05,03,2010. – Impugnazione. Applicazione estesa della nuova scadenza – la causa sul licenziamento va attivata entro 180 giorni –

L’articolo 32 del collegato lavoro contiene rilevanti novità sulla decadenza dall’azione di impugnazione del licenziamento e sulle conseguenze derivanti dalla nullità del termine apposto al contratto di lavoro. Fino a oggi, la legge assegnava al lavoratore un termine di decadenza di 60 giorni per impugnare il licenziamento. In altre parole, il lavoratore licenziato; inviando nei 60 giorni una semplice lettera al datore di lavoro, aveva poi cinque anni per proporre ricorso al giudice. Oggi, invece, la causa va iniziata entro 180 giorni dalla scadenza dei 60 giorni: quindi, in totale, entro 240 giorni dalla data del licenziamento.
I giorni, di calendario, si calcolano a partire dal giorno successivo ai licenziamenti norma precisa che, nel caso di conciliazione non raggiunta o di arbitrato rifiutato, il ricorso al giudice va depositato dal lavoratore entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
I termini di decadenza si applicano anche alla fattispecie del trasferimento del lavoratore (articolo 2103 del codice civile).Lo stesso vale nel caso in cui si agisca per ottenere l’accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro, peri contratti a termine già conclusi, con decorrenza dei termini dalla data di entrata in vigore del collegato. La norma si riferisce anche all’ipotesi di cessione del contratto di lavoro in seguito a un trasferimento di azienda (articolo 2112 del codice).
In questo caso, il termine decorre dalla data del trasferimento (o, – ma il testo non è chiaro – dalla data di entrata in vigore della legge qualora il trasferimento sia avvenuto precedentemente). Il regime delle decadenze si applica anche nel caso di somministrazione irregolare, ove il lavoratore somministrato agisca in giudizio nei confronti dell’utilizzatore. Infine, il regime vale per il recesso dai rapporti di collaborazione continuativa e coordinata e dai contratti a progetto, oltre che sulle controversie finalizzate all’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, da cui derivi la nullità del recesso (per mancanza di forma) o la sua annullabilità (per mancanza della motivazione) o la nullità del termine apposto. Infine, la norma cerca di rimediare a una giurisprudenza che aveva attribuito ingenti compensi ai lavoratori che, vincendo la causa relativa alta nullità del termine contenuto nel contratto di lavoro; si vedevano riconoscere tutte le retribuzioni tra il giorno della scadenza del termine invalido e la data dell’effettivo ripristino del rapporto. In questo modo erano premiati i lavoratori che tardavano, fino a cinque anni, a iniziare la causa. Inoltre, il datore di lavoro finiva per subire anche gli effetti della lentezza del giudizio. La norma ora limita l’importo che il lavoratore può ottenere a un massimo 12 mensilità (con un minimo di 2,5).
Troverà applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore del collegato.

Franco Toffoletto

 

Fonte: il sole 24 ore

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