L’ESPROPRIAZIONE SU BENI INDIVISI La riforma del 2005 e le modifiche procedurali alla stessa conseguenti

L’ESPROPRIAZIONE SU BENI INDIVISI La riforma del 2005 e le modifiche procedurali alla stessa conseguenti

L’espropriazione di beni indivisi è una vicenda procedimentale che si verifica qualora l’esecuzione abbia ad oggetto beni indivisi, ovvero beni in comunione con soggetti non esecutati. Tale disciplina non può considerarsi una mera variazione procedurale rispetto allo schema tipico della espropriazione nei confronti del debitore unico titolare del bene pignorato. Tuttavia, il codice di procedura civile, che presenta, in materia di esecuzioni, un modello normativo ampio e minuzioso, vi dedica tre sole norme, gli articoli 599, 600 e 601, integrate, in parte, dagli artt. 180 e 181 disp. att.
L’art. 599, co. 1°, c.p.c. stabilisce che “possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore” ovvero quando il creditore abbia o faccia valere il titolo esecutivo nei confronti di alcuni soltanto dei contitolari; il pignoramento, tuttavia, cade unicamente sulla quota del debitore e produce sulle quote degli altri contitolari solo effetti indiretti.
È opinione consolidata in dottrina che l’art. 599 c.p.c faccia riferimento alla contitolarità non soltanto del diritto di proprietà, ma anche dei diritti reali minori (usufrutto, enfiteusi, superficie e nuda proprietà), data l’identità strutturale di ogni comunione e la possibilità di espropriare il correlativo diritto “solitario” (ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 294; CAPPONI, Espropriazione di beni indivisi, in BOVE, CAPPONI, MARTINETTO, SASSANI, L’espropriazione forzata, in Giur. sist. dir. proc. civile Proto Pisani, Torino, 1988, 510; GRASSO, Espropriazione di beni indivisi, in ED, XV, Milano, 1966, 793; TARZIA, Espropriazione di beni indivisi, in NNDI, VI, Torino, 1964, 887; TRAVI, Espropriazione di beni indivisi, in Digesto civ., VII, Torino, 1992, 15).
Nell’esecuzione in commento si trovano pertanto coinvolti soggetti estranei alla posizione debitoria (i contitolari del diritto).
Il primo adempimento da compiere per il creditore pignorante è quello di notificare ai contitolari avviso di pignoramento il quale, ai sensi dell’art. 180 disp. att., deve contenere l’indicazione del creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell’atto di pignoramento e della trascrizione di esso; ai sensi dell’art. 599, co. 2°, c.p.c. esso deve, altresì, contenere l’ingiunzione di non lasciar separare dal debitore la sua parte di cose comuni senza ordine del giudice; si ritiene infine che si debbano menzionare la causa e l’entità del credito, nonché il titolo esecutivo (TRAVI, Espropriazione di beni indivisi, in Digesto civ., VII, Torino, 1992, 18). Infine, ai sensi dell’art. 180, co. 2°, disp. att., con lo stesso avviso o con altro separato, il creditore procedente invita i contitolari e gli altri interessati a comparire davanti al giudice dell’esecuzione per sentir dare i provvedimenti di cui all’art. 600 c.p.c..
La giurisprudenza e la dottrina prevalenti ritengono che la notificazione dell’avviso ai contitolari non debitori ha la finalità di imporre loro il divieto di lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice, rendendoli in ogni caso corresponsabili della divisione attuata dopo il pignoramento e senza ordine del giudice e di escludere, in tal caso, la loro buona fede, impedendogli di fatto di addivenire, in maniera opponibile al creditore procedente, alla divisione volontaria. L’avviso ha, inoltre, la finalità di rendere loro noto che la quota del bene pignorato è assoggettata a custodia. L’omissione del predetto avviso, in mancanza di una espressa previsione, non comporta la nullità del pignoramento, di cui lo stesso non costituisce elemento essenziale, bensì l’improcedibilità dell’esecuzione. Qualora il Giudice non la rilevi d’ufficio e provveda, può essere proposta opposizione formale ad ogni atto successivo al pignoramento (GRASSO, Espropriazione di beni indivisi, in ED, XV, Milano, 1966, 798; SATTA, Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1966, 423; TARZIA, Espropriazione di beni indivisi, in NNDI, VI, Torino, 1964, 890; TRAVI, Espropriazione di beni indivisi, in Digesto civ., VII, Torino, 1992, 19) (Cass. Civ., Sez. III, 27.01.1999, n. 718 in MGI 1999; Cass. Civ., Sez. III, 17.06.1985, n. 3648, in G. It. 1986).
In seguito alla notifica dell’avviso, il creditore procedente ha l’onere di proporre istanza ex art. 600 c.p.c., depositata la quale, il Giudice fissa l’udienza di convocazione con decreto che andrebbe comunicato a tutti gli interessati a norma dell’art. 485 c.p.c. (biglietto di cancelleria); nella prassi accade, però, sovente che il Giudice oneri di tale adempimento il creditore procedente.
Sembra corretto ritenere che, perché tale udienza possa essere fissata, debbano essere stati previamente inseriti nel fascicolo dell’esecuzione l’avviso ai creditori iscritti (art. 498, co. 2°, c.p.c.), il certificato di iscrizione dei privilegi (art. 529, co. 3°, c.p.c.), la documentazione ex art. 567, co. 2°, c.p.c., l’avviso ex art. 599 c.p.c., nonché l’eventuale atto separato ex art. 180 co. 2° disp. att. (così da rendere più agevole per l’ufficio l’individuazione degli interessati da convocare) (TRAVI, Espropriazione di beni indivisi, in Digesto civ., VII, Torino, 1992, 20).
La dottrina e la giurisprudenza annoverano, tra gli interessati menzionati dall’art. 180 disp. att., oltre i contitolari del diritto, gli aventi causa dal debitore e dai contitolari, i creditori iscritti e quelli che hanno fatto opposizione ex art. 1113 c.c. in data anteriore al pignoramento, nonché i creditori intervenuti nel processo esecutivo; ciò allo scopo di far acquisire al giudice le notizie utili per procedere alla scelta tra i diversi modi di liquidazione della quota (Bucolo, Il processo esecutivo ordinario, Padova, 1994, 989; GRASSO, Espropriazione di beni indivisi, in ED, XV, Milano, 1966, 799; SATTA, Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1966, 424; TARZIA, Espropriazione di beni indivisi, in NNDI, VI, Torino, 1964, 890) (Cass. Civ., Sez. I, 09.07.1996, n. 6253 in MGI 1996).
All’udienza stabilita, se non ritiene necessario disporre il compimento di attività lato sensu preparatorie, il Giudice dell’esecuzione provvede in ordine alle modalità di liquidazione della quota indivisa. Il provvedimento adottato ha natura di atto esecutivo impugnabile mediante opposizione formale ex art. 617 c.p.c. e non, invece, mediante ricorso straordinario per Cassazione (Cass. Civ., Sez. III, ord. 20.02.2003, n. 2624 in MGI 2003; Cass. Civ., Sez. III, 21.10.2000, n. 682 in MGI 2000).
L’art. 600, co. 2°, c.p.c. prevede tre modalità espropriative diverse – separazione della quota in natura, vendita della quota indivisa  e divisione – ma soltanto la vendita della quota indivisa può considerarsi una forma di liquidazione della quota, giacché le altre due modalità vanno considerate come procedimenti volti ad individuare il bene di proprietà esclusiva del debitore sul quale procedere esecutivamente, secondo le regole ordinarie.
Per quanto concerne la separazione della quota in natura, con la modifica operata dal D.L. 14.03.2005, n. 35, conv. in L. 14.05.2005, n. 80, il creditore pignorante (come i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo) e gli altri contitolari possono avanzare richiesta di separazione. Ne consegue che il giudice deve preferire tale modalità di liquidazione della quota, qualora questa sia richiesta e sia, altresì, possibile, consentendo la prosecuzione della procedura nei soli confronti dell’esecutato. La possibilità in oggetto deve essere valutata non soltanto in termini di comodità materiale, ma anche di convenienza economica, potendo determinare un eccessivo deprezzamento del bene.
Dopo il provvedimento di separazione, il procedimento esecutivo prosegue per la vendita o l’assegnazione del lotto attribuito al debitore, secondo le regole ordinarie di ciascun mezzo di espropriazione. Cessano gli effetti nei confronti dei contitolari estranei al titolo esecutivo.
Relativamente, invece, alle altre modalità di liquidazione della quota, la riforma del 2005 ha operato, anche sul punto, importanti modifiche, limitando il ricorso alla vendita della quota indivisa alle sole ipotesi in cui quest’ultima appaia ex ante in grado di assicurare un corrispettivo almeno pari al valore della quota stessa, determinato ai sensi dell’art. 568 c.p.c.. Pertanto, con il nuovo testo dell’art. 600, co. 2°, c.p.c., la scelta tra vendita della quota indivisa e divisione, non si effettua più secondo meri criteri di opportunità e convenienza, bensì sulla base di un giudizio prognostico (intorno al quale sarà possibile udire lo stimatore), avente ad oggetto le chances di riuscita della vendita della quota indivisa; modalità, quest’ultima, che certamente consente di risparmiare moto tempo, ma che sovente comporta ricavi modesti.
A seguito della vendita della quota indivisa si verifica la cessione della qualità di contitolare in capo all’acquirente, il quale subentra a titolo derivativo nella posizione che il debitore aveva all’interno della comunione, che rimane integra.
Per quanto concerne la divisione del bene comune, come già prospettato,  il giudice la dispone qualora la separazione in natura non è chiesta o non è possibile e la vendita della quota indivisa non appaia conveniente. Sul punto appare opportuno rilevare che la riforma del 2005 ha determinato un incremento dei giudizi di divisione, semplificando il relativo rito nella fase iniziale.
Infatti, con  la nuova formulazione dell’art. 181 disp. att., il giudice dell’esecuzione è ora sempre competente per il giudizio de quo, mentre in precedenza era necessaria la sua appartenenza all’ufficio giudiziario competente per la divisione ed in mancanza, lo stesso fissava termine entro cui proporre domanda nelle forme ordinarie.
In secondo luogo, la novellata norma sopra richiamata dispone che, all’udienza fissata per la convocazione degli interessati, il giudice dell’esecuzione, che ritenga conveniente la divisione, provvede personalmente all’istruzione della causa innanzi a sé, a norma degli artt. 175 ss. c.p.c., se gli interessati sono tutti presenti. Qualora, invece, costoro non siano tutti presenti, il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza che dispone la divisione, fissa l’udienza dinanzi a sé per la comparizione delle parti, concedendo termine, alla parte più diligente, fino a sessanta giorni prima per l’integrazione del contraddittorio, mediante notifica dell’ordinanza medesima.
Con le predette modalità procedimentali si instaura un giudizio ordinario di cognizione, disciplinato dagli artt. 784-791 c.p.c., autonomo rispetto al processo esecutivo, sebbene ad esso funzionalmente collegato.
Se il giudizio di divisione è ritualmente instaurato, il processo esecutivo è sospeso ai sensi dell’art. 601 c.p.c..
Va, infine, segnalato che, i virtù dell’art. 1, D.L. 30.12.2005, n. 271, a sua volta modificativo dell’art. 2, legge 14.05.2005, n. 80, la disciplina così come riformata dalla novella del 2005, ha effetto a decorrere dal 01.03.2006, trovando applicazione anche nei giudizi già pendenti a tale data.
                                                                                                          Luca Bavoso
                                                                                                             Avvocato     

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