Opposizione a decreto ingiuntivo – poteri del Giudice nel giudizio di opposizione – natura del contratto – interpretazione del contratto – clausole vessatorie – 24.04.07. –

Interessante sentenza del Giudice di Pace di Avezzano, avente ad oggetto una opposizione a decreto ingiuntivo. Il Giudice adito, preliminarmente,  precisa che nella fase monitoria del procedimento ingiuntivo, al fine dell’emissione del decreto, lo stesso non può esercitare poteri non spettatigli in via ordinaria, perché condizionati all’iniziativa del convenuto, ma deve verificare la legittimazione della parte che lo propone, la prova scritta e l’esistenza di un credito vantato e che solo nella fase del giudizio di opposizione, promosso dal debitore, il convenuto opposto dovrà provare il proprio credito qualora lo stesso venga contestato dall’opponente ed il giudice verificarne la fondatezza, la sua entità. In secondo luogo il Giudicante, dopo aver specificato che l’oggetto dell’opposizione non è un disconoscimento della stipula contrattuale, ma un’interpretazione circa il risultato da questi scaturito e di conseguenza il compenso da corrispondere, effettua una chiara e precisa analisi della natura del contratto per cui  è sorto il giudizio, procedendo, inoltre, all’interpretazione dello stesso, al fine di addivenire alla decisione del giudizio.  

                                                           
                                                            REPUBBLICA ITALIANA  

                                                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
  

Il Giudice di Pace di Avezzano, nella persona dell’Avv. Gabriele Di Girolamo, ha pronunciato la seguente
  SENTENZA   
Nella causa civile n. 235/06 promossa da    C. L., C.F.: ……………. residente ad Avezzano ed ivi elettivamente domiciliato in Via …., … presso lo studio dell’ Avv. ………   ATTORE OPPONENTE   

Contro
   A…. AGENZIA I. A., P.I. ……., corrente ad Avezzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, ed ivi elettivamente domiciliata in Via …….. presso lo studio dell’Avv…………………..     CONVENUTA OPPOSTA   

Avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo 
 

CONCLUSIONI DELLE PARTI
  Per l’attore: “Piaccia all’Ill.mo G.d.P. adito, contrariis reiectis, in accoglimento dell’opposizione, accertare e dichiarare illegittima e non dovuta la somma ingiunta e, per l’effetto, dichiarare la nullità e l’inefficacia del decreto ingiuntivo n. ……06 emesso dal G.d.P. in data 02/02/2006, con vittoria di spese, diritti ed onorari”.   
Per la convenuta: “Voglia il G.d.P. rigettare laq domanda dell’opponente, previa declaratoria di inammissibilità e comunque infondatezza, per le ragioni sopra esposte e dichiarare legittima e dovuta la somma ingiunta e valido ed efficace il decreto ingiuntivo n. …../06 emesso dal G.d.P. di Avezzano il 02/02/2006; condannare l’opponente al maggior danno derivante dal ritardo nell’adempimento ex art. 1224 c. 2 c.c.. Con vittoria di spese, diritti ed onorari”.  

                                                  
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

 
Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo ritualmente notificato in data 21/03/2006 C. L., così come rappresentato e difeso dall’ Avv. …, conveniva in giudizio, avanti questo G.d.P., l’A… A. I. A., in persona del legale rappresentante pro tempore, affinché venisse annullato il decreto ingiuntivo n. ..2/06 del 02/02/2006 emesso dal Giudice di Pace di Avezzano con cui veniva ingiunto all’opponente il pagamento della somma di € 769.68, oltre gli interessi ed accessori di legge, a fronte di un mancato saldo derivante da prestazioni professionali, concludendo come in epigrafe.  
All’udienza dell’ 11/07/2006 comparivano i procuratori delle parti, i quali dichiaravano di astenersi dall’udienza in forza dello sciopero proclamato dal loro Ordine Professionale.  
All’udienza del 13/10/2006 compariva per l’attore opponente il Dr. M. C., in sostituzione dell’Avv. G. F., impossibilitato a comparire per legittimo impedimento, il quale si riportava all’atto introduttivo. Per la convenuta opposta compariva l’Avv. R. C., la quale si riportava al proprio atto di costituzione e risposta.   
All’udienza del 24/11/2006 i procuratori delle parti articolavano i mezzi istruttori.   
Nelle udienze successive venivano espletati i mezzi istruttori ammessi.   
All’udienza del 09/03/2007 comparivano le parti le quali precisavano le conclusioni attraverso il deposito di note conclusive e facevano istanza affinché venisse concesso un breve termine per note di replica.
Alla stessa udienza il G.d.P. tratteneva la causa a decisione assegnando un termine di dieci giorni per il deposito di eventuali note di replica. 
  

                                                          MOTIVI DELLA DECISIONE
  

Preliminarmente va evidenziato che secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, nella fase monitoria del procedimento ingiuntivo, al fine dell’emissione del decreto, il giudice non può esercitare poteri non spettatigli in via ordinaria, perché condizionati all’iniziativa del convenuto, ma deve verificare la legittimazione della parte che lo propone, la prova scritta e l’esistenza di un credito vantato.
  E’ solo nella fase del giudizio di opposizione, promosso dal debitore, che il convenuto opposto dovrà provare il proprio credito qualora lo stesso venga contestato dall’opponente ed il giudice verificarne la fondatezza, la sua entità, ecc.. Nell’emissione del decreto ingiuntivo sono stati rispettati i suddetti parametri: legittimazione di una parte del contratto, il deposito dello stesso con il relativo costo per la prestazione effettuata, perciò il decreto ingiuntivo impugnato risulta essere emesso legittimamente, di conseguenza deve essere respinta la domanda di nullità dello stesso.  
 Poiché, nel caso di specie, non vi è stato un disconoscimento della stipula contrattuale, ma un’interpretazione circa il risultato da questi scaturito e di conseguenza il compenso da corrispondere, è altresì, opportuno, ai fini del decidere, evidenziare la natura del contratto, le obbligazioni che da esso scaturiscono, oltre all’interpretazione dello stesso, quest’ultima facoltà rimessa al giudice di merito (cfr. Cass. 19/05/2006 n. 11757).   

Quanto alla natura del contratto stipulato, questa si differenzia e si qualifica a seconda del soggetto incaricato del servizio: se è un libero professionista, il contratto si qualificherà ex art. 2222 c.c., come contratto d’opera; se invece è un imprenditore, con un’organizzazione di impresa ed una struttura concreta di mezzi e risorse, si avrà un contratto di appalto ex art. 1655 c.c., con cui l’appaltatore con organizzazione di mezzi necessari e gestione a proprio rischio realizza il servizio, richiesto dal committente, dietro corrispettivo. La diversa qualificazione del contratto incide sul regime di responsabilità: se professionista, assumerà nei confronti del committente un’obbligazione di mezzi ed i profili di responsabilità saranno contenuti entro i limiti dell’art. 2236 c.c.; se è un soggetto con un’organizzazione di impresa, l’obbligazione assunta sarà di risultato ex art. 1667 e 1668 c.c..
E’, altresì, da sottolineare che il contratto d’appalto può distinguersi in appalto d’opera, con relativa obbligazione di risultato, per cui il mancato conseguimento del risultato, comporta la responsabilità dell’appaltatore; ovvero in contratto d’opera intellettuale, con relativa obbligazione di mezzi, la cui mancanza di risultato non genera responsabilità dell’appaltatore. In tale ipotesi, quest’ultimo sarà responsabile solo nel caso in cui la mancata realizzazione del servizio sia dovuta a dolo o colpa grave. In altri termini, il libero professionista ha sempre diritto al compenso anche se non riesce ad avere il risultato che il committente si aspetta. 
 
Nel caso di specie, il rapporto contrattuale instaurato dalle parti in giudizio ha tratto origine nel conferimento di un incarico avente ad oggetto lo svolgimento di un’attività investigativa, rivolta ad un soggetto che si trova ad operare in modo indipendente ed improntato a criteri di terzietà.  
E’ del tutto evidente che la causa del contratto stipulato tra le parti è quella di ottenere dal soggetto che svolge un’attività investigativa una prestazione utilizzabile ai fini di un controllo sull’attività sociale di altra persona (nel caso figlio), dietro corrispettivo.   
L’agenzia investigativa, poiché assume la veste di impresa commerciale, come peraltro precisato dalla stessa agenzia convenuta nella propria comparsa di costituzione (cfr. pag. 2), non sorgono dubbi circa la natura del contratto stipulato (appalto d’opera) e l’obbligazione da esso scaturente in capo alla stessa agenzia (obbligazione di risultato).   
Dal contratto depositato in atti si evince che lo stesso consiste in modulo prestampato e predisposto unilateralmente da un contraente e adatto ad una serie indefinita di rapporti, per cui è soggetto alla speciale disciplina della doppia sottoscrizione da parte dell’altro contraente, in presenza di eventuali clausole a lui sfavorevoli (c.d. vessatorie), al fine di avere contezza delle stesse al momento della sottoscrizione. Infatti, in tema di condizioni generali del contratto, l’esigenza della specifica approvazione per iscritto di una clausola vessatoria, la cui mancanza comporta la nullità della stessa, postula una sottoscrizione autonoma e separata rispetto a quella che si riferisce agli altri patti contrattuali e, pertanto, non può ritenersi soddisfatto nel caso in cui il contraente per adesione apponga un’unica firma in calce al modulo a stampa predisposto dall’altro contraente (cfr. Cass. 05/12/2003 n. 18680; Cass. 14/02/2006 n. 3184).   
Nel contratto stipulato dalle parti, pertanto, deve ritenersi nulla la clausola n. 2 delle condizioni generali del contratto che ha per oggetto la limitazione della responsabilità dell’agente qualora non venga raggiunto il risultato, in quanto non specificatamente sottoscritta dall’attore opponente in veste di contraente; per cui rimane integra in capo alla convenuta agenzia l’obbligazione di risultato al fine di vantare il credito oggetto del decreto ingiuntivo.  
 Per quanto concerne l’interpretazione contrattuale, allorquando sorgono divergenze relative a tale scopo, è da sottolineare che compito essenziale dell’interprete è quello di ricercare la comune intenzione delle parti, come previsto dalla prima regola legale interpretativa sancita dall’art. 1362 c. 1 c.c. secondo cui “nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso delle parole”; ed ancora al secondo comma “per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento anche posteriore alla conclusione del contratto”.   Sicuramente le parti hanno inteso stipulare il contratto al fine dell’individuazione della condotta di vita del figlio dell’attore opponente.
Dubbi sorgono circa la completezza della prestazione in relazione al risultato e conseguentemente al relativo costo. 
 
Nel primo caso l’agenzia, a seguito del pedinamento effettuato, ha rilasciato un’informativa, seppur non corroborata da riscontri oggettivi, in cui si individuavano i luoghi e le compagnie che il pedinato frequentava in determinati giorni.
Pertanto, nonostante la mancata aspettativa dell’utente circa la completezza del risultato finale, l’agenzia ha rispettato la propria obbligazione di risultato.
Nel secondo caso, relativo al costo della prestazione, è stato in precedenza evidenziato che il contratto è stato stipulato mediante modulo prestampato in cui è individuato, seppur in bianco, il costo della prestazione giornaliera; viceversa nel contratto de quo, oltre a rimanere tale dicitura è aggiunta a penna il costo della prestazione oraria, ingenerando, dunque, il dubbio sull’effettivo costo dell’intera prestazione, gravante sull’attore opponente. 
  
Poichè, dunque, sull’esclusiva base dell’interpretazione della suddetta clausola sorgono dubbi sul costo di € 35.00 al giorno, ovvero all’ora, l’art. 1370 c.c. dirime tale ambiguità affermando che “le clausole inserite nelle condizioni generali del contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti, s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro”.
Tale norma pone a carico del predisponente l’onere di evitare ambiguità nel testo del contratto. L’inosservanza del suddetto onere ha una precisa conseguenza negativa: l’interpretazione contro l’autore del testo, che si giustifica nella particolare esigenza di tutela del contraente aderente. 
  
A tale onere si affianca anche quello di rendere le condizioni generali del contratto facilmente conoscibili all’aderente (art. 1341 c.c.); ciò si specifica nel senso che il predisponente deve rendere manifesta all’aderente l’esistenza delle condizioni generali e deve metterlo in grado di conoscerne il contenuto.
A tal fine, l’onere probatorio grava sul predisponente.
  Quest’ultimo ha prodotto in giudizio n. 2 fotografie che riproducono due riquadri di cui uno contenente il listino prezzi delle prestazioni professionali e che risultano appoggiate al muro dell’ufficio su uno scaffale posto in alto e, dunque, difficoltoso per l’utente di averne conoscenza; per cui, questo giudicante ritiene insufficiente la prova liberatoria prodotta e gravante sull’agenzia opposta inoltre quest’ultima non ha dato prova di aver posto in essere azioni al fine di far avere contezza al contraente aderente di tutte le condizioni del contratto, ivi inclusa il costo del servizio.   
Stante la materia trattata si ritiene di compensare le spese tra le parti.   

                                                                    
P.Q.M.  

 
Il G.d.P., definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, accoglie la domanda di opposizione e per l’effetto annulla il decreto ingiuntivo n. 42/06 del 02/02/2006.  
Compensa interamente le spese di giudizio tra le parti.   
Avezzano, lì 24/04/2007

                      IL GIUDICE DI PACE  

                  Avv. Gabriele Di Girolamo  

                       IL CANCELLIERE

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