14.07.2009 – Mancata riforma della categoria, scioperano i Giudici di Pace.

Astensione dalle udienze fino al 18 luglio, in autunno nuovi scioperi. Alla base della mobilitazione la mancata riforma della Giustizia di Pace e le gravi disfunzioni dovute alla carenza di personale a fronte di un forte aumento delle competenze civili e penali.

Giudici di Pace in sciopero, ancora una volta, per chiedere al governo la ‘normalizzazione’ della categoria e finalmente un inquadramento. Sono ancora tante le anomalie della condizione giuridica ed economica dei vecchi giudici ‘bagattellari’ e la gravità della situazione organizzativa ha superato ogni limite.

Per questo è stata proclamata una nuova astensione dalle udienze, dal 13 al 18 luglio, dall’Associazione nazionale e dall’Unione nazionale giudici di pace, per tornare su un tema sempre caldo e attuale: la mancata riforma della magistratura onoraria, sulla quale, si precisa “non è stato ancora avviato un confronto con la categoria nonostante l’impegno assunto, nel settembre 2008, dal ministro Alfano e dal sottosegretario Caliendo di superare l’attuale situazione di precarietà, che presuppone necessariamente il riconoscimento della rinnovabilità dei mandati fino a 75 anni e delle tutele previdenziali, retributive e ordinamentali previste dalla Costituzione”.

Gabriele Longo, segretario generale dell’Unione Nazionale Giudici di Pace, fa sapere che lo sciopero di luglio sarà soltanto l’inizio di un’azione destinata a non fermarsi. “Da ottobre – ha annunciato Longo – andremo a scioperi di due settimane”. In una conferenza stampa la magistratura di pace ha fatto il punto sulla propria condizione. Una condizione di attesa per la ‘normalizzazione’ della categoria e il superamento di quelle “anomalie nella natura e configurazione quale premessa indispensabile al normale svolgimento della funzione giurisdizionale. L’aumento delle competenze civili e penali – ha spiegato Longo – richiede una immediata soluzione dei gravi problemi organizzativi e una immediata normalizzazione della condizione dei giudici”.

Quello del mancato inquadramento, con i problemi sul fronte della continuità e della previdenza, è un tema sempre caldo e attuale, nonostante le tante proteste degli ultimi anni. Il giudice di pace non ha infatti assistenza per malattia, infortunio e maternità. Secondo quanto spiega il presidente dell’Associazione Nazionale, Francesco Cersosimo, ”ha gli stessi doveri del magistrato ma senza la continuità nell’incarico”. E ancora: ”Deve assicurare alta professionalità, ma non gli si offre alcun sostegno al suo impegno quotidiano. È retribuito a cottimo ed ad udienza, non percepisce indennità di aggiornamento e studio”.

“Si tratta – spiega Longo – di un discorso vecchio, ma nell’ultimo periodo l’organizzazione degli uffici è diventata drammatica, specie a Roma, Milano e Bari”. Per le pubblicazioni delle sentenze “si attendono anche 9 mesi – aggiunge – e nel caso di provvedimenti urgenti come la cartella esattoriale, il cittadino ha magari una sentenza favorevole ma non la conosce”.

Sull’introduzione del reato di clandestinità nel pacchetto sicurezza che porterà altro lavoro ai giudici di pace, Longo spiega che “da una parte queste nuove competenze sono gradite perchè vuol dire che la nostra attività è apprezzata, ma il governo non ci dà dimostrazione di questo gradimento. Ci prepariamo a affrontare il problema immigrati. Nella categoria ci sono giudici che chiederanno alla Corte Costituzionale una verifica di costituzionalità e ci saranno problemi. Se c’è un reato che non si sa mai quando è stato commesso è proprio quello dei clandestini”. Secondo una prima stima della categoria l’introduzione del ‘pacchetto sicurezza’ e l’aumento delle competenze civili e penali comporterà un aggravio che porterà a circa 2,5 milioni di provvedimenti l’anno. E ciò porterà “in breve alla paralisi degli uffici” e all’impossibilità, per i 2000 giudici che resteranno in servizio, “di espletare i propri doveri istituzionali”.

La giurisdizione di Pace è infatti sotto organico: i giudici sono solo 2.880 invece di 4.690 e gli enormi ritardi sono determinati dai ricorsi alle contravvenzioni. Su circa 1.100.000 procedimenti più di 800.000 sono ricorsi contro le sanzioni amministrative e di conseguenza aumenta in modo insopportabile l’arretrato del contenzioso. Assoluta insufficienza del personale amministrativo in servizio, carente del 50% ispetto alle necessità; c’è poi, si fa presente, una “irrazionale distribuzione dei giudici sul territorio, con enormi differenze dei carichi di lavoro da ufficio a ufficio (fino a 500 volte)”.

Secondo quanto spiega il presidente dell’Associazione Nazionale, Francesco Cersosimo, «ha gli stessi doveri del magistrato ma senza la continuità nell’incarico». E ancora: «Deve assicurare alta professionalità, ma non gli si offre alcun sostegno al suo impegno quotidiano. È retribuito a cottimo ed ad udienza, non percepisce indennità di aggiornamento e studio».

Fonte: Adnkronos

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