

Quanto dura il mandato di un ‘Giudice di Pace’?

“La legge attuale prevede tre quadrienni, quindi, 12 anni, fino al compimento dei 75 anni. Ogni quattro anni, però, il CSM tramite apposite commissioni, caratterizzate anche dalla presenza di giudici di pace, svolge le verifiche di ‘qualità’ e ‘quantità’ dell’attività di un determinato giudice per poterlo confermare.”

E una volta trascorsi i 12 anni?

“La sua attività cessa.”

Non è quindi un lavoro primario e stabile, che può essere svolto per tutta la vita…

“Direi di no. Lo si può definire un ‘secondo’ lavoro. Di solito sono previste 2 – massimo 3 – udienze la settimana, e comunque non più di 110 in un anno. L’attività viene sospesa dai primi di agosto a metà settembre. Come per tutti i magistrati.”

Quanti sono i ‘Giudici di Pace’ a Milano?

“In questo momento siamo in 116, ma dovremmo essere 180.”

Qualche settimana fa, peraltro, reclamava la necessità di assoldarne almeno 15 entro l’inverno…

“È vero. Al momento, però, non sono previste integrazioni.”

Il ‘Giudice di Pace’ decide in materia civile molte ‘controversie’ fra cui quelle concernenti beni mobili di valore non superiore a 5 mila euro; quelle non superiori a 20 mila euro per danni dipendenti dalla circolazione stradale e sanzioni amministrative (multe a vario titolo). Senza limite di valore, invece, le controversie legate a liti per l’uso di beni condominiali, rumori molesti, piante che invadono altre proprietà…

Quali sono i casi più frequenti fra i milanesi?

“Complessivamente abbiamo poco meno di 100 mila processi l’anno. Per il 25% i ricorsi riguardano le multe derivanti dalla circolazione stradale. Al secondo posto ci sono le controversie concernenti le assicurazioni e i pagamenti delle polizze. Al terzo gli incidenti stradali.”

Ci può raccontare l’episodio più curioso che le è capitato?

“Non posso farlo per motivi di riservatezza professionale. Per un Giudice di Pace – come per qualsiasi magistrato – ogni caso ha il valore di un altro.”

È facile riconciliare due litiganti?

“È difficilissimo. Ci si riesce qualche decina di volte l’anno.”

Motivo?

“Siamo italiani. E gli italiani sono molto litigiosi.”

Che differenza c’è fra ‘querela’ e ‘ricorso immediato’?

“Il ‘ricorso immediato’ è una nuova modalità processuale analoga alla querela ma più sbrigativa, che viene immediatamente attivata dalla Procura della Repubblica, a cui segue una rapida sentenza del Giudice di Pace.”

C’è rivalità fra voi e l’avvocatura tradizionale?

“Tutt’altro. L’avvocatura è componente essenziale dell’ordinamento giudiziario e spesso mette a disposizione mezzi e strumenti per risolvere al meglio il nostro lavoro.”

Cosa deve fare un milanese per rivolgersi al Giudice di Pace?

“Deve recarsi in via Francesco Sforza 23 dove troverà una serie di moduli da compilare per attivare le proprie istanze giudiziarie e per chiedere un appuntamento.  Purtroppo i tempi di attesa – vista la mancanza di personale – sono piuttosto lunghi. Comunque, per opporsi a una multa, basta trasmettere ricorso e verbale originale tramite una raccomandata postale.”

Da quanto tempo vive a Milano?

“Da 40 anni.”


Cosa le piace e cosa no della città?

“Mi piace il grado di civiltà e l’ospitalità di Milano. Quando sono arrivato nel ’68 i milanesi mi hanno subito accolto come uno di loro. Il sottoscritto, quindi, è la prova che Milano è esattamente l’opposto di una città razzista. Tutto ciò, nonostante il mio accento del sud, rimasto tale nonostante gli anni. Cosa non mi piace… probabilmente il traffico, un problema che si fatica a risolvere, soprattutto per l’animosità – a volte violenza comportamentale – di certi conducenti di veicoli che mal tollerano il codice della strada.”

Come vede la situazione immigrati? E cosa ne pensa del reato di clandestinità?

“È anche questa una situazione difficile. Sul reato di clandestinità posso solo dire che è un ‘reato istantaneo’: non occorrono, cioè, prove sacramentali per condannare un extracomunitario privo di documenti.”

Cogliendo l’occasione dell’intervista ha un messaggio da lanciare?

“Spero di rivedere presto i cancellieri. Ormai sono rimasti in pochi. Ma con loro le cause non si fanno.”

Fonte: milanoweb.com

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