04.01.2011. – Giustizia 2010, ecco le sentenze che hanno fatto dottrina

Al Palazzaccio il 2010 è stato un anno pieno di novità. Ma per avere sentenze che davvero fanno giurisprudenza e che dividono, come spesso avviene in questi casi, giudici e dottrina, bisognerà aspettare la metà di agosto. Con una ordinanza scarna depositata dall’aula “S”, quella delle inammissibilità, per lo più, la sezione tributaria ha sancito l’indeducibilità dei compensi degli amministratori di società, in barba alle recenti riforme legislative. Un fulmine a ciel sereno per i tributaristi che hanno letto e riletto le scarne motivazioni nella speranza di imbattersi in un passaggio che annullasse il principio affermato. Ma ci sono voluti altri quattro mesi per mettere tutti tranquilli. È di inizio dicembre, infatti, la notizia della marcia indietro, con una decisione con la quale la deducibilità dei compensi degli amministratori viene rafforzata anche con il concetto di insindacabilità della misura da parte dell’amministrazione finanziaria. Nei depositi della Cassazione si contano anche moltissime decisioni sull’affidamento dei figli che scandagliano in lungo e in largo la legge sull’affido condiviso con l’intento di colmare evidenti vuoti legislativi. Un punto fermo importante, che è anche un grande segno di civiltà, i giudici della Cassazione lo hanno fissato con una decisione di giugno secondo cui non sono idonei all’adozione internazionale gli aspiranti genitori che dichiarano esplicitamente di preferire bambini appartenenti a una determinata etnia. E ancora. A settembre la Suprema corte, dimostrando di essere al passo con i tempi, prende atto dei problemi creati dai social-network stabilendo che è punibile per stalking la persecuzione attuata con video e massaggi inviati su facebook. A novembre i giudici di Piazza Cavour ha invece depositato una decisione che ha fatto felici i professionisti confermando un orientamento del Cnf secondo cui gli slogan pubblicitari troppo suggestivi sono vietati agli avvocati. Una motivazione, questa, che potrebbe far saltare anche i negozi di legali, che ormai spuntano come funghi nella strade di molte città italiane. In particolare, secondo le Sezioni unite, è illegittimo, e sanzionabile, l’utilizzo, da parte degli avvocati, «di forme di pubblicità comparative attuate con messaggi di suggestione che inducono a ritenere, in modo emotivo e riflessivo, che valga la pena di visitare quello che appare uno studio legale aperto e accessibile, senza le formalità tipiche dello studio legale». E poi è arrivata un’importante decisione sull’amianto che tutela i lavoratori dalle conseguenze dei sempre più numerosi infortuni, responsabilizzando l’intero organo amministrativo. Non è ancora tutto. Nelle lunghissime motivazioni Piazza Cavour è andata ben oltre prevedendo la facoltà di qualunque associazione di lavoratori di chiedere i danni. Debora Alberici

Gennaio Adr, se non si raggiungono gli obiettivi vanno restituiti gli acconti • Il legale manca l’obiettivo? Gli spettano solo gli acconti. Al legale che non raggiunge l’obiettivo pattuito con il cliente per l’attività stragiudiziale spettano solo gli acconti concordati. È quanto si evince da una breve sentenza depositata dalla seconda sezione civile della Corte di cassazione, la n. 230 dell’11 gennaio 2010. In particolare, ha spiegato il Collegio nelle motivazioni, se, invero, il rapporto professionale che lega l’avvocato al cliente comporta un’obbligazione di mezzi e non di risultato, con la conseguenza che la prestazione va retribuita a prescindere dall’esito conseguito, in caso mancato raggiungimento dell’obiettivo, qualora sussistano intese sul corrispettivo, è legittima la retribuzione al professionista, dei soli acconti. • Sospeso il notaio che sfrutta il nome di un vecchio studio. Rischia la sospensione il notaio che usa il nome di un vecchio studio per accaparrarsi la clientela e per poi stipulare nel suo. La linea dura arriva dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 3 del 5 gennaio 2010, ha chiarito che questo tipo di attività sono equiparabili, anche dopo la liberalizzazione attuata dal decreto Bersani, a quelle svolte da un procacciatore di affari, da sempre sanzionato. «Il fenomeno dell’accaparramento di clienti,», si legge in un passaggio chiave della lunga sentenza, «realizzato mediante l’opera di un terzo procacciatore risulta tuttora esattamente prevista dal nuovo art. 31 del codice deontologico notarile, secondo cui nell’ambito del generale dovere di imparzialità il notaio deve astenersi, nella fase di assunzione dell’incarico, da qualsiasi comportamento che possa influire sulla sua designazione che deve essere rimessa al libero accordo delle parti, e che vieta al notaio di servirsi dell’opera di un terzo (procacciatore) che induca le persone a sceglierlo o di conferire al procacciatore l’incarico, anche a titolo non oneroso, di procurargli clienti giusta le ipotesi rispettivamente contemplate dalle lettere a) e b) della nuovo codice deontologico». Febbraio Marchi, la tutela parte anche prima del momento della registrazione • Marchio comunitario tutelato fin dalla domanda di registrazione. Rafforzato il marchio comunitario dopo la riforma dell’anno scorso. C’è infatti contraffazione anche nel caso in cui il marchio non è stato ancora formalmente registrato ma è stata presentata la domanda, completa «dei modelli di cui si rivendica l’esclusiva». La stretta arriva dalla Suprema corte di cassazione che, con una interessante sentenza depositata a febbraio di quest’anno (n. 4217) e destinata al servizio novità, ha accolto il ricorso della Procura di Novara riaprendo il caso del cubo magico. In sostanza l’azienda che ne aveva chiesto la registrazione non aveva seguito tutte le norme previste. Per questo nei confronti dell’imitatore italiano era scattato il sequestro e le accuse di contraffazione. Il Tribunale del riesame di Novara aveva invece annullato la misura. Contro questa decisione la Procura ha fatto ricorso in Cassazione e ha vinto. I giudici della seconda sezione penale lo hanno accolto con rinvio. Il sipario sulla vicenda verrà quindi chiuso nel Palazzo di giustizia di Novara che dovrà decidere secondo l’orientamento scandito dalla Suprema corte anche alla luce della riforma legislativa della scorsa estate. In particolare, secondo i giudic, la l. n. 99/09, non ha fatto altro che rafforzare la tutela del marchio comunitario. • Commette reato l’avvocato che allega al ricorso una raccomandata falsa. Commette reato l’avvocato che allega al ricorso presentato al Tribunale della documentazione falsa che lo aiuta a vincere la causa. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 5353 di ieri, ha reso definitiva la condanna nei confronti di un legale accusato di falso ideologico «per avere, quale avvocato di due lavoratori, allegato a due ricorsi presentati alla sezione lavoro, una falsa lettera raccomandata di impugnazione del licenziamento, requisito di ammissibilità dei ricorsi presentati dai suoi due assistiti, impugnativa del licenziamento in realtà concernente solo un altro lavoratore licenziato nell’occasione». Marzo Cause collettive con esito incerto, scatta il diritto all’equa riparazione • Equa riparazione anche in caso di cause collettive con scarse probabilità di vittoria. Ha diritto all’equa riparazione il cittadino che ha atteso troppo a lungo l’esito di un processo anche nel caso in cui sia stato parte di una causa collettiva o di una rivendicazione di taglio sindacale con poche probabilità di vittoria fin dall’inizio. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 8179 di marzo 2010, ha accolto il ricorso di un cittadino a cui la Corte d’Appello di Genova aveva negato l’equa riparazione per una causa collettiva, una rivendicazione sindacale, durata cinque anni invece di tre. Nonostante l’uomo, com’era prevedibile, abbia perso la causa, i Supremi giudici, decidendo nel merito, gli hanno accordato oltre 4mila euro di ristoro. La prima sezione civile ha motivato la decisione sostenendo che «in tema di equa riparazione ai sensi della legge n. 89 del 2001, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6; della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: sicché, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione – il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo secondo le norme della citata legge n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogni qual volta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente». • L’archiviazione delle accuse restituisce la facoltà di testimoniare contro il coindagato. Può testimoniare in un processo penale contro un coindagato la persona nei confronti della quale è stata poi disposta l’archiviazione. A questa conclusione sono giunte le Sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza n. 12067/10. Aprile Notifiche atti giudiziari, valide anche se fatte a persona diversa • Valida la notifica fatta a persona diversa dal destinatario anche se firma in modo illeggibile. La Cassazione semplifica le formalità richieste per le notifiche degli atti giudiziari. Sono infatti valide quelle fatte dal postino a persona diversa dal destinatario anche se questo ha firmato in modo illeggibile. Lo hanno sancito le Sezioni unite civili che, con la sentenza n. 9962 del 27 aprile 2010, sono state chiamate a decidere su una questione «della massima importanza» dalla terza sezione civile del Palazzaccio. Il Collegio ha chiesto in sostanza al Massimo consesso di Piazza Cavour di rimeditare

un vecchio orientamento che semplificava troppo, aveva sostenuto nell’ordinanza di rimessione, la questione delle notificazioni. Ma le Sezioni unite lo hanno invece confermato aderendo al principio secondo cui «se dall’avviso di ricevimento della notificazione effettuata ex art. 149 c.p.c a mezzo del servizio postale non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dall’art. 7, comma 2, della legge n. 890 del 1982, deve ritenersi che la sottoscrizione illeggibile apposta nello spazio riservato alla firma del ricevente sia stata vergata dallo stesso destinatario, la notificazione è valida, non risultando integrata alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 c.p. c.». • Le spese di viaggio per vedere i figli non riducono il mantenimento. Non può essere ridotto il mantenimento in favore dei figli se il genitore separato, per vedere il bambino ed esercitare quindi il diritto di visita, deve affrontare grosse spese di viaggio. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 9277 del 19 aprile 2010, ha accolto il ricorso di una mamma presentato contro la decisione della Corte d’appello di Firenze che aveva ridotto il contributo mensile dovuto dal padre naturale al suo bambino (affidata ad entrambe ma convivente con la madre), da 500 euro al mese a 350. Maggio L’onorario dell’avvocato è svincolato dalle sue richieste presentate in giudizio • Onorario dell’avvocato svincolato dalle richieste presentate in giudizio. L’onorario dell’avvocato si svincola dalle richieste presentate in giudizio. Infatti, il giudice, nel liquidare le spese, deve valutare se l’importo della domanda può essere un parametro di riferimento idoneo oppure «se si rivela del tutto inadeguato rispetto all’effettivo valore della controversia». È quanto affermato dalla Corte di cassazione che con la sentenza n. 13229. • Niente conferma della misura cautelare se la difesa non ha accesso alle intercettazioni. Il Tribunale del riesame non può confermare la misura cautelare sulla base delle intercettazioni se la Procura ha immotivatamente negato alla difesa una copia delle registrazioni. In un clima incandescente per il nuovo disegno di legge sulle intercettazioni le Sezioni unite penali della Corte di cassazione, con la sentenza n. 20300 depositata a maggio 2010, tornano sull’argomento con atteggiamento garantista in favore di chi è stato registrato. In particolare i giudici hanno accolto il secondo motivo del ricorso di un ragazzo indagato per associazione a delinquere. Il suo avvocato aveva chiesto di poter ottenere copia delle registrazioni dal momento che la misura cautelare si fondava esclusivamente sulle intercettazioni. Ma la sua istanza non era stata presa in considerazione. Così il legale ha presentato ricorso in Cassazione. Il Collegio, chiamato a decidere sui motivi presentati, ha però ravvisato un delicato contrasto di giurisprudenza sul punto da trasmettere al massimo consesso di Piazza Cavour. La questione è stata posta in questi termini, «quali effetti sulla procedura di riesame abbiano il diniego ingiustificato o il mancato esame da parte del p.m. della richiesta difensiva di ottenere copia delle registrazioni delle conversazioni o delle comunicazioni intercettate, le cui trascrizioni sintetiche (quali i c.d. “brogliacci di ascolto”) siano state poste a fondamento dell’ordinanza applicativa della misura cautelare personale». Giugno Adozioni, preferire un’etnia a un’altra è causa di inidoneità • Non sono idonei all’adozione internazionale i genitori che preferiscono una determinata etnia. Non sono idonei all’adozione internazionale gli aspiranti genitori che dichiarano esplicitamente di preferire bambini appartenenti a una determinata etnia. È quanto sancito dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione che, con la sentenza 13332 del 1 giugno 2010, hanno accolto il ricorso della Procura. In diciannove pagine di motivazioni, destinate fin da ora a far discutere e a dividere l’opinione pubblica, le Sezioni unite hanno bocciato qualunque forma di discriminazione verso i bambini da adottare e hanno chiarito che «il decreto di idoneità all’adozione pronunciato dal Tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 30 della legge n. 184 del 1983 e successive modificazioni non può essere emesso sulla base di riferimenti alla etnia dei minori adottandi, né può contenere indicazioni relative a tale etnia. Ove tali discriminazioni siano espresse dalla coppia di richiedenti, esse vanno apprezzate dal giudice di merito nel quadro della valutazione della idoneità degli stessi all’adozione internazionale». È la prima volta che la questione approda al Palazzaccio. Già il 28 aprile scorso la Procura generale di Piazza Cavour aveva fatto sapere che di non essere d’accordo con decreti di idoneità all’adozione internazionale da parte di aspiranti mamma e papà con preferenze sull’etnia dei piccoli. • Il consulente del lavoro può fare anche consulenza fiscale. Attività professionali ispirate alla “concorrenza e alla interdisciplinarità”. Infatti il lavoratore autonomo che fa consulenze fiscali (fra cui la tenuta della contabilità aziendale, le dichiarazioni dei redditi e la richiesta di certificati presso la C.C.I.A.A.) ha diritto a essere retribuito e ha titolo per agire contro il cliente per riscuotere la parcella, anche se non è un commercialista. È questo il principio affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 14085 dell’11 giugno 2010. Luglio Anche se cambia la giurisprudenza ricorso sempre ammissibile • Il cambio di giurisprudenza non rende inammissibile il ricorso in Cassazione. Non può essere dichiarato inammissibile il ricorso in Cassazione i cui motivi sono fondati su un orientamento giurisprudenziale superato dopo il deposito degli atti al Palazzaccio. In questi caso la parte ha diritto alla rimessione in termini. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 15811 del 2 luglio 2010, ha sottolineato come il giusto processo sia un principio da rispettare anche nel caso di cambio di orientamento giurisprudenziale. A gioco già iniziato, dicono in sostanza i giudici, non è giusto far pesare sulla parte un cosiddetto “revirement” messo in atto dai Consiglieri di Piazza Cavour. Il problema potrebbe esserci con la neonata sezione filtro, istituita solo quest’anno, che ha il compito di far scendere l’enorme contenzioso che arriva al Palazzaccio e che fra i motivi di inammissibilità avrebbe senz’altro potuto annoverare quello del cambio di indirizzo giurisprudenziale. • Procedimento di adottabilità senza difensore del minore nullo se il pregiudizio è effettivo. Nel procedimento di adottabilità la mancata o ritardata costituzione del difensore del minore rende nullo il giudizio solo in caso di effettivo pregiudizio. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 16870 del 19 luglio 2010, ha accolto il ricorso del tutore di un minore che si era costituito in ritardo nel procedimento di adottabilità. Dopo aver esaminato le riforme legislative sulla materia i giudici hanno affermato il principio secondo cui “alla ritardata costituzione del difensore del minore o alla mancata assistenza da parte di questo ad uno o più atti processuali in tanto può conseguire la dichiarazione di nullità dell’intero processo e/o dell’atto e di tutti quelli successivi, in quanto la parte interessata alleghi e dimostri il reale pregiudizio che la tardiva costituzione o la mancata partecipazione all’atto ha comportato per la propria effettiva tutela giurisdizionale». Agosto Condominio, tabelle modificabili a maggioranza qualificata • Tabelle millesimali modificabili a maggioranza qualificata. D’ora in avanti per l’approvazione delle tabelle millesimali non sarà più necessaria l’unanimità dei condomini ma sarà sufficiente la maggioranza qualificata. A dare la possibilità di modifiche più facili alle tabelle che sembravano quasi fossilizzate da una prassi consolidata sono state le Sezioni unite civili della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 18477 del 9 agosto 2010, hanno messo nero su bianco, dopo ventuno pagine di motivazioni, che “le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1139 c.c.”. Questo perché, ha spiegato il Collegio esteso, l’approvazione delle tabelle non è un contratto né un atto negoziale. In particolare gli Ermellini hanno chiarito che «la delibera che approva le tabelle non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino (…) ma solo come parametro di quantificazione dell’obbligo, determinato in base a una valutazione tecnica». La delibera che approva le tabelle, quindi, per la Cassazione sancisce «il risultato di una operazione tecnica (…) ragion per cui il semplice riconoscimento che le operazioni sono state compiute in conformità al precetto legislativo non può qualificarsi attività negoziale». • Il processo penale contro il lavoratore non stoppa la causa per mobbing. Il giudizio promosso dal lavoratore che chiede il risarcimento del danno da mobbing non dev’essere sospeso in attesa della fine della causa penale promossa dal datore di lavoro che contesta al dipendente degli illeciti. È quanto sancito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 18668 depositata lo scorso 13 agosto. Settembre Soci di snc in liquidazione, sì a costituirsi parte civile • Soci della snc in liquidazione legittimati a costituirsi parte civile. Anche i singoli soci di piccole aziende già in liquidazione possono chiedere i danni per conto dell’impresa. Possono cioè costituirsi parte civile nel processo. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 35001 del 28 settembre 2010. • Punibile per stalking la persecuzione con messaggi su Facebook. Facebook entra nel mirino degli inquirenti. È infatti punibile per

stalking la persecuzione attuata con video e massaggi inviati sui social network. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 32404 di settembre 2010, ha confermato la custodia cautelare per atti persecutori pronunciata dal Tribunale di Potenza nei confronti di un uomo che aveva inviato una serie di filmati a luce rosse e fotografie alla ex. Dopo aver avuto una relazione sentimentale con lei l’imputato aveva iniziato a mandarle foto e video che li ritraevano durante i rapporti sessuali. Uno di questi era stato inviato anche al nuovo compagno di lei. Dopo la denuncia era finito in carcere. Poi il Tribunale lo aveva messo agli arresti domiciliari. Contro questa decisione lui ha presentato ricorso in Cassazione ma senza successo. La sesta sezione penale, con una sentenza destinata alla “massimazione” ufficiale, lo ha infatti dichiarato inammissibile precisando che la persecuzione attraverso l’invio di video e messaggi tramite facebook è idonea a configurare il reato di stalking. In particolare gli Ermellini hanno motivato che sussistevano i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato del reato previsto dal nuovo articolo 612 bis del codice penale. Ciò perché, aveva motivato anche il giudice di merito, «i comportamenti persecutori erano iniziati proprio dopo la fine della relazione tra il ricorrente e la donna perseguitata, fine che questo non aveva voluto accettare». Ottobre Niente sigilli allo studio per l’avvocato inquisito • Niente sequestro dello studio per l’avvocato inquisito. Non scatta il sequestro sullo studio dell’avvocato accusato di attività illecite. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 36201 dell’8 ottobre 2010, ha annullato il sequestro dell’immobile adibito a studio legale di un professionista accusato di alcune truffe con l’assicurazione. Dopo il rinvio a giudizio le autorità avevano sequestrato all’uomo anche l’immobile nel quale svolgeva la sua attività di legale. Il Gip di Cosenza non aveva convalidato la misura. Su ricorso della Procura le cose erano andate poi diversamente di fronte al Riesame. Infatti, l’immobile era stato sequestrato. Contro questa decisione l’avvocato ha fatto ricorso in Cassazione e lo ha vinto. I giudici del Palazzaccio lo hanno accolto affermando che la connessione fra il tipo di reato posto in essere e lo studio è indispensabile per far scattare la misura cautelare. In proposito, si legge in sentenza, «va preliminarmente osservato che il ricorso alle norme generali in tema di sequestro preventivo, nei casi in cui quest’ultimo sia finalizzato ad impedire la protrazione dell’attività illecita, è necessaria la presenza di una correlazione indefettibile tra l’immobile e la commissione del reato, la quale sussiste quando l’immobile non è soltanto il luogo dove si compie l’attività illecita (in astratto realizzabile anche altrove), ma costituisce mezzo indispensabile per l’attuazione e la protrazione della condotta illecita». Detto questo la Suprema corte ha poi concluso affermando che «l’immobile adibito a studio legale per l’esercizio della professione di avvocato non può ritenersi collegato -in modo automatico- da un nesso strumentale diretto e immediato all’esercizio di tale attività, che è caratterizzata piuttosto dal rapporto fiduciario esistente tra il professionista ed il cliente e che può svolgersi in luoghi diversi. Non è pertanto consentito sottoporre tale immobile a sequestro preventivo, qualora non sussista un rapporto di pertinenzialità tra l’attività delittuosa e lo studio in cui la medesima viene esercitata». Novembre No alla pubblicità suggestiva per gli studi legali • Vietati agli avvocati gli slogan suggestivi. Rischia una sanzione disciplinare l’avvocato che, per fare pubblicità al suo studio, usa degli slogan “suggestivi” e forme di propaganda comparativa. Lo hanno stabilito le Sezioni unite civili della Cassazione che, con la sentenza n. 23287 del 18 novembre 2010, hanno respinto il ricorso di un avvocato di Brescia che aveva usato uno slogan (Alt, assistenza legale per tutti) che l’ordine aveva ritenuto troppo suggestivo. Per questo era stato censurato. Il Consiglio nazionale forense aveva confermato la misura che ora la Suprema corte ha reso definitiva. In sostanza, secondo i giudici di Piazza Cavour, è illegittimo, e sanzionabile, l’utilizzo, da parte degli avvocati, «di forme di pubblicità comparative attuate con messaggi di suggestione che inducono a ritenere, in modo emotivo e riflessivo, che valga la pena di visitare quello che appare uno studio legale aperto e accessibile, senza le formalità tipiche dello studio legale». • Infortuni sul lavoro, responsabile l’interno consiglio di amministrazione. Stretta della Cassazione sulle morti bianche per esposizione alle polveri di amianto. Possono chiedere direttamente anche i danni morali tutte le associazioni di fatto che rappresentano i lavoratori, pure quelle nate successivamente. Non solo. Nei casi di gravi inadempienze sulla sicurezza ne risponde l’intero consiglio di amministrazione. Sono questi i punti fermi raggiunti dalla Corte di cassazione (sentenza n. 38991 del 4 novembre 2010) sul tanto discusso tema dell’amianto e delle responsabilità delle aziende. • Avvocati: rimborso forfetario delle spese generali non liquidabile d’ufficio. Cambio di rotta della Cassazione sul rimborso delle spese generali agli avvocati:il giudice non lo può più liquidare d’ufficio, ma solo a seguito di apposita istanza del professionista. Lo ha stabilito la Suprema corte con la sentenza 24081 del 26 novembre 2010 in una controversia riguardante il sequestro giudiziario di alcuni fondi rustici. Il Tribunale di Ferrara aveva provveduto a liquidare il compenso professionale del difensore, senza includere il rimborso forfetario, poichè non espressamente richiesto. Dicembre Vietato timbrare il cartellino al posto del collega • Può essere licenziato il dipendente che timbra il cartellino del collega. Perde il posto il lavoratore che timbra il cartellino al posto del collega. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 24796 del 7 dicembre 2010, ha respinto il ricorso di un operaio di Campobasso che, una mattina, aveva timbrato al posto di una collega ancora nel parcheggio. Lui aveva impugnato la misura di fronte al Tribunale che gli aveva dato ragione. Poi le cose erano andate diversamente in secondo grado. La Corte d’Appello di Campobasso aveva infatti accolto il gravame dell’impresa sostenendo che un comportamento di questo tipo fa venir meno il rapporto fiduciario fra impresa e dipendente. • Niente equa riparazione per i processi tributari troppo lunghi. L’equa riparazione resta fuori dal processo tributario. Infatti, non ha diritto all’indennizzo il contribuente, parte di un procedimento troppo lungo nel quale è stata accertata la legittimità dell’accertamento e della base imponibile. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 24614 del 3 dicembre 2010, ha accolto il ricorso dell’amministrazione finanziaria. Il caso riguarda due società che avevano ricevuto pesanti accertamenti, con relative sanzioni. Dopo gli atti impositivi erano scattati tre processi di fronte alla commissione tributaria provinciale di Messina. Ma il procedimento era andato per le lunghe tanto da indurre i vertici aziendali a chiedere alla Corte d’Appello l’equa riparazione.

 

Fonte: Italia Oggi sette

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