12.02.09 – Esame avvocato, il voto non è sufficiente è necessaria la motivazione

La commissione per gli esami di avvocato non può limitarsi a valutare le prove scritte di un concorrente in forma numerica, senza consentire all’interessato di conoscere gli errori, le inesattezze o le lacune in cui la commissione sia eventualmente incorsa, così da potere valutare la possibilità di un ricorso giurisdizionale.
Questo è quanto ha disposto il Tar siciliano – Catania, Sezione IV, con la sentenza del 10 gennaio 2009 n. 36, contraddicendo all’orientamento della prevalente giurisprudenza del Cds.  
Nel caso in esame un partecipante all’esame di avvocato aveva chiesto l’annullamento del verbale redatto dai componenti della Commissione incaricata della correzione degli elaborati scritti e del conseguente provvedimento di non idoneità alla prova orale, emesso dalla stessa Commissione, lamentando la violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 in base al quale «Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti … lo svolgimento dei pubblici concorsi … deve essere motivato … La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria».  
Il Tar ha ritenuto di poter superare l’orientamento della giurisprudenza prevalente (Cfr. ex multis, Cons. Stato, IV, 1 febbraio 2001 n. 367; Cons. Stato, VI, 29 marzo 2002 n. 1786; Cons. Stato, VI, 10 gennaio 2003 n. 67; Cons. Stato, V, 21 novembre 2003 n. 7564; Cons. Stato, IV, 5 agosto 2005 n. 4165; Cons. Stato, V, 15 dicembre 2005 n. 7136) la quale, preoccupata di garantire la speditezza e l’economicità dell’azione amministrativa, ha sempre affermato che, anche dopo l’entrata in vigore della L. n. 241/1990, nelle procedure concorsuali l’attribuzione del punteggio numerico soddisfa l’obbligo della motivazione.
Secondo il Collegio, sebbene l’art. 23, comma 7, l’art. 24, comma 1, e l’art. 17 bis, comma 2, del rd 22 gennaio 1934, n. 37, come novellati dal dl 21 maggio 2003 n. 112, stabiliscano che, nel valutare le prove scritte dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato, la Commissione giudicatrice deve assegnare dei voti numerici ai singoli elaborati, rileva che al candidato deve essere ‘sempre assicurato il diritto di conoscere gli errori, le inesattezze o le lacune in cui ritiene che la commissione sia incorsa, sì da potere valutare la possibilità di un ricorso giurisdizionale’. 
 
Il rispetto di questo principio, difatti, impone che alla valutazione sintetica di semplice ‘non inidoneità’ si accompagnino quanto meno ulteriori elementi sulla scorta dei quali sia consentito ricostruire la motivazione del giudizio valutativo.  Nei casi di valutazione negativa, quindi, la competente Commissione è costretta ad un più attento esame degli elaborati, al fine di giustificare in maniera adeguata e puntuale il proprio operato, suscettibile di essere sottoposto al vaglio dell’Autorità giurisdizionale,”il che sicuramente rafforza l’osservanza del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Costituzione”.  Non solo.
I giudici amministrativi insistono affinchè l’art. 11, comma 5, del D.L.vo 24 aprile 2006 n. 166 -secondo cui «Il giudizio di non idoneità è motivato. Nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione»- pur essendo previsto per le prove scritte del concorso notarile, possa essere considerato applicabile a tutti i concorsi, essendo espressione del principio di trasparenza dell’attività della p.a., sancito, a livello normativo, dall’art. 3 della L. n. 241/1990 e, ancora prima, dall’art. 97, comma 1, Costituzione.
Francesca De Nardi
  

Fonte: Italia Oggi
 

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