Gli Ordini frenano la liberalizzazione
Gli Ordini non saranno aboliti. Il mercato delle professioni resterà così com’è, almeno per quanto riguarda le categorie regolamentate da un esame di Stato. L’argine – la disciplina «dell’articolo 33, quinto comma, della Costituzione» – è stato alzato nella serata di ieri grazie alle mediazione del presidente del Senato, Renato Schifani.Dopo una lunga riunione a Palazzo Madama, con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, il ministro per lo Sviluppo economico, Paolo Romani e il relatore sulla manovra correttiva, Gilberto Pichetto Fratin, il contestatissimo emendamento che introduceva nel testo della manovra un poderoso articolo 39-bis intitolato «Liberalizzazioni delle attività professioniali e d’impresa» è stato ritirato, mentre è stato riformulato un comma 1-bis all’articolo 29 che concede, genericamente, al Governo l’onere di formulare alle categorie «proposte di riforma in materia di liberalizzazione». Il nuovo emendamento contiene poi una sorta di clausola di salvaguardia: trascorsi 8 mesi dall’entrata in vigore della manovra, evidentemente senza un nulla di fatto, «tutto ciò che non sarà regolamentato sarà libero». L’intera giornata di ieri è stata contrassegnata dal fuoco di sbarramento degli Ordini. Tre le stesse fila della maggioranza, peraltro, si sono levate voci di dissenso. «La rimozione degli ostacoli all’attività economica dei cittadini – hanno scritto in una lettera 22 senatori – è certamente un tema importante, che tuttavia non va confuso con interventi astratti di natura meramente ideologica. Non è colpendo le professioni, i relativi Ordini e la loro funzione di controllo a garanzia dei cittadini che si creano nuove opportunità di sviluppo».Gli avvocati sono scesi sul piede di guerra. Il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, in una conferenza stampa convocata d’urgenza a Roma, ha espresso «sdegno e preoccupazione per le iniziative di cui abbiamo appreso in queste ore, di supposte liberalizzazioni che si vorrebbero introdurre artatamente nella manovra. È scorretto il metodo e tanto più il merito: tali norme minerebbero la difesa tecnica e provocherebbero la demolizione del sistema ordinistico e del controllo deontologico, a scapito dei cittadini e dei professionisti più giovani». L’Organismo unitario dell’avvocatura, guidato da Maurizio de Tilla, ha annunciato invece per domani il raduno a Roma degli Stati generali dei legali, «per discutere e varare le iniziative di protesta contro il governo e i suoi progetti di svendita della giustizia e di smantellamento del sistema delle professioni».Critiche al Governo sono arrivate, comunque, da tutte le categorie: dai notai agli architetti, dai periti industriali agli ingegneri. «Quello utilizzato da parte del Governo – ha sottolineato in una nota il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti – in queste settimane sul tema delle professioni è un metodo sconcertante». il Governo, secondo il Consiglio presieduto da Claudio Siciliotti, ha proceduto «confusamente» nelle ultime settimane, «senza discutere e concertare alcunché con gli Ordini e in un quadro che pare essere del tutto privo di chiari principi ispiratori. Opereremo in tutte le sedi istituzionali per bloccare un progetto scellerato».Il presidente del Cup e del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, in una lettera inviata al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ribadendo come la prospettiva di «uniformare le professioni al principio della libera impresa sia contrario ai fondamenti legislativi posti alla base dei nostri ordinamenti», ha chiesto intanto l’immediato «avvio di un tavolo di confronto con gli ordini professionali per la definizione del processo di riforma che valorizzi il comparto e non lo destrutturi in modo definitivo».«L’emendamento – ha commentato il presidente del Collegio nazionale dei periti agrari e dei periti agrari laureati Andrea Bottaro – è un attacco diretto ai professionisti. Rappresenta un sistema che stravolge completamente la struttura delle categorie. Mettere nello stesso emendamento le attività professionali e il mondo delle imprese non va proprio. Noi non siamo attività commerciali. Di questo passo, andiamo verso la dequalificazione delle professioni».Per Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani, la possibile reintroduzione di norme che dovrebbero eliminare le cosiddette restrizioni all’accesso delle professioni è contraddittoria: «Nel momento in cui tutto il paese dovrebbe fare leva sui suoi punti di forza, sui servizi e le strutture che hanno sempre funzionato correttamente, avviare una politica di liberalizzazione selvaggia è un errore». Una presa di posizione negativa è infine stata espressa dal Consiglio nazionale degli architetti, che tuttavia si sono detti «disponibili a discutere e a condividere una riforma di modernizzazione delle professioni, anche in tempi molto brevi, che sia coerente con i principi di etica e di qualità ai quali si ispirano i professionisti nazionali». Fonte: ilsole24.com |