Corte di Cassazione n° 9822/09 – sanzioni amministrative – Il disabile non può parcheggiare nella fermata dei mezzi pubblici – 24.04.09. – Corte di Cassazione n° 9822/09 – sanzioni amministrative – Il disabile non può parcheggiare nella fermata dei mezz

Images: cassazione sito.jpg
Images: cassazione sito.jpg
Images: cassazione sito.jpgLa Corte di Cassazione, con la sentenza in oggetto, ha precisato che il disabile può derogare ai divieti di sosta imposti da un provvedimento dell’autorità competente, ma deve rispettare i limiti imposti direttamente dalla legge. Nel caso di specie, un soggetto portatore di handicap che aveva parcheggiato nello spazio riservato alla fermata dei mezzi pubblici, si è visto respingere il ricorso dalla Suprema Corte, la quale ha stabilito: «alle persone detentrici del contrassegno di cui all’art. 12 viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse…. »… ed è evidente che  norma si riferisce  esclusivamente a divieti di sosta stabiliti con apposito provvedimento dell’autorità competente e non riguardano i divieti imposti dalla legge i quali non possono essere derogati da un provvedimento amministrativo pena la sua illegittimità e conseguente disapplicazione dello stesso da parte dell’Autorità giudiziaria ordinaria.  Sentenza n. 9822/2009Aprile 27, 2009 · Categoria Leggi e Sentenze Circolari  Disabili – Multe per divieto di sosta

                                                         
                                                          REPUBBLICA ITALIANA

                                                   IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

                                                LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

                                                      SEZIONE SECONDA CIVILE 
                                                          
                                                         Sentenza n. 9822/2009

                                                                   

ha pronunciato la seguente SENTENZA 
sul ricorso proposto da … omissis … contro COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco in carica avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 21323/05 depositata il 13 maggio 2005; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’ 11 dicembre 2008 dal Consigliere dott. Carlo DI CHIARA;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Riccardo FUZIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; 
PREMESSO : che la sig.ra … omissis … propose opposizione, ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, avverso verbale di contestazione elevato nei suoi confronti il 22 giugno 2004 dalla Polizia Municipale di Roma per aver sostato nello spazio riservato alla fermata dei mezzi pubblici, in violazione dell’art. 158 del codice della strada;che l’adito Giudice di pace della capitale, nel contraddittorio con il Comune, ha respinto l’opposizione sul rilievo che la qualità di portatrice di handicap – dedotta dall’opponente – non valeva a consentire la sosta,che la soccombente ha quindi proposto ricorso per cinque motivi, illustrati anche da memoria, cui resiste il Comune con controricorso; 
CONSIDERATO:che con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene essere la sosta in questione consentita ai portatori di handicap a norma dell’art. 11 del dpr_503_1996 (”Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”), nonché dell’ordinanza del Sindaco di Roma n. 482 del 1995, secondo cui il contrassegno speciale di circolazione rilasciato ai portatori di handicap consente a questi ultimi la sosta ove vige il divieto a condizione che non sia di intralcio al traffico;
che l’art. 11, comma 3, del richiamato D.P.R. n. 503 recita: “Alle persone detentrici del contrassegno di cui all’art. 12 viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta”;
che è evidente, già in base alla semplice esegesi della norma, che questa si riferisce (come è fatto palese dalla locuzione “sia stata vietata o limitata la sosta”) esclusivamente a divieti di sosta stabiliti con apposito provvedimento dell’autorità competente (ai sensi degli artt. 6, comma 4 lett. d) , e 7, comma 1 lett. a), c.d.s.), e dunque non ai divieti direttamente previsti dalla legge, come quello – rilevante nella specie – di cui all’art. 158, comma 2 lett. d), c.d.s.;
né un provvedimento amministrativo, quale l’ordinanza sindacale cui fa cenno la ricorrente, potrebbe comunque disporre diversamente, pena la sua illegittimità e dunque disapplicabilìtà da parte del giudice ordinario;
che il primo motivo di ricorso è pertanto infondato; che con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto e nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 23 della legge n. 689 del 1981, si lamenta che l’amministrazione, sulla quale gravava il relativo onere, non avesse dimostrato la fondatezza della pretesa sanzionatoria e avesse contravvenuto all’ordine del giudice di depositare in cancelleria gli atti relativi all’accertamento;
che anche tale motivo è infondato, giacché la prova dell’infrazione può prova dell’infrazione può essere ricavata, in difetto di prova contraria, anche dal solo verbale di accertamento opposto, mentre l’inottemperanza all’ordine di deposito della documentazione, di cui all’art. 23, secondo comma, legge n. 689 del 198.1, non comporta alcuna nullità;
che con il terzo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 3 della legge appena richiamata, nonché vizio di motivazione, si fa presente che la ricorrente aveva esposto, nell’atto di opposizione, di essere stata autorizzata alla sosta da un vigile urbano ed aveva, quindi, incolpevolmente fatto affidamento su tale autorizzazione, onde il Giudice di pace avrebbe dovuto escludere l’elemento soggettivo dell’illecito;
che con il quarto motivo, denunciando violazione di norme di diritto e nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 23 della medesima legge, si lamenta che il Giudice di pace non abbia assunto d’ufficio la testimonianza del predetto vigile urbano;
che il quarto motivo, da esaminare prioritariamente in quanto pregiudiziale al precedente, contiene in effetti nella manifesta genericità della denuncia di violazione di legge e nullità del procedimento – una censura di vizio di motivazione (sotto il profilo della omessa assunzione di una testimonianza decisiva) ed è inammissibile per genericità e difetto di decisività, non avendo la ricorrente indicato nell’atto di opposizione (e comunque non avendo dedotto in ricorso di avere fornito al giudice di merito tale indicazione) le generalità del vigile urbano onde consentirne la eventuale assunzione quale teste;
che il terzo, dipendente motivo di ricorso segue la sorte del quarto;che con il quinto motivo, denunciando violazione dell’art. 204 bis c.d.s. e nullità della sentenza e del procedimento, si lamenta che il Giudice di pace abbia omesso di pronunciarsi sull’entità sia della sanzione pecuniaria principale sia della sanzione accessoria della decurtazione dei punti di patente;che il motivo è inammissibile, perché nella sentenza impugnata si legge che il Giudice di pace ha “confermato la validità ed efficacia della sanzione irrogata dalla Pubblica Amministrazione”, e dunque non può sostenersi senz’altro che vi sia stata omissione di pronuncia sulla determinazione della sanzione, la quale appare, invece, determinata per relationem; onde era, semmai, a questa impostazione data dal giudice alla questione che la ricorrente avrebbe dovuto, nel ricorso, muovere puntuali censure; che il ricorso va pertanto rigettato;
che non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, atteso che il controricorso dell’intimato è inammissibile in quanto tardivo, essendo stato notificato il 2 gennaio 2006, oltre il termine di complessivi quaranta giorni dalla notifica del ricorso (artt. 369, primo comma, e. 370, primo comma, c.p.c.) avvenuta l’il novembre 2005. 

                                                                      P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso.
Depositata in Cancelleriail 24.04.2009 

Potrebbero interessarti anche...