La Suprema Corte cassa la sentenza della Corte di Appello ritenendo che la stessa abbia in modo aprioristico considerato che il referente normativo per l’inquadramento della responsabilità della P.A. è costituito, non dall’art. 2051 c.c. ma dall’art. 2043 c.c. La Cassazione ha precisato che Corte di Appello ha fatto proprio un orientamento giurisprudenziale ormai obsoleto e che non tiene conto dell’evoluzione della giurisprudenza in subiecta materia a partire dalla nota pronuncia n. 156 del 10.5.1999 della Corte costituzionale, la quale ebbe, infatti, ad affermare il principio che alla P.A. non era applicabile la disciplina normativa dettata dall’art. 2051 c.c. solo allorquando “sul bene di sua proprietà non sia possibile – per la notevole estensione di esso e le modalità di uso da parte di terzi – un continuo, efficace controllo, idoneo ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti”.
Corte di Cassazione – Sezione terza civile
Presidente Varrone – Relatore Federico Pm Scardaccione – difforme – Ricorrente F. – Controricorrente Comune di Ravenna
Svolgimento del processo
F. Maria conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Ravenna il Comune di Ravenna per sentirlo condannare al risarcimento dei danni da lei patiti il 21.5.91 allorquando, mentre percorreva a bordo di un ciclomotore la via Antico Squero in Ravenna e si apprestava a svoltare a sinistra, la ruota anteriore del mezzo si infilava nella rotaia di un binario che in quel punto tagliava la strada, provocando la sua caduta in conseguenza della quale riportava lesioni.
Il Comune si costituiva contestando la domanda e negando che vi fosse stata un’insidia o un trabocchetto.
Con sentenza depositata il 27.7.00 il Tribunale adito, ritenendo applicabile alla fattispecie la previsione dì cui all’art. 2051 c.c., condannava il Comune di Ravenna al risarcimento dei danni in favore dall’attrice, liquidandoli in £ 49.839.617, oltre rivalutazione ed interessi.
Avverso tale decisione proponeva appello il Comune, cui la F. resisteva. Con sentenza depositata il 7.8.03 la Corte di Appello di Bologna accoglieva il gravame, rigettando la domanda proposta dalla F. .
Quest’ultima ha, quindi, proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza suddetta, affidandosi a due motivi, mentre il Comune ha resistito con controricorso.
La F. ha depositato anche una memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2051 c.c., avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto che in presenza di un uso ordinario e generale, da parte dei cittadini, dei beni demaniali che presentino notevole estensione, per questo solo fatto la P.A. sarebbe esente da responsabilità ex art. 2051 c.c.
Con il secondo motivo lamenta invece omessa o in sufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, e cioè la sussistenza o meno del potere di controllo e di vigilanza sul bene demaniale in questione da parte dell’ente territoriale.
I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.
Giustamente, infatti, la ricorrente si duole che in ordine ai danni subiti dall’utente in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione delle strade pubbliche la Corte territoriale abbia in modo aprioristico ritenuto che il referente normativo per l’inquadramento della responsabilità della P.A. è costituito, non dall’art. 2051 c.c. che sancirebbe una presunzione inapplicabile nei confronti della P.A. con riferimento ai beni demaniali quando siano oggetto di un uso generale ed ordinario da parte dei terzi, ma dall’art. 2043 c.c., che impone invece, nell’osservanza della norma primaria del “neminem laedere”, di far sì che la strada aperta al pubblico transito non integri per l’utente una situazione di pericolo occulto.
In realtà, la Corte di merito ha fatto proprio un orientamento giurisprudenziale ormai obsoleto e che non tiene conto dell’evoluzione della giurisprudenza in subiecta materia a partire dalla nota pronuncia n. 156 del 10.5.1999 della Corte Costituzionale, la quale ebbe, infatti, ad affermare il principio che alla P.A. non era applicabile la disciplina normativa dettata dall’art. 2051 c.c. solo allorquando “sul bene di sua proprietà non sia possibile – per la notevole estensione di esso e le modalità di uso, diretto e generale, da parte di terzi – un continuo, efficace controllo, idoneo ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti”.
Ne deriva che, secondo tale autorevole interprete, il fattore decisivo per l’applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c. debba individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l’impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all’uso generale e diretto da parte dei terzi, considerati meri indici di tale impossibilità, ma all’esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto degli indici suddetti.
In questa direzione si è orientata anche negli ultimi anni la giurisprudenza di questa Corte, i cui più recenti arresti hanno segnalato, con particolare riguardo al demanio stradale, la necessità che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all’estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all’interno della perimetrazione del centro abitato (v. Cass. n. 3651/2006; n. 15384/2006).
Questo procedimento di verifica in merito all’esistenza del potere di controllo e vigilanza di cui si discute, come è stato dimostrato correttamente dalla ricorrente mediante trascrizione nel ricorso di significativi passaggi della decisione di primo grado (v. pag. 6 del ricorso), è stato puntualmente eseguito dal Tribunale di Ravenna, e con esito assolutamente affermativo, mentre è stato totalmente omesso dalla Corte di merito, che si è trincerata dietro l’inapplicabilità in via di principio dell’art. 2051 c.c. alla manutenzione delle strade da parte della P.A.
Ne consegue che, non risultando essere stata oggetto di appello da parte del Comune di Ravenna la questione relativa al potere di controllo, debba ritenersi che tale accertamento di fatto, come premessa indefettibile e fondamento logico-giuridico della pronuncia sulla domanda di responsabilità fatta valere dalla rincorrente, abbia ormai acquistato efficacia di giudicato interno, del quale occorre tener conto nel prosieguo della causa ai fini della decisione nel merito.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna, che dovrà attenersi ai principi di diritto, come sopra enunciati, e decidere anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna.