Corte di Giustizia Europea – telecomunicazioni -tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale – -18.03.2010. –
La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza in esame, avente ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Giudice di pace di Ischia sull’obbligatorietà o meno del tentativo di conciliazione in materia di telecomunicazioni, ha ribadito che la normativa nazionale può imporre per siffatte controversie il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale, a condizione che tale procedura non conduca ad una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, e purché la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione) 18 marzo 2010 C-317/08, C-318/08, C-319/08 e C-320/08, – (90)
Nei procedimenti riuniti C-317/08, C-318/08, C-319/08 e C-320/08,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Giudice di pace di Ischia, con decisioni 4 aprile 2008, pervenute in cancelleria il 15 luglio 2008, nelle cause
R. A.
contro
Telecom Italia SpA (C-317/08)
e
F. C.
contro
Wind SpA (C-318/08)
e
L. A. Giorgia I.
contro
Telecom Italia SpA (C-319/08)
e
M. Srl
contro
Telecom Italia SpA (C-320/08),
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. G. Arestis, J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra R. S,eres,, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 settembre 2009,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Wind SpA, dall’avv. D. C.;
– per il governo italiano, dal sig. P. G., avvocato dello Stato;
– per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra J. Kemper, in qualità di agenti;
– per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. N. Bambara, A. Nijenhuis e I.V. Rogalski nonché dalla sig.ra S. La Pergola, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 novembre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva rispetto ad una normativa nazionale che prevede un tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale come condizione di procedibilità dei ricorsi giurisdizionali in talune controversie tra operatori e utilizzatori finali rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU L 108, pag. 51).
2 Tali domande sono state proposte nell’ambito di quattro controversie che oppongono, da un lato, le sig.re A. e I. nonché la M. Srl alla Telecom Italia SpA e, dall’altro, la sig.ra C. alla Wind SpA, in merito ad asseriti inadempimenti dei contratti stipulati tra le parti nelle cause principali ed aventi ad oggetto la fornitura di servizi telefonici alle ricorrenti dall’una o dall’altra convenuta nelle cause principali, imprese fornitrici di detti servizi.
Contesto normativo
La convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
3 Intitolato «Diritto a un equo processo», l’art. 6, n. 1, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), recita:
«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti (…)».
Il diritto dell’Unione
4 L’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1), come adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (GU C 303, pag. 1), intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», così dispone:
«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.
Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.
A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia».
5 Il quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva «servizio universale» recita:
«In un contesto concorrenziale, al momento di esaminare le questioni connesse con i diritti degli utenti finali, le autorità nazionali di regolamentazione dovrebbero tener conto della posizione di tutte le parti interessate, ivi compresi utenti e consumatori. Devono essere definite procedure efficaci di risoluzione delle controversie insorte tra consumatori, da un lato, e, dall’altro, le imprese che forniscono servizi di comunicazione accessibili al pubblico. Gli Stati membri dovrebbero tener pienamente conto della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili dalla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo [GU L 115, pag. 31] (…)»
6 L’art. 1 della direttiva «servizio universale» dispone quanto segue:
«1. La presente direttiva disciplina la fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica agli utenti finali nell’ambito della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Scopo della presente direttiva è garantire la disponibilità in tutta la Comunità di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza e un’opportunità di scelta effettive, nonché disciplinare le circostanze in cui le esigenze degli utenti finali non sono adeguatamente soddisfatte mediante il mercato.
2. La presente direttiva stabilisce i diritti degli utenti finali e i corrispondenti obblighi delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico. Quanto a garantire la fornitura del servizio universale in un contesto di mercati aperti e concorrenziali, la presente direttiva definisce l’insieme minimo di servizi di qualità specifica cui tutti gli utenti finali hanno accesso a prezzo abbordabile tenuto conto delle specifiche circostanze nazionali, senza distorsioni di concorrenza. La presente direttiva stabilisce inoltre obblighi in relazione alla fornitura di alcuni servizi obbligatori, quali la fornitura al dettaglio di linee affittate».
7 L’art. 34 della direttiva «servizio universale», intitolato «Risoluzione extragiudiziale delle controversie», recita:
«1. Gli Stati membri provvedono affinché esistano procedure extragiudiziali trasparenti, semplici e poco costose per l’esame delle controversie irrisolte, in cui sono coinvolti i consumatori, relative alle questioni contemplate dalla presente direttiva. Gli Stati membri provvedono affinché tali procedure consentano un’equa e tempestiva risoluzione delle controversie e, nei casi giustificati, possono adottare un sistema di rimborso e/o di indennizzo. Gli Stati membri possono estendere gli obblighi di cui al presente paragrafo alle controversie che coinvolgono altri utenti finali.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le rispettive legislazioni nazionali non ostacolino la creazione, a un adeguato livello territoriale, di uffici e servizi on line per l’accettazione di reclami, incaricati di facilitare l’accesso dei consumatori e degli utenti finali alle strutture di composizione delle controversie.
3. Se in tali controversie sono coinvolti soggetti di Stati membri diversi, gli Stati membri coordinano i loro sforzi per pervenire ad una risoluzione della controversia.
4. Il presente articolo non pregiudica le procedure giudiziarie nazionali».
8 L’art. 1, nn. 1 e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU L 171, pag. 12), intitolato «Campo d’applicazione e definizioni», così dispone:
«1. La presente direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative a taluni aspetti della vendita e delle garanzie concernenti i beni di consumo, al fine di garantire un livello minimo uniforme di tutela dei consumatori nel quadro del mercato interno.
2. Ai fini della presente direttiva si intende per:
(…)
b) beni di consumo: qualsiasi bene mobile materiale tranne:
– i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie;
– l’acqua ed il gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantità determinata;
– l’energia elettrica;
(…)».
Le raccomandazioni 98/257 e 2001/310/CE
9 Il quinto, il sesto ed il nono ‘considerando’ della raccomandazione 98/257 recitano:
«considerando che l’esperienza acquisita da numerosi Stati membri dimostra che i meccanismi alternativi di risoluzione non giudiziale delle controversie in materia di consumo, purché sia garantito il rispetto di alcuni principi essenziali, possono garantire buoni risultati, tanto per i consumatori che per le imprese, riducendo il costo e la durata della risoluzione delle controversie in materia di consumo;
considerando che l’individuazione di tali principi a livello europeo agevolerebbe l’attivazione di procedure extragiudiziali per la risoluzione delle controversie in materia di consumo; che, per quanto riguarda i conflitti transfrontalieri, ciò aumenterebbe la reciproca fiducia degli organismi extragiudiziali esistenti nei vari Stati membri nonché la fiducia dei consumatori nelle varie procedure nazionali esistenti; che tali criteri faciliteranno la possibilità per i prestat[o]ri di servizi extragiudiziali stabiliti in uno Stato membro di offrire loro servizi in un altro Stato membro;
(…)
considerando che la presente raccomandazione deve limitarsi alle procedure che, indipendentemente dalla loro denominazione, portano ad una risoluzione della controversia tramite l’intervento attivo di un terzo che propone o impone una soluzione; che, di conseguenza, non sono comprese le procedure che si limitano a un semplice tentativo di riavvicinare le parti per convincerle a trovare una soluzione di comune accordo».
10 Intitolato «Principio di libertà», il punto VI della raccomandazione 98/257 così dispone:
«La decisione dell’organo può essere vincolante nei confronti delle parti solo se esse ne sono state precedentemente informate e l’hanno accettat[a] esplicitamente.
L’adesione del consumatore alla procedura extragiudiziale non può derivare da un impegno che precede l’origine della vertenza, quando questo impegno ha come effetto di privare il consumatore del suo diritto di adire le giurisdizioni competenti per la risoluzione giudiziaria della controversia».
11 Con il titolo «Campo di applicazione», il punto I della raccomandazione della Commissione 4 aprile 2001, 2001/310/CE, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo (GU L 109, pag. 56), così dispone:
«1. La presente raccomandazione si applica agli organi terzi responsabili delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si adoperano per risolvere una controversia facendo incontrare le parti per convincerle a trovare una soluzione di comune accordo.
2. Essa non si applica ai meccanismi di reclamo dei consumatori gestiti da un’azienda e espletati direttamente con il consumatore o ai meccanismi che assicurano tali servizi gestiti da o per conto di un’azienda».
Il diritto nazionale
12 La Repubblica italiana ha trasposto la direttiva «servizio universale» con il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante il codice delle comunicazioni elettroniche (GURI n. 214 del 15 settembre 2003, pag. 3).
13 Ai sensi dell’art. 84 di tale codice:
«1. L’Autorità, ai sensi dell’articolo 1, commi 11, 12 e 13 della legge 31 luglio 1997, n. 249, [recante istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (Supplemento ordinario alla GURI n. 177 del 31 luglio 1997)] adotta procedure extragiudiziali trasparenti, semplici e poco costose per l’esame delle controversie in cui sono coinvolti i consumatori e gli utenti finali, relative alle disposizioni di cui al presente Capo, tali da consentire un’equa e tempestiva risoluzione delle stesse, prevedendo nei casi giustificati un sistema di rimborso o di indennizzo.
2. L’Autorità, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, anche ai sensi dell’articolo 1, comma 13, della legge 31 luglio 1997, n. 249, promuove la creazione, con l’attuale dotazione di personale e con i beni strumentali acquisibili con gli ordinari stanziamenti di bilancio e conseguente invarianza di spesa, ad un adeguato livello territoriale, di uffici e di servizi on-line per l’accettazione di reclami, incaricati di facilitare l’accesso dei consumatori e degli utenti finali alle strutture di composizione delle controversie.
3. Se nelle controversie sono coinvolti soggetti di altri Stati membri, l’Autorità si coordina con le altre Autorità di regolamentazione interessate per pervenire alla risoluzione della controversia.
4. Restano ferme le disposizioni vigenti in materia di risoluzione giudiziale delle controversie e, fino all’attuazione di quanto previsto dai commi 1 e 2, quelle vigenti in materia di risoluzione extragiudiziale delle controversie alla data di pubblicazione del Codice nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana».
14 Conformemente alla legge 31 luglio 1997, n. 249, rientrano nella competenza dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni le controversie in materia di comunicazioni elettroniche tra utenti e operatori, derivanti dal mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale e ai diritti degli utenti.
15 Con delibera 173/07/CONS (GURI n. 120 del 25 maggio 2007, pag. 19), l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato il regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazione e utenti (in prosieguo: il «regolamento di risoluzione»).
16 L’art. 3 del regolamento di risoluzione così dispone:
«1. Per le controversie di cui all’articolo 2, comma 1, il ricorso in sede giurisdizionale è improcedibile fino a che non sia stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Co.re.com [comitato regionale per le comunicazioni] competente per territorio munito di delega a svolgere la funzione conciliativa, ovvero dinanzi agli organi di risoluzione extragiudiziale delle controversie di cui all’articolo 13.
2. Ove il Co.re.com territorialmente competente non sia titolare della delega di cui al comma 1, il tentativo obbligatorio di conciliazione dovrà essere esperito dinanzi agli organi di cui all’articolo 13.
3. Il termine per la conclusione della procedura conciliativa è di trenta giorni decorrenti dalla data di proposizione dell’istanza; dopo la scadenza di tale termine le parti possono proporre ricorso giurisdizionale anche ove la procedura non sia stata conclusa».
17 L’art. 13 del regolamento di risoluzione dispone:
«1. In alternativa alla procedura conciliativa dinanzi al Co.re.com, gli interessati hanno la facoltà di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione, anche in via telematica, dinanzi agli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, di cui all’articolo 1, lettera o), del presente Regolamento.
2. Allo stesso fine, l’utente ha altresì la facoltà di rivolgersi agli organismi istituiti con accordi tra gli operatori ed associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale, purché detti organismi operino a titolo gratuito e rispettino i principi di trasparenza, equità ed efficacia di cui alla Raccomandazione 2001/310/CE.
3. L’elenco aggiornato degli organi di cui ai commi precedenti è reso disponibile sul sito web dell’Autorità.
4. Gli organismi istituiti a norma del comma 2 vengono iscritti nell’elenco di cui al comma precedente su presentazione di apposita istanza, firmata dalle parti, corredata dell’intesa raggiunta dall’operatore con almeno due terzi delle associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale e di copia del Regolamento di procedura, previa verifica di aderenza ai principi di cui al comma 2.
5. L’istanza, con le medesime formalità, deve essere rinnovata con cadenza biennale. In difetto di domanda di rinnovo, l’Autorità, senza formalità, opera la cancellazione dell’organismo dall’elenco di cui al precedente comma 3.
6. Su segnalazione di chiunque vi abbia interesse, l’Autorità può disporre la cancellazione dall’elenco degli organismi nei confronti dei quali accerti il mancato rispetto dei principi elencati al comma 2».
Le controversie principali e la questione pregiudiziale
18 Emerge dalle decisioni di rinvio che, in tutte le azioni avviate dalle ricorrenti nelle cause principali, le convenute hanno sollevato l’improcedibilità dei ricorsi, ai sensi degli artt. 3 e 13 del regolamento di risoluzione, in quanto le ricorrenti non avevano previamente esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Co.re.com, come stabilito da tali disposizioni.
19 Secondo il giudice del rinvio, il Co.re.com previsto dalla normativa nazionale, tuttavia, non è stato ancora istituito in Campania, il che imporrebbe l’esperimento della conciliazione dinanzi ad altri organismi, cioè quelli menzionati all’art. 13 del regolamento di risoluzione. Ciò nonostante, non si sarebbe proceduto ad alcuna verifica in merito alla conformità di detti organismi rispetto ai principi menzionati nella raccomandazione 2001/310, in particolare per quanto riguarda tanto la gratuità o l’adeguatezza delle spese causate dal tentativo di conciliazione dinanzi a questi ultimi, quanto la notorietà e la facilità delle procedure di conciliazione.
20 In ogni caso, anche se il Co.re.com fosse stato istituito in Campania, il giudice del rinvio considera che l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, come prevista dalla normativa di cui trattasi nelle cause principali, può costituire un ostacolo all’esercizio dei diritti degli utenti finali, soprattutto per il fatto che tale tentativo dovrebbe necessariamente essere effettuato per via elettronica. Inoltre, detto giudice rileva che un tentativo di conciliazione viene già svolto durante la prima udienza nell’ambito del procedimento giurisdizionale ordinario.
21 Il Giudice di pace di Ischia ha pertanto deciso, in ciascuna causa pendente, di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se le norme comunitarie sopra richiamate (art. 6 della [CEDU], la direttiva [“servizio universale”], la direttiva [1999/44] nonché le raccomandazioni (…) 2001/310/CE e [98]/257) abbiano efficacia direttamente vincolante e debbano essere interpretate nel senso che le controversie “in materia di comunicazioni elettroniche tra utenti finali ed operatori, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale ed ai diritti degli utenti finali stabilite dalle norme legislative, dalle delibere dell’autorità, dalle condizioni contrattuali e dalle carte dei servizi” (controversie menzionate nell’art. 2 [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS) non debbano essere sottoposte al tentativo di conciliazione obbligatorio previsto a pena di improcedibilità del ricorso in sede giurisdizionale, prevalendo sulla norma derivante dall’art. 3, comma 1, [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS».
22 Con ordinanza del presidente della Corte 16 settembre 2008, le cause da C-317/08 a C-320/08 sono state riunite ai fini delle fase scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.
Sulla questione pregiudiziale
Sulla ricevibilità
23 Durante l’udienza, il governo italiano ha concluso nel senso dell’irricevibilità della questione pregiudiziale. Secondo tale governo, poiché il giudice del rinvio non ha precisato i diritti riconosciuti dal diritto dell’Unione che costituiscono l’oggetto della controversia principale, la questione sottoposta sarebbe puramente ipotetica.
24 Pur senza concludere nel senso dell’irricevibilità della questione, anche la Commissione rileva la necessità di un elemento di collegamento delle controversie principali con il diritto dell’Unione, il quale, secondo tale istituzione, non può essere automaticamente dedotto dai rinvii.
25 Si deve rammentare a tale proposito che, nell’ambito del procedimento ex art. 234 CE, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (v., in particolare, sentenze 18 luglio 2007, causa C-119/05, Lucchini, Racc. pag. I-6199, punto 43; 22 dicembre 2008, causa C-414/07, Magoora, Racc. pag. I-10921, punto 22, e 16 luglio 2009, causa C-12/08, Mono Car Styling, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27).
26 Pertanto, il rigetto, da parte della Corte, di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico, oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I-2099, punto 39; 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I-11421, punto 25; Magoora, cit., punto 23, nonché Mono Car Styling, cit., punto 28).
27 Per quanto riguarda il presente procedimento pregiudiziale si deve rilevare, in primo luogo, che l’ordinanza di rinvio contiene una descrizione particolareggiata del contesto normativo e dei fatti relativi alle cause principali nonché dei motivi per cui il giudice a quo ha ritenuto che la soluzione della questione sollevata in ciascuna controversia fosse necessaria per emettere la propria decisione.
28 Inoltre, se è vero che le decisioni di rinvio non espongono in dettaglio le controversie principali e, segnatamente, i diritti e gli obblighi specifici che costituiscono l’oggetto di tali controversie, esse riguardano purtuttavia servizi di comunicazione elettronica tra utenti finali e fornitori, nonché procedure extragiudiziali di risoluzione di dette controversie, dato che il giudice del rinvio fa riferimento, peraltro espressamente, al quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva «servizio universale» e all’art. 34 di quest’ultima.
29 Occorre pertanto concludere che la questione sollevata riguarda l’interpretazione del diritto dell’Unione e che una siffatta interpretazione si rivela necessaria per dirimere le controversie principali.
30 Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata ricevibile.
Nel merito
31 In via preliminare, si deve rilevare che la questione sottoposta dal giudice del rinvio fa riferimento non solo alla direttiva «servizio universale», alla raccomandazione 98/257 ed al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sancito dall’art. 6 della CEDU, ma anche alla direttiva 1999/44 e alla raccomandazione 2001/310.
32 Per quanto riguarda la direttiva 1999/44, poiché, conformemente al suo art. 1, i servizi di comunicazione non sono compresi nel suo campo di applicazione, si deve constatare che essa non è applicabile alle cause principali.
33 Quanto alla raccomandazione 2001/310, va rammentato che, secondo il quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva «servizio universale», al momento della definizione delle procedure di risoluzione delle controversie da essa previste, gli Stati membri devono tenere pienamente conto della raccomandazione 98/257.
34 Orbene, secondo il suo nono ‘considerando’, l’ambito di applicazione di quest’ultima raccomandazione è limitato alle procedure che, indipendentemente dalla loro denominazione, portano ad una risoluzione della controversia tramite l’intervento attivo di un terzo che propone o impone una soluzione, senza però comprendere le procedure che, come quelle previste dalla raccomandazione 2001/310, si limitano a un tentativo di ravvicinamento delle parti per convincerle a trovare una soluzione di comune accordo.
35 Va quindi constatato che le procedure di risoluzione delle controversie previste dalla direttiva «servizio universale» non devono limitarsi ad un tentativo di ravvicinamento delle parti per convincerle a trovare una soluzione di comune accordo, bensì devono portare ad un regolamento della controversia tramite l’intervento attivo di un terzo che propone o impone una soluzione.
36 Nelle fattispecie principali, la procedura extragiudiziale obbligatoria prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi non si limita a ravvicinare le parti, bensì propone una soluzione a queste ultime tramite l’intervento attivo di un organo di conciliazione. Si deve quindi constatare che neanche la raccomandazione 2001/310 è applicabile alle controversie principali.
37 Ne consegue che la questione del giudice del rinvio deve essere intesa nel senso che è diretta a sapere, sostanzialmente, se l’art. 34 della direttiva «servizio universale» ed il principio della tutela giurisdizionale effettiva debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale le controversie in materia di servizi di comunicazioni elettroniche tra utenti finali e fornitori di tali servizi, che riguardano diritti conferiti da tale direttiva, devono formare oggetto di un tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale come condizione per la ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali.
Sull’art. 34 della direttiva «servizio universale»
38 Conformemente all’art. 34 della direttiva «servizio universale», gli Stati membri devono provvedere affinché esistano procedure extragiudiziali trasparenti, semplici e poco costose che consentano una risoluzione equa e tempestiva delle controversie in cui sono coinvolti i consumatori e che riguardano questioni contemplate da tale direttiva. Dette procedure non pregiudicano in nessun caso le procedure giudiziarie nazionali.
39 Come rilevato al punto 33 della presente sentenza, al momento della definizione di dette procedure extragiudiziali, gli Stati membri devono tenere pienamente conto della raccomandazione 98/257.
40 A tal riguardo, si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte, anche se le raccomandazioni non sono destinate a produrre effetti vincolanti e non possono far sorgere diritti azionabili dai singoli dinanzi ad un giudice nazionale, esse non sono tuttavia del tutto prive di effetti giuridici. Infatti, i giudici nazionali sono tenuti a prendere in considerazione le raccomandazioni ai fini della soluzione delle controversie sottoposte al loro giudizio, in particolare quando esse sono di aiuto nell’interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire la loro attuazione, o mirano a completare norme dell’Unione europea aventi natura vincolante (v. sentenze 13 dicembre 1989, causa C-322/88, Grimaldi, Racc. pag. 4407, punti 7, 16 e 18, nonché 11 settembre 2003, causa C-207/01, Altair Chimica, Racc. pag. I-8875, punto 41).
41 Tuttavia, va constatato che né la direttiva «servizio universale» né la raccomandazione 98/257 prevedono le modalità o le caratteristiche specifiche delle procedure extragiudiziali da predisporre, salvo gli elementi menzionati all’art. 34 della direttiva, e ricordati al punto 38 della presente sentenza, ed i principi di indipendenza, di trasparenza, del contraddittorio, di efficacia, di legalità, di libertà e di rappresentanza, menzionati dalla raccomandazione 98/257.
42 Occorre osservare che nessuno degli elementi e dei principi sopra menzionati consente di concludere nel senso di una limitazione del potere degli Stati membri per quanto riguarda la possibilità di determinare il carattere obbligatorio delle procedure extragiudiziali di risoluzione delle controversie.
43 In tal senso, va rilevato che, conformemente al n. 4 dell’art. 34 della direttiva «servizio universale» e al principio di libertà previsto al punto VI della raccomandazione 98/257, l’unica condizione imposta al riguardo è la conferma del diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie.
44 Di conseguenza, poiché la direttiva «servizio universale» non elabora ulteriormente le modalità o le caratteristiche delle procedure previste al suo art. 34, spetta agli Stati membri disciplinare le modalità di dette procedure, compreso il loro carattere obbligatorio, nel rispetto dell’effetto utile di tale direttiva.
45 È giocoforza constatare, al riguardo, che l’art. 34, n. 1, della direttiva «servizio universale» assegna agli Stati membri l’obiettivo di introdurre procedure extragiudiziali per l’esame delle controversie irrisolte, in cui sono coinvolti i consumatori, relative alle questioni contemplate da detta direttiva. Pertanto, il fatto che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nelle cause principali non solo abbia introdotto una procedura di conciliazione extragiudiziale, ma abbia per di più reso obbligatorio il ricorso a quest’ultima, prima del ricorso ad un organo giurisdizionale, non è tale da pregiudicare la realizzazione dell’obiettivo sopra menzionato. Al contrario, una normativa siffatta, poiché garantisce il carattere sistematico del ricorso ad una procedura extragiudiziale di risoluzione delle controversie, tende a rafforzare l’effetto utile della direttiva «servizio universale».
46 Tuttavia, nei limiti in cui l’introduzione di una procedura di tentativo obbligatorio di conciliazione costituisce una condizione per la ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali, occorre esaminare se essa sia compatibile con il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.
Sui principi di equivalenza e di effettività nonché sul principio della tutela giurisdizionale effettiva
47 Anzitutto, conformemente ad una costante giurisprudenza, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, fermo restando che, tuttavia, gli Stati membri sono tenuti a garantire in ogni caso la tutela effettiva di tali diritti (v. sentenze 15 aprile 2008, causa C-268/06, Impact, Racc. pag. I-2483, punti 44 e 45, nonché Mono Car Styling, cit., punto 48).
48 Sotto tale profilo, come risulta da una giurisprudenza consolidata, le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v. sentenza Impact, cit., punto 46 e giurisprudenza ivi citata).
49 Tali esigenze di equivalenza e di effettività esprimono l’obbligo generale per gli Stati membri di garantire la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza del diritto dell’Unione. Esse valgono sia sul piano della designazione dei giudici competenti a conoscere delle azioni fondate su tale diritto sia per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali (v. sentenza Impact, cit., punti 47 e 48, nonché 29 ottobre 2009, causa C-63/08, Pontin, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44).
50 Nelle cause principali il principio di equivalenza risulta rispettato.
51 Infatti, da un lato, il giudice del rinvio non ha evidenziato alcun elemento relativo ad un’eventuale inosservanza del principio di equivalenza. Dall’altro, il governo italiano ha confermato in udienza che la regola nazionale di cui trattasi nelle cause principali si applica senza distinzioni ai ricorsi fondati sulle violazioni tanto del diritto dell’Unione quanto del diritto interno in materia di comunicazioni elettroniche.
52 Per quanto riguarda il principio di effettività, è pur vero che il fatto di imporre il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale come condizione per la ricevibilità di un ricorso giurisdizionale incide sull’esercizio dei diritti conferiti ai singoli dalla direttiva «servizio universale».
53 Tuttavia, emerge da diversi elementi che una procedura obbligatoria di conciliazione come quella di cui trattasi nelle cause principali non è tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai singoli dalla direttiva in questione.
54 Infatti, in primo luogo, il risultato della procedura di conciliazione non è vincolante nei confronti delle parti interessate e non incide sul loro diritto ad un ricorso giurisdizionale.
55 In secondo luogo, la procedura di conciliazione non comporta, di regola, un ritardo sostanziale nella proposizione di un ricorso giurisdizionale. Infatti, il termine per chiudere la procedura di conciliazione è di trenta giorni a decorrere dalla presentazione della domanda e, alla scadenza di tale termine, le parti possono proporre un ricorso giurisdizionale, anche ove la procedura non sia stata conclusa.
56 In terzo luogo, la prescrizione dei diritti è sospesa per il periodo della procedura di conciliazione.
57 In quarto luogo, i costi derivanti dalla procedura di conciliazione dinanzi al Co.re.com sono inesistenti. Per quanto riguarda le procedure di conciliazione dinanzi ad altri organi il fascicolo sottoposto alla Corte non contiene alcuna indicazione che induca a ritenere rilevanti tali costi.
58 Tuttavia, l’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva «servizio universale» potrebbe essere reso praticamente impossibile o eccessivamente difficile per taluni singoli, e segnatamente per coloro che non dispongono di un accesso a Internet, qualora si potesse accedere soltanto elettronicamente alla procedura di conciliazione. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale sia il caso, in particolare alla luce dell’art. 13, n. 1, del regolamento di risoluzione.
59 Analogamente, spetta a tale giudice verificare se, in casi eccezionali, che esigano la pronuncia di provvedimenti provvisori, la procedura di conciliazione consenta, o non impedisca, l’adozione di tali provvedimenti.
60 Pertanto, si deve considerare che la normativa nazionale di cui trattasi nelle cause principali rispetta il principio di effettività, purché la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso alla procedura di conciliazione e sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.
61 Occorre poi rammentare che il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU, oltre ad essere stato ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. sentenza Mono Car Styling, cit., punto 47 e giurisprudenza ivi citata).
62 A tal riguardo è pacifico nelle fattispecie principali che, subordinando la ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali proposti in materia di servizi di comunicazioni elettroniche all’esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione, la normativa nazionale di cui trattasi ha introdotto una tappa supplementare per l’accesso al giudice. Tale condizione potrebbe incidere sul principio della tutela giurisdizionale effettiva.
63 Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, i diritti fondamentali non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v., in tal senso, sentenza 15 giugno 2006, causa C 28/05, Dokter e a., Racc. pag. I-5431, punto 75, e giurisprudenza ivi citata, nonché Corte eur. D.U., sentenza Fogarty c. Regno Unito del 21 novembre 2001, Recueil des arrêts et décisions 2001-XI, § 33).
64 Orbene, come rilevato in udienza dal governo italiano, si deve anzitutto constatare che le disposizioni nazionali di cui trattasi hanno ad oggetto una definizione più spedita e meno onerosa delle controversie in materia di comunicazioni elettroniche, nonché un decongestionamento dei tribunali, e perseguono quindi legittimi obiettivi di interesse generale.
65 Risulta poi che l’imposizione di una procedura di risoluzione extragiudiziale come quella prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi nelle cause principali, considerate le specifiche modalità di funzionamento di detta procedura, menzionate ai punti 54-57 della presente sentenza, non è sproporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti. Infatti, da un lato, come ha constatato l’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, non esiste un’alternativa meno vincolante alla predisposizione di una procedura obbligatoria, dato che l’introduzione di una procedura di risoluzione extragiudiziale meramente facoltativa non costituisce uno strumento altrettanto efficace per la realizzazione di detti obiettivi. Dall’altro, non sussiste una sproporzione manifesta tra tali obiettivi e gli eventuali inconvenienti causati dal carattere obbligatorio della procedura di conciliazione extragiudiziale.
66 Alla luce di quanto precede, si deve considerare che la procedura nazionale di cui trattasi nelle cause principali è conforme anche al principio della tutela giurisdizionale effettiva, a condizione che siano rispettati i requisiti menzionati ai punti 58 e 59 della presente sentenza.
67 Occorre dunque risolvere la questione pregiudiziale proposta dichiarando quanto segue:
– L’art. 34 della direttiva «servizio universale» dev’essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale le controversie in materia di servizi di comunicazioni elettroniche tra utenti finali e fornitori di tali servizi, che riguardano diritti conferiti da tale direttiva, devono formare oggetto di un tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale come condizione per la ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali.
– Neanche i principi di equivalenza e di effettività, nonché il principio della tutela giurisdizionale effettiva, ostano ad una normativa nazionale che impone per siffatte controversie il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale, a condizione che tale procedura non conduca ad una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, e purché la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.
Sulle spese
68 Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
L’art. 34 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) dev’essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale le controversie in materia di servizi di comunicazioni elettroniche tra utenti finali e fornitori di tali servizi, che riguardano diritti conferiti da tale direttiva, devono formare oggetto di un tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale come condizione per la ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali.
Neanche i principi di equivalenza e di effettività, nonché il principio della tutela giurisdizionale effettiva, ostano ad una normativa nazionale che impone per siffatte controversie il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale, a condizione che tale procedura non conduca ad una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, e purché la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.
Firme
* Lingua processuale