Corte di Cassazione – professioni intellettuali – compensi – prescrizioni presuntive – 10.01.07

Il Giudice di Pace, tenuto all’osservanza dei principi informatori della materia, non deve tuttavia individuare la regola equitativa traendola dalla disciplina in concreto dettata dal legislatore, ma, nell’individuazione di detta regola, deve solo aver cura ch’essa non contrasti con i principi cui si è ispirato il legislatore nel dettare una determinata disciplina. Nella specie il giudice a quo ha ben identificato i principi informatori dell’istituto della prescrizione in generale, id est l’estinzione dei diritti per loro mancato esercizio in un lasso di tempo normativamente determinato, e di quella presuntiva in particolare, id est la communìs opinio per cui determinati crediti possono ritenersi soddisfatti ove l’avente diritto non li abbia fatti valere entro il breve lasso di tempo nel quale per loro natura esigono soddisfazione; tuttavia, pur avendo dato atto in parte espositiva che il convenuto, oltre alla prescrizione presuntiva, aveva eccepito tanto l’insussistenza del titolo di credito, quanto l’entità del credito,  ha non di meno ritenuto di poter presumere prescritto il credito dedotto in giudizio. Il che, palesemente,  contrasta con il principio informatore delle prescrizioni presuntive.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Giovanni SETTIMJ – Presidente e Relatore –

Dott. Giovanna SCHERILLO. – Consigliere –

Dott. Luigi PICCIALLI – Consigliere –

Dott. Umberto ATRIPALDI – Consigliere –

Dott. Vincenzo CORRENTI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZAsul ricorso proposto da:

Di.Gi., elettivamente domiciliato in Ro., via Ma. (…), presso lo studio dell’avvocato Ma.Re., rappresentato e difeso dall’avvocato Ca.Gi. (avviso postale via N..Sa. n.(…) -Po.), giusta procura speciale a margine del ricorso;
ricorrente

contro

Pa.Vi.;

intimato

avverso la sentenza n. 334/04 del Giudice di Pace di  Potenza, depositata il 19/04/04;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consigliò il 10/11/06 dal Presidente e Relatore Dott. Giovanni SETTIMJ;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. Rosario Giovanni RUSSO che ha concluso in gradato ordine:

. di disporre la trattazione del ricorso in pubblica udienza;

. chiede l’assegnazione del medesimo ricorso alle Sezioni Unite;

. con sentenza lo accoglie per manifesta fondatezza e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

Oggetto: compenso professionale

FATTO E DIRITTO

Gi.Di. impugna per cassazione la sentenza 19. 4. 04 con la quale il G. d. P. di Po., decidendo equitativamente, ha accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto Vi.Pa. e respinto la domanda ch’egli aveva proposta onde ottenere il pagamento d’un compenso professionale questo dichiarando estinto per prescrizione presuntiva.

Parte intimata non svolge attività difensiva. Attivatasi procedura ex art. 375 CPC, il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude con gradate richieste di trattazione in pubblica udienza, rimessione alle SS. UU., accoglimento del ricorso.

Al riguardo le considerazioni svolte dal Procuratore Generale, nei limiti della terza conclusione cui è pervenuto, ampiamente motivata, sono da condividere.

Si duole il ricorrente – denunziando anzi tutto la violazione dei principi informatori in materia di prescrizione in generale e di prescrizioni presuntive in particolare e l’inidoneità della motivazione al riguardo – che il giudice a quo abbia accolto l’avversa eccezione, specificamente intesa ad ottenere declaratoria d’intervenuta prescrizione presuntiva del credito azionato, nonostante la stessa controparte, contestando anche i presupposti e l’entità del credito, avesse dimostrato di non aver affatto corrisposto la somma dovuta.

Dette censure sono manifestamente fondate. Ciò che, secondo la sentenza n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, rende incompatibile il giudizio di equità – nel senso inteso dalla precedente giurisprudenza di questa Corte – con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 101/11 della costituzione, non è il fatto che il Giudice di Pace individui la regola equitativa al di fuori della legge scritta ma che questa scelta possa essere arbitraria; arbitrarietà, o giudizio extragiuridico, che è esclusa se la scelta della regola da applicare al caso concreto viene fatta dal Giudice di Pace alla stregua dei medesimi principi cui si è ispirato il legislatore nel dettare le regole di quella materia; onde il principio informatore della materia, più che costituire una regola del giudizio, rappresenta un limite al potere equitativo del giudice, attraverso la limitazione della discrezionalità di questi, nella determinazione della regola del caso concreto, entro i confini dei principi informatori della materia (Cass. 11. 1. 05 n. 382).

Una volta stabilito che il rispetto dei “principi informatori della materia” costituisce un limite al giudizio di equità e non una regola da applicare, ne discende che il ricorso per Cassazione contro la sentenza del Giudice di Pace, ai sensi dell’art. 360/1 n. 3 CPC, dev’essere inteso non a denunciare la violazione d’una regola – che, in quanto tale, non può costituire principio informatore della materia, dal momento che il principio informatore è quello che il legislatore tiene presente nel porre una determinata regola ed, in quanto tale, preesiste ad essa – ma il superamento di quel limite.

Il ricorso, dunque, che denunzi la violazione d’un principio informatore della materia deve indicare con chiarezza e specificamente quale sia il principio che si assume violato (art. 366, primo comma, n. 4 CPC) e come la regola equitativa, individuata dal giudice dì pace, si ponga in contrasto con tale principio, la specificazione ed individuazione dei “principi informatori” dovendo essere la più netta e chiara possibile, trattandosi non di principi oggettivizzati in norme, ma di principi che prima devono essere individuati da chi pretende che siano stati violati e solo successivamente essere verificati dal giudice di legittimità, anzi tutto nella loro esistenza e successivamente nella loro eventuale violazione.

Il che parte ricorrente ha fatto puntualmente e fondatamente.

Se, infatti, per quanto sopra evidenziato, il Giudice di pace, tenuto all’osservanza dei principi informatori della materia, non deve tuttavia individuare la regola equitativa traendola dalla disciplina in concreto dettata dal legislatore, ma, nell’individuazione di detta regola, deve solo aver cura ch’essa non contrasti con i principi cui si è ispirato il legislatore nel dettare una determinata disciplina, il risultato della scelta potrà anche essere diverso da quello raggiunto dal legislatore, sia sul piano dell’individuazione della singola regola sia sul piano del rispetto dei principi regolatori, tuttavia esso non potrà essere considerato legittimo ove i detti principi ai quali si è ispirato il legislatore egli non abbia rispettati.

Ora, nella specie il giudice a quo ha ben identificato i principi informatori dell’istituto della prescrizione in generale, id est l’estinzione dei diritti per loro mancato esercizio in un lasso di tempo normativamente determinato, e di quella presuntiva in particolare, id est la communìs opinio per cui determinati crediti possono ritenersi soddisfatti ove l’avente diritto non li abbia fatti valere entro il breve lasso di tempo nel quale per loro natura esigono soddisfazione; e tuttavia, pur avendo dato atto in parte espositiva che il convenuto, oltre alla prescrizione presuntiva, aveva eccepito tanto l’insussistenza del titolo di credito, negando d’aver conferito alcun incarico al professionista, quanto l’entità del credito, contestando l’accordo su dì essa dedotto dall’attore, ha non di meno ritenuto di poter presumere prescritto il credito dedotto in giudizio.

Il che palesemente contrasta con il principio informatore delle prescrizioni presuntive, nelle quali l’estinzione del diritto trova giustificazione non nell’inerzia del titolare in assoluto, come per la prescrizione ordinaria, ma nella considerazione che, stanti la natura del rapporto e della relativa pretesa, tale inerzia sia stata determinata dell’avvenuto soddisfo della pretesa stessa.

Non trattasi, pertanto, d’applicazione equitativa dell’art. 2956 n. 2 CC ad un’ipotesi comunque allo stesso riconducibile per tempo o per materia e neppure d’omessa applicazione dell’art. 2959 CC, intese come violazione delle dette norme, non deducibile in sede d’impugnazione delle sentenze rese nelle controversie regolate dall’art. 113/11 CPC, ma di patente contrasto con quel principio informatore della materia per cui la presunzione d’adempimento non può logicamente trovare applicazione ove lo obbligato stesso formuli dichiarazioni difensive dalle quali possa certamente desumersi che l’adempimento non ha avuto luogo.

Il che, tra l’altro, si traduce, nel caso di specie, anche nell’evidente incoerenza della motivazione, denunziata dal ricorrente ed ammissibile ex art. Ili Cost., laddove il giudice a quo espressamente richiama nil presupposto della prassi del pagamento senza dilazione per l’agevole determinazione del credito” dopo aver dato atto che il convenuto aveva negato la propria qualità di debitore, tanto per il titolo quanto per l’entità del credito, e, quindi, contestualmente negato altresì d’aver soddisfatto il credito ex adverso azionato.

L’impugnata sentenza va, dunque, annullata in relazione al motivo accolto e la causa, di conseguenza, rimessa per nuovo esame ad altro giudice del merito pari ordinato, che s’indica in diverso magistrato dell’ufficio del G. d. P. di Po., cui è anche demandato, ex art. 385 CPC, di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Gli altri motivi, relativi al merito, restano assorbiti.

P. Q. M.

LA Corte

Accoglie l’esaminato motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa e rinvia, anche per le spese, ad altro magistrato dell’ufficio del G. d. P. di Po.  

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