12.05.2010 – Riordino dell’avvocatura, il DDL va avanti a singhiozzo –
La riforma forense va avanti a singhiozzo. Ieri, l’aula del senato ha ripreso la discussione sul ddl di riordino dell’avvocatura a partire dagli emendamenti all’articolo 3 (doveri e deontologia). Alla fine, sono stati accantonati gli articoli 3 e 4 (associazioni e società tra avvocati e multidisciplinari) e approvati il 5 (segreto professionale), 6 (prescrizione per il domicilio) e 7 (impegno solenne). Dibattito rinviato a settimana prossima dalla conferenza dei capigruppo. Quanto agli articoli trattati, la discussione si è accesa in particolar modo sulla disciplina delle associazioni e società tra avvocati e multidisciplinari, con l’opposizione che però si è divisa sulla possibilità di inserire in uno studio legale il socio di puro capitale. «Il divieto della costituzione di società di capitali», ha detto Pietro Ichino (Pd), «è assolutamente impossibile nel momento in cui gli avvocati di tutta l’Unione europea possono esercitare la professione anche nella forma della società di capitali e possono farlo anche in Italia. Porre questo limite oggi agli avvocati italiani significa legare loro una mano dietro la schiena. Significa impedire agli investimenti la possibilità di produrre un apporto di capitali anche rilevanti nei confronti degli studi italiani, con il risultato che essi saranno meno competitivi nei confronti degli studi stranieri. L’invasione del mercato dei servizi forensi italiano da parte di studi stranieri organizzati in modo più moderno è già in atto; con tale norma noi favoriamo tale invasione». Di altro avviso, però, Luigi Li Gotti (Idv). «Affermata come principio una norma che disciplina la figura dell’avvocato», ha dichiarato, «riteniamo che l’ingresso del capitale nelle società faccia diventare prevalente il peso del capitale stesso rispetto al ruolo delle persone. Ecco perché siamo contrari alle società di capitali». Sulla stessa linea Franco Mugnai (Pdl). «Siamo contrari alle società di capitali per due ragioni fondamentali», ha spiegato, «la prima, perché si pone il rapporto fra cliente e professionista come fondamento della professione; la seconda, perché le società di capitali in realtà costituiscono una precisa fonte di limitazione di responsabilità nei confronti del cliente medesimo, in quanto rispondono esclusivamente dei limiti del capitale, sono tra l’altro assoggettabili alle procedure concorsuali e ben sappiamo tutto ciò cosa potrebbe determinare tra l’altro in un sistema come il nostro». Il relatore, Giuseppe Valentino, ha poi difeso il divieto di associazione dell’avvocato a due associazioni diverse. «Si vuole evitare qualunque ipotesi, anche potenziale, di conflitto di interesse o di incompatibilità», ha detto, «perché un’associazione può assistere un cliente che si trovi in collisione o in conflitto con altra associazione con cui lo stesso avvocato può avere legami». Gabriele Ventura Fonte: Italia Oggi |