Tribunale di Napoli, onere dell’appellante

Con la sentenza in esame, il Tribunale di Napoli ha rilevato che è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà, ex art. 76 disp. att. cod. proc. civ., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perchè questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, per cui egli subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell’altra parte, quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice di appello non ha quindi avuto la possibilità di esaminare
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI NAPOLI
SECONDA SEZIONE CIVILE
in persona del dr. Paolo Andrea Vassallo ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di appello iscritta al n. xxxx del R.G.A.C.C. dell’anno 2015, trattenuta in decisione nell’udienza del 19/01/2018, rimessa al Giudice per la decisione in data 9/4/2018 e vertente
TRA
DEUTSCHE BANK S.p.A., P. IVA 01340740156, con sede in Milano, alla Piazza del Calendario n. 3, in persona del legale rapp.te pro-tempore dott. Delfino Mirandola, come da atto di conferimento di poteri per notaio Alfonso Colombo di Milano, del 24.04.2013, Rep. n. 155.552, Racc. n. 26.220, elett.te dom.ta in Napoli alla Via xxxxxxxxxxxxxx, cap. xxxxxxxxxxxx, presso lo studio dell’avv. xxxxxxxxxxxxxx, C.F.xxxxxxxxxxxxxxx, che la rappresenta e difende in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione in appello (fax xxxxxxxxxxxxx indirizzo di posta elettronica certificata xxxxxxxxxxxxx).
– APPELLANTE –
E
yyyyyyyyyyyyyyyyyyy, nato a Napoli il yyyyy – C.F.: yyyyyyyyyyyyyy, residente in Napoli alla Via yyyyyyyy ed ed ivi elett/te dom/to al yyyyyyyyyyyyyyy, presso lo studio dell’Avv. yyyyyyyyyyy (CF: yyyyyyyyyyyyyy), che lo rappresenta e difende, in virtù di procura alle liti a margine della comparsa di costituzione e risposta in appello (fax yyyyyyyyyyyyy indirizzo di posta elettronica certificata yyyyyyyyyyyyy).
– APPELLATO –
CONCLUSIONI
All’udienza del 19/01/2018 le parti hanno concluso come da verbale in atti.
Per parte appellante: “1 – In accoglimento del I motivo di gravame accertarsi e dichiararsi che la Deutsche Bank ha dato esecuzione alla decisione dell’ABF, provvedendo alla chiusura del conto corrente n c/c yyyyyyyyyyyyyyyy, con decorrenza dal 10.12.2012 e che nel caso de quo non vi è stato un “vessatorio e indebito comportamento della Banca alla luce delle direttive della CEE a favore dei consumatori utenti ex art. 1469 bis c.c. 2 – In accoglimento del II motivo di gravame rigettarsi ogni domanda di cui all’atto di citazione. 3 – In accoglimento del III motivo di gravame accertare e dichiarare che la Banca ha adempiuto al pagamento di € 55,57 rimanendo solo debitrice di € 34,71, oltre interessi e spese dalla domanda. 4 – In accoglimento del IV motivo di gravame compensare tra le parti le spese e competenze di primo grado. 5 – Con condanna alle spese e competenze oltre CAP ed Iva del presente grado di giudizio”.
Per parte appellata “chiedendo il rigetto dell’appello ed insistendo per l’inammissibilità dell’appello come formulata in atti”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Viene in questa sede impugnata dalla Deutsche Bank S.p.A. la sentenza del Giudice di Pace di Napoli n. xxxxx/14 del 23.06.2014, non notificata con la quale il Giudice di prime cure ha, in accoglimento della domanda attorea, condannato la convenuta Deutsche Bank S.p.A., a pagare all’attore yyyyyyy la somma di € 58,85 (cinquantotto85) oltre interessi legali dalla domanda, e le spese del giudizio rigettando l’ulteriore domanda di risarcimento.
La pronuncia impugnata trae origine dalla domanda, proposta in primo grado dall’yyyyyyyyyyyyy contro l’odierna appellante con la quale l’yyyyyyyyyyy esponeva al Giudice di Pace che, avendo constatato che, nonostante il recesso del 10/12/2012 comunicato all’istituto di credito, il proprio conto corrente ITxxxxxxxxxxxxxxxxxx – intrattenuto con la Deutsche Bank Spa – era stato chiuso con conseguente addebito di spese, aveva depositato ricorso all’Arbitrato Bancario e Finanziario il quale si era pronunciato sul ricorso n. 0691637/2013 pervenuto il 19/07/2013, con decisione n.6261/2013, accertando l’illegittimità del rifiuto dell’intermediario di procedere alla chiusura del conto corrente ed affermando il diritto dell’yyyyyyyyyy ad ottenere la chiusura del rapporto di conto corrente a far tempo dal 10 dicembre 2012, al netto delle spese e imposte nel frattempo addebitate, fatte salve le operazioni nel frattempo disposte, precisando l’Arbitro che tra le spese andavano ricomprese anche quelle per il rinnovo della carta di credito (31,29 euro), in quanto, avendo il ricorrente lamentato di non aver mai ricevuto il menzionato strumento di pagamento, incombeva su controparte l’onere della prova dell’esistenza del credito a proprio favore che giustificherebbe l’addebito in conto. Onere che, in questa sede, non era stato invece assolto.
L’attore nel lamentare che la Banca non ossequiava la decisione dell’Arbitrato Bancario e Finanziario chiedeva: accertare e dichiarare la chiusura del conto dalla data del 10/12/20012, così come da risoluzione contrattuale inoltrata; condannare la Deutsche Bank S.p.A. “alla restituzione del saldo risultante sul conto de quo alla data del 10/12/2012 ed al netto delle spese ed imposte nel frattempo addebitate, fatte naturalmente salve le operazioni nel frattempo disposte, quantificato in €39/57, ovvero, quel diverso importo che risulterà provato in corso di causa, oltre interessi dalla data del 10/12/2013 sino al soddisfo”; accertare e dichiarare il diritto dello scrivente alla restituzione dell’addebito in conto delle spese per il rinnovo della carta di credito e, per l’effetto condannare la convenuta al pagamento di €31/29, oltre interessi dalla data del 10/12/2013 sino al soddisfo, nonché al risarcimento di tutti i danni subiti, patrimoniali, personali, morali in favore delle parti attrici, da quantificarsi in via equitativa nei limiti della competenza dell’On.le Giudice adito, o in subordine in quelle diverse somme che saranno ritenute di giustizia; condannare la convenuta, in persona del L.R. p.t., al pagamento delle spese e competenze professionali del giudizio, ivi comprese le competenze e spese arbitrali liquidate in €20/00.
La Deutsche Bank S.p.A., costituitasi innanzi al Giudice di Pace contrastava la domanda attorea, chiedendone il rigetto e deducendo di avere provveduto alla chiusura del c/c yyyyyyyyyyyy, con azzeramento del saldo debitore di € 23,56, il tutto come risultante dalla lettera del 14.01.2014, inviata dalla Deutsche Bank all’ABF a mezzo PEC (doc. n. 6 della produzione di I grado), nella quale la Banca aveva comunicato all’ABF di aver adempiuto alla decisione n. 6261/13 e mediante pagamento all’yyyyyyyyyyy della somma di € 55,57, a titolo di ripetizione delle commissioni addebitate in c/c dalla richiesta di chiusura del rapporto (10/12/2012), comprendente l’importo di € 20,00 a titolo di “rimborso spese di presentazione ricorso” e l’importo di € 31,29 per le spese di rinnovo della carta di credito.
Con la sentenza gravata il Giudice di Pace sulla premessa che parte attrice aveva concluso chiedendo, previa dichiarazione di illegittimità di mancata chiusura del conto in data 10/12/2012, la condanna della Banca convenuta alla restituzione del saldo di “€ 38,85” oltre “alla restituzione delle spese e competenze arbitrali in euro 20,00, ai costi della carte di credito oltre interessi legali… al netto dell’acconto di euro 55,57” ha accertato e ritenuto, il diritto del correntista al recesso dal contratto di c/c di cui è causa alla data del 10.12.2012, al netto delle spese e delle imposte addebitate, fatte salvo le operazioni nel frattempo disposte, con la conseguente chiusura del conto corrente c/c xxxxxxx ed ha condannato la Banca al pagamento di € 58,65, oltre interessi legali, rigettandosi ogni domanda di cui all’atto di citazione.
Insorge contro tale decisione la Deutsche Bank S.p.A. sollevando tre motivi di appello.
Quale primo motivo di appello la banca lamenta che il Giudice di Prime cure non avrebbe tenuto conto che la banca aveva adempiuto alla decisione dell’ABF, provvedendo alla chiusura del c/c xxxxxx, al far tempo dal 10.12.2012 al netto delle spese ed imposte anche azzerando il residuo saldo negativo di € 23,55 chiedendo pertanto la riforma della sentenza nella parte in cui ha omesso di accertare che la Deutsche Bank ha dato esecuzione alla decisione dell’ABF, nei termini previsti dall’art. 6, comma 5° e 6°, della delibera CICR, n. 275/2008, provvedendo alla chiusura del c/c xxxxxxxxxx, con decorrenza dal 10.12.2012 al netto delle spese ed imposte anche azzerando il residuo saldo negativo di € 23,55.
Quale secondo motivo di impugnazione l’appellante lamenta che il Giudice di Pace avrebbe omesso di considerare che la banca aveva fornito la prova di avere pagato all’yyyyyyyyy, a mezzo assegno circolare la somma di € 55,57; somma nella quale sono stati ricompresi gli importi di € 35,57 a titolo di retrocessione delle commissioni addebitate in conto corrente dalla richiesta di chiusura del rapporto (10.12.2012) ed € 20,00 per rimborso spese di presentazione ricorso, ed alla cui determinazione la Banca è giunta tenendo conto del saldo debitore di € 23.56, oggetto di remissione del debito a seguito dell’operato azzeramento del conto. Chiede pertanto che la sentenza sia riformata nel punto in cui il primo Giudice ha condannato la Banca al pagamento di € 58,65, oltre interessi legali, rigettandosi ogni domanda di cui all’atto di citazione.
Con il terzo motivo di appello, posto in via di subordine, la Deutsche Bank lamenta che sentenza sarebbe viziata da un errore del primo Giudice che nel condannare la banca alla somma di € 58,85, oltre interessi, non avrebbe detratto dall’importo totale di € 90,28 l’importo di € 55,57 pagato dalla banca che avrebbe determinato un eventuale residuo del credito dell’yyyyyyyyyyyy di € 34,71 e non € 58,85.
Parte appellata eccepisce l’inammissibilità dell’appello ex artt. 342 e 348 bis c.p.c. e ne contesta la sua fondatezza chiedendone il rigetto, come verbalizzato all’udienza di precisazione delle conclusioni.
L’appello è infondato.
Il primo motivo di appello è manifestamente inammissibile giacchè chiede la riforma della sentenza nella parte motiva della stessa (laddove la il giudice di prime cure avrebbe ritenuto che la banca non aveva tempestivamente dato esecuzione alla decisione dell’ABF) e non nella parte dispositiva.
Né parte appellante – che peraltro in primo grado aveva semplicemente richiesto il rigetto della domanda attorea di accertamento del recesso e di ripetizione di indebito – con il motivo di impugnazione in esame chiarisce quale riflesso la parte motiva da riformare debba avere sul decisum contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata sottraendosi anche al minimo requisito di specificità dei motivi di appello come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza, 16/11/2017, n. 27199 secondo la quale, pur non occorrendo l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice”. Con la conseguenza che atto di appello deve presentare i seguenti profili: 1) volitivo: indicazione delle parti della sentenza che si desiderano impugnare; 2) argomentativo: indicazione delle modifiche suggerite alla sentenza pertinenti alla ricostruzione dei fatti di causa; 3) giustificazione del fatto che l’esito della controversia è la conseguenza della violazione di legge evidenziata.
A tale onere si sottrae il motivo di appello in esame non chiarendo se l’esito della controversia sia o meno la conseguenza della violazione evidenziata nella parte motiva della pronunzia.
Il secondo ed il terzo motivo, che per la loro intima connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
Va preliminarmente osservato che non risulta depositato da parte appellata il fascicolo di parte relativo al primo grado di giudizio.
Né risulta la presenza di tale fascicolo di parte all’interno del fascicolo d’ufficio di primo grado acquisito e presente nel fascicolo di secondo grado, circostanza peraltro derivante dal principio per cui “Nel giudizio di appello è onere della parte produrre in giudizio il proprio fascicolo di primo grado, essendo esclusa la trasmissione al secondo giudice, unitamente al fascicolo d’ufficio, anche dei fascicoli di parte” (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 12/04/2006, n. 8528).
Ciò posto deve tenersi in presente il consolidato principio secondo cui l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle singole censure, atteso che l’appello, non è più, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare da uno all’altro esame della causa, ma una “revisio” fondata sulla denunzia di specifici “vizi” di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata: ne consegue che è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà, ex art. 76 disp. att. cod. proc. civ., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perchè questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, per cui egli subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell’altra parte, quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice di appello non ha quindi avuto la possibilità di esaminare (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 28498 del 23/12/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 18205 del 28/08/2007; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6018 del 15/03/2011; id. Sez. L, Sentenza n. 1462 del 22/01/2013; id. Sez. U, Sentenza n. 3033 del 08/02/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 11797 del 09/06/2016).
Precisa inoltre Cassazione civile, sez. III, 10/10/2017, n. 23658 che “la circostanza che l’appello sia proposto dall’originario convenuto (anzichè dall’originario attore), rimasto soccombente, non determina alcuna violazione del riparto dell’onere probatorio, essendo pur sempre onerato il convenuto-appellante della prova dei fatti positivi che sorreggono i motivi di gravame (non è pertinente al riguardo la obiezione mossa dalla ricorrente secondo cui si determinerebbe in tal modo una “inversione” dell’onere probatorio, riversandosi sul convenuto-appellante la prova dei “fatti negativi”: premesso, infatti, che all’esito del primo grado sussiste già un accertamento giudiziale dei fatti costitutivi della pretesa, e che oggetto della critica del convenuto-appellante sono le ragioni poste a fondamento di tale accertamento, ne segue che l’appellante non dovrà affatto fornire la prova negativa – come erroneamente ritenuto dalla ricorrente – della inesistenza dei fatti costituivi della pretesa, ma dovrà evidentemente investire, denunciandone la erroneità, gli argomenti del Giudice di merito che ai fatti – come dimostrati in giudizio dal danneggiato – ha inteso attribuire valenza dirimente ai fini dell’accertamento della pretesa. Orbene, nel caso in cui la critica mossa all’accertamento compiuto nella sentenza impugnata, venga ad essere fondata sulla prova documentale di un fatto, omesso od erroneamente apprezzato dal primo Giudice, ne segue che l’appellante che impugna la decisione, facendo valere quel fatto, è tenuto ad assicurare – nel materiale sottoposto al riesame del Giudice del gravame – anche il mezzo di prova di quel fatto, non venendo pertanto in questione alcuna inversione probatoria, ma solo una questione di “completezza” del motivo di gravame in relazione all’onere di allegazione e dimostrazione di un fatto specifico che si intende criticare), non determinandosi alcuna indebita sovrapposizione, contrariamente a quanto assume la ricorrente, tra “fatto costitutivo della pretesa” (della prova del quale è onerata la parte che agisce in giudizio) e “fatto posto a fondamento del motivo di gravame” (della prova del quale è onerata la parte appellante), e non apparendo corretta la equazione tra mancata prova del fatto che assiste il motivo di gravame ed “automatica” presunzione “juris tantum” di esistenza dei fatti costitutivi della domanda -laddove con tale asserzione si intenda ipotizzare una illegittima “relevatio ab onere probandi” del soggetto cha ha agito in giudizio-, atteso che tra i due termini della relazione viene ad interporsi l’accertamento giudiziale nel merito della pretesa, compiuto dal Giudice di prime cure, fondato sui fatti rappresentati in giudizio in quanto sottoposti alla verifica istruttoria ed alla valutazione di quel Giudice, accertamento che, se non idoneamente inficiato dalle ragioni critiche esposte dall’appellante – e quindi dalla dimostrazione della diversa rappresentazione di quei fatti allegata dall’appellante – è destinato ad essere confermato dalla decisione di appello”.
Facendo applicazione delle succitate coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che dalla lettura della sentenza impugnata emergono i seguenti dati:
– che l’attore in primo grado aveva concluso all’esito del giudizio per la condanna della banca al pagamento della somma di “€ 38,85” oltre “alla restituzione delle spese e competenze arbitrali in euro 20,00, ai costi della carte di credito oltre interessi legali… al netto dell’acconto di euro 55,57”;
– che il giudice di primo grado ha accolto la domanda attorea ritenendo che la stessa trovasse “riscontro nella ammissioni della convenuta banca, nell’acconto versato dalla convenuta in corso di causa, e nelle risultanze istruttorie, nella documentazione esibita e in particolare dall’estratto conto esibito che avvalora integralmente la versione dell’attore”;
– che pertanto il giudice di prime cure è pervenuto alla quantificazione del credito dell’yyyyyyyyyyy tenendo conto ed analizzando tutte le voci di costo presenti negli estratti di conto depositati dall’attore nonché dell’acconto pagato in corso di causa e pervenendo ad un credito complessivo di € 58,58 oltre accessori.
Ciò posto, era onere di parte appellante di fornire la prova che il credito come quantificato dal giudice di primo grado fosse diverso e che pertanto le risultanze degli estratti di conto depositati dall’attore in primo grado su cui si è basato il giudizio del Giudice di Pace fossero diverse o erronee.
Tale prova tuttavia non è stata fornita per l’evidente considerazione che, l’omessa produzione degli estratti di conto depositati dall’attore in primo grado non consente di verificare la correttezza dei motivi di appello.
La produzione di documentazione di pagamento della somma di € 55,57 e di remissione del debito mediante l’azzeramento del saldo alla data (successiva) del13/1/2014 non consente di accertare l’estinzione totale o parziale del credito come accertato nella sentenza gravata tenuto conto del fatto che: a) difetta la prova del temine di della sottrazione costituito dal “minuendo” non avendo parte appellata che ne era onerata prodotto la documentazione depositata dall’attore in primo grado su cui si è basata la verifica ed il calcolo del giudice di primo grado; b) la sentenza gravata, nell’accogliere le conclusioni come precisate all’udienza di discussione di condanna alla somma “€ 38,85” oltre “alla restituzione delle spese e competenze arbitrali in euro 20,00, ai costi della carte di credito oltre interessi legali… al netto dell’acconto di euro 55,57” dà atto – anche in motivazione – di aver già tenuto conto dell’acconto versato.
Né infine può dirsi che parte appellante – come vorrebbe la stessa con il terzo motivo di appello – abbia dimostrato il minor credito di € 34,71. Invero i crediti esposti in citazione (€ 39.57 per saldo ricalcolato come disposto dall’ ABF + , € 39.29 per oneri illegittimi pagati per il rilascio della carta di credito + € 20,00 per spese addebitate dall’ABF per un totale € 90,28), per quel che si desume dalla sentenza impugnata, sono stati del tutto rideterminati in sede di precisazione delle conclusioni nella diversa somma di “€ 38,85” oltre “alla restituzione delle spese e competenze arbitrali in euro 20,00, ai costi della carte di credito oltre interessi legali… al netto dell’acconto di euro 55,57”. Sicchè anche in questo caso difetta l’onere di allegazione e dimostrazione del un fatto specifico che si intende criticare cui era onerata parte appellante.
Le spese di lite del presente grado, da distrarsi stante la relativa dichiarazione di antistatarietà, seguono la soccombenza dell’appellante e sono liquidate come segue:
Competenza: Giudizi di cognizione innanzi al tribunale
Valore della Causa: Fino a € 1.100 Fase Compenso
Fase di studio della controversia, valore medio:
€ 125,00
Fase introduttiva del giudizio, valore medio:
€ 125,00
Fase decisionale, valore medio:
€ 190,00 Compenso tabellare (valori medi) € 440,00
Parte appellante deve in ogni caso essere condannata, ai sensi dell’art. 13, comma 1 – del 2012, al versamento dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello.
P.Q.M.
il Tribunale definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede:
a) RIGETTA l’appello proposto dalla Deutsche Bank S.p.A. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Napoli n. xxxxxxxxxx/14 del 23.06.2014, non notificata;
b) CONDANNA la Deutsche Bank S.p.A. alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Avv. yyyyyyyyyyy quale procuratore antistatario dell’yyyyyyyyyyyy, che si liquidano in € 440,00 per compensi, oltre rimborso forfettario ex art. 2 Decreto 10 marzo 2014, n. 55, Iva e Cpa come per legge;
c) CONDANNA la Deutsche Bank S.p.A. al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello.
Napoli lì 26/04/2018
Il Giudice
dr. Paolo Andrea Vassallo