Corte di Cassazione Sezioni Unite n° 10672/09 – impugnabilità del preavviso di fermo amministrativo – 11.05.09. –

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Images: cassazione sito.jpgLa Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con l’ordinanza in oggetto,  ha stabilito che il preavviso di fermo amministrativo previsto dall’art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 è un atto impugnabile, precisando tra l’altro: “che deve ritenersi impugnabile ogni atto che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, in quanto sorge in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico”.    

                                                           CORTE DI CASSAZIONE   

                                                            SEZIONI UNITE CIVILI
   

                                                 Ordinanza 11 maggio 2009, n. 10672
           

                                                     SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   

La controversia concerne l’impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo di una autovettura comunicato al contribuente dal concessionario GET S.p.A. a seguito del mancato pagamento di cartelle esattoriali relative ai contributi dovuti al Consorzio di Bonifica Ufficio Fiumi e Fossi di Pisa per gli anni dal 1994 al 1999.
L’azione era proposta innanzi al Giudice di Pace di Pisa, che, su istanza della parte, sospendeva il minacciato fermo amministrativo: tanto l’esattore che l’ente impositore contestavano, nel costituirsi in giudizio, l’impugnabilità del preavviso, sostenendo che solo l’eseguito fermo avrebbe potuto costituire oggetto di impugnazione.
 Il contribuente, al fine di risolvere ogni dubbio, ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione innanzi a queste Sezioni Unite, chiedendo che venga determinata a quale giudice spetti la giurisdizione nell’ipotesi di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo. Né l’esattore, né l’ente impositore si sono costituiti in giudizio.   

                                                                 MOTIVAZIONE
   

Al quesito posto dal ricorrente – a quale giudice spetti la giurisdizione in una controversia che concerna l’impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo ex art. 86, d.P.R. n. 602 del 1973 – queste Sezioni Unite hanno già dato una risposta (indiretta) con l’ordinanza n. 14831 del 2008, pronunciata in una fattispecie nella quale oggetto di impugnazione era, come nel caso in esame, un preavviso di fermo amministrativo.
 
Nella richiamata ordinanza, nella quale, tuttavia, il tema della impugnabilità del preavviso di fermo non è stato affrontato direttamente, è stato affermato il seguente principio di diritto: «Il giudice tributario innanzi al quale sia stato impugnato un provvedimento di fermo di beni mobili registrati ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, deve accertare quale sia la natura – tributaria o non tributaria – dei crediti posti a fondamento del provvedimento in questione, trattenendo, nel primo caso, la causa presso di sé, interamente o parzialmente (se il provvedimento faccia riferimento a crediti in parte di natura tributaria e in parte di natura non tributaria), per la decisione del merito e rimettendo, nel secondo caso, interamente o parzialmente, la causa innanzi al giudice ordinario, in applicazione del principio della translatio iudicii.
Allo stesso modo deve comportarsi il giudice ordinario eventualmente adito.
Il debitore, in caso di provvedimento di fermo che trovi riferimento in una pluralità di crediti di natura diversa, può comunque proporre originariamente separati ricorsi innanzi ai giudici diversamente competenti».
 
Nel caso di specie si tratta sicuramente di materia tributaria essendo l’atto impugnato relativo ad una pretesa di contributi consortili e sul punto queste Sezioni Unite hanno stabilito che: «I contributi spettanti ai consorzi di bonifica ed imposti ai proprietari per le spese di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario, rientrano nella categoria generale dei tributi, con la conseguenza che la domanda di restituzione delle somme versate a tale titolo, proposta dopo il primo gennaio 2002, è devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie, in applicazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 nel testo modificato dalla l. 28 dicembre 2001, art. 12, n. 448, il quale ha esteso la giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie» (Cass. S.U. n. 10703 del 2005). 
Vi è altro, tuttavia, su cui occorre ragionare, sia in relazione alla circostanza che nel caso di specie l’azione sia stata introdotta anteriormente all’entrata in vigore della modifica apportata al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, dal d.l. n. 223 del 2006, art. 35, comma 25-quinquies, che ha collocato tra gli atti impugnabili innanzi al giudice tributario anche il fermo ex art. 86, d.P.R. n. 602 del 1973, sia in relazione al fatto che nel caso di specie l’atto impugnato sia costituito dal preavviso e non da un già eseguito fermo amministrativo.
 Orbene nella richiamata ordinanza n. 14831 del 2008, queste Sezioni Unite avevano ritenuto che, alla luce della modifica introdotta all’art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992, dall’art. 35, comma 26-quinquies, d.l. n. 223 del 2006 (convertito con modificazioni con l. n. 248 del 2006), non potesse essere mantenuta l’esegesi anteriormente proposta dalle medesime Sezioni Unite (ord. nn. 2053 e 14701 del 2006), secondo cui la giurisdizione sul fermo amministrativo spettava al giudice ordinario essendo tale atto “preordinato all’ espropriazione forzata, atteso che il rimedio, regolato da norme collocate nel titolo 2° sulla riscossione coattiva delle imposte, si inserisce nel processo di espropriazione forzata esattoriale quale mezzo di realizzazione del credito”.
Questa esegesi, hanno affermato le Sezioni Unite nell’ordinanza n. 14831 del 2008, “non può oggi essere mantenuta di fronte alla chiara volontà del legislatore di escludere il fermo di beni mobili registrati dalla sfera tipica dell’ espropriazione forzata, rafforzando l’idea, da alcuni sostenuta, che l’adozione dell’atto in questione si riferisca ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, che nel d.P.R. n. 602 del 1973, trova la propria tipizzante disciplina nel capo II del titolo II (mentre la disciplina del fermo di beni mobili registrati, non a caso, sarebbe dettata nel capo III, del medesimo titolo)”.
 Queste conclusioni, che danno corpo ad una valenza non solo innovativa, ma anche (e prima ancora) interpretativa delle modifiche normative disposte con l’art. 35, comma 25-quinquies, d.l. n. 223 del 2006, potrebbero ritenersi risolutive nel caso di specie a superare il dubbio che, essendo stata la causa introdotta anteriormente alla richiamata modifica dell’art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992, debba essere confermata la giurisdizione del giudice ordinario effettivamente adito: se il fermo amministrativo non è, come sembra invero più giusto ritenere anche in relazione alla collocazione “topografica” di tale atto nel sistema normativo, un atto dell’ espropriazione forzata, ma un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, allora deve escludersi la giurisdizione del giudice ordinario che, in materia tributaria, ha giurisdizione relativamente alle sole controversie attinenti alla fase dell’esecuzione forzata. Ma vi è un ulteriore elemento da considerare: la circostanza che nel caso di specie oggetto dell’impugnazione sia un preavviso di fermo amministrativo, la cui impugnabilità è, peraltro, il nucleo centrale della controversia. 
Il preavviso di fermo è stato istituito dall’Agenzia delle Entrate con nota n. 57413 del 9 aprile 2003, disponendo che i concessionari, una volta emesso il provvedimento di fermo amministrativo dell’auto, ma prima di procedere alla iscrizione del medesimo, comunichino al contribuente moroso – che non abbia cioè provveduto a pagare il dovuto entro i sessanta giorni dalla notifica della cartella – un avviso ad adempiere al debito entro venti giorni, decorsi i quali si provvedere a rendere operativo il fermo.
La richiamata nota dell’Agenzia delle Entrate dispone, inoltre, che nell’ipotesi di persistente inadempimento, il preavviso «vale, ai sensi del d.m. 7 settembre 1998, n. 503, art. 4, comma 1, secondo periodo, (il quale resta applicabile, giusta la disposizione di cui all’art. 3, comma 41, d.l. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni con l. n. 248 del 2005, fino all’emanazione del decreto ministeriale previsto dal comma 4 dell’art. 86, d.P.R. n. 602 del 1973, in ordine alle procedure per l’esecuzione del fermo amministrativo), come comunicazione di iscrizione del fermo a decorrere dal ventesimo giorno successivo».
Sicché il preavviso è sostanzialmente l’unico atto mediante il quale il contribuente viene a conoscenza della esistenza nei suoi confronti di una procedura di fermo amministrativo dell’autoveicolo.
 
Come è evidente il preavviso si colloca all’interno di una sequela procedimentale – emanazione del provvedimento di fermo, preavviso, iscrizione del provvedimento emanato – finalizzata ad assicurare, mediante una pronta conoscibilità del provvedimento di fermo, una ampia tutela del contribuente che di quel provvedimento è il destinatario: in questa prospettiva il preavviso di fermo svolge una funzione assolutamente analoga a quella dell’avviso di mora nel quadro della comune procedura esecutiva esattoriale, e come tale avviso esso non può non essere un atto impugnabile.
In specie qualora si pensi che, come tante volte accade con l’avviso di mora, l’atto in questione potrebbe essere il primo atto (e, peraltro, valendo anche come comunicazione dell’automatica iscrizione del fermo, il solo atto) con il quale il contribuente viene a conoscenza dell’esistenza nei suoi confronti di una pretesa tributaria che egli ha interesse a contrastare.
 Il fatto che il preavviso di fermo amministrativo non compaia esplicitamente nell’elenco degli atti impugnabili contenuto nel d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, non costituisce un ostacolo, in quanto, secondo un principio già affermato da questa Corte, e che il Collegio condivide, l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19 va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.), che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la l. n. 448 del 2001.
Con la conseguenza che deve ritenersi impugnabile ogni atto che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, in quanto sorge in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico (v. Cass. nn. 21045 del 2007, 27385 del 2008).
 
Pertanto deve essere affermato il seguente principio di diritto: «Il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86, d.P.R. n. 602 del 1973 che riguardi una pretesa creditoria dell’ente pubblico di natura tributaria è impugnabile innanzi al giudice tributario in quanto atto funzionale, in una prospettiva di tutela del diritto di difesa del contribuente e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, a portare a conoscenza del medesimo contribuente, destinatario del provvedimento di fermo, una determinata pretesa tributaria rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c. l’interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva». Nel caso di specie deve, quindi, essere dichiarata la giurisdizione del giudice tributario e le parti devono essere rimesse innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa.
La novità della questione giustifica la compensazione delle spese.
   

                                                                      P.Q.M.
   

La Corte Suprema di Cassazione, pronunciando sul ricorso dichiara la giurisdizione del giudice tributario e rimette le parti innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa. Compensa le spese.
 

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