Corte di Cassazione n° 20352/2010 – sinistro stradale – dichiarazione contenuta nel modello CID non ha valore di piena prova ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice -28.09.2010. –
La dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato e – come detto – litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice (Cass., Sez. Un., 5.5.2006, n. 10311; Cass., 25.5.2007, n. 12257).
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
SENTENZA del 28.09.2010 N° 20352
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
T. L. conveniva dinanzi al Giudice di Pace di Legnano la P. Assicurazioni s.p.a. ed A. C. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dall’autovettura di sua proprietà a seguito dello scontro verificatosi con un veicolo dello stesso C. , assicurato dalla suddetta compagnia assicuratrice. Quest’ultima si costituiva in giudizio contestando sia che il sinistro si fosse effettivamente verificato, sia l’ammontare dei danni richiesti. Il convenuto A. C. veniva dichiarato contumace. Il C.t.u. nominato dal Giudice di Pace escludeva la compatibilità dei danni all’autovettura con la dinamica del sinistro come descritta da parte attrice e rilevava che il numero di targa indicato nel modulo di constatazione amichevole non contrassegnava il veicolo del C. Il Giudice di Pace rigettava pertanto le domande attrici. Proponeva appello la L. chiedendo l’ammissione di mezzi istruttori e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti dal veicolo. La P. assicurazioni chiedeva il rigetto dell’appello. Il Tribunale di Milano respingeva l’Appello e condannava l’appellante alla rifusione delle spese in favore dell’appellata. Proponeva ricorso per cassazione T. L. , con tre motivi. Non svolgevano attività difensiva gli intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi del ricorso, da trattare unitariamente in considerazione della loro stretta connessione, T. L. denuncia rispettivamente: 1) «Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2735 c.c., dell’art. 5 comma II L. 39/77 con riferimento all’art. 360 comma II nn. 3 e 5 c.p.c.»; 2) «Violazione e falsa applicazione da parte del Giudice di secondo grado, dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 5 comma II L. 39/77 sotto altro profilo: violazione dell’art. 360 comma I n. 3 c.p.c.». Sostiene parte ricorrente che il Tribunale ha omesso di valutare la rilevanza probatoria del modulo di constatazione amichevole, non tenendo conto che lo stesso costituisce, rispetto al conducente firmatario, una confessione stragiudiziale ai sensi dell’art. 2735 c.c., il cui valore non può essere superato da prova contraria. Sostiene altresì la L. che il Tribunale di Legnano ha errato nell’escludere la valenza probatoria del modulo di constatazione amichevole anche nei confronti dell’assicuratore: infatti, ai sensi dell’art. 5 comma II della legge 39/77 il suddetto modulo costituisce prova presuntiva nei confronti dell’assicuratore per superare la quale quest’ultimo deve fornire la prova contraria. Secondo la ricorrente il Tribunale di Legnano ha dunque errato nell’invertire l’onere della prova, tenuto anche conto che la suddetta disposizione costituisce norma speciale rispetto a quella, generale, dettata dall’art. 2733, comma II, c.c. Nessuna prova inoltre, secondo la L. , è stata data circa la mancata verificazione dell’incidente. I motivi sono infondati. Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall’inizio, assume la veste di litisconsorte necessario, poiché la controversia deve svolgersi in maniera unitaria fra i tre soggetti del rapporto processuale (danneggiato, assicuratore e responsabile del danno). Tale controversia coinvolge quindi sia il rapporto di danno, originato dal fatto illecito dell’assicurato, sia il rapporto assicurativo, con la conseguente necessità che il giudizio deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti che vi partecipano. Avuto riguardo alle dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del danno, deve pertanto escludersi che, nel giudizio instaurato ai sensi dell’art. 18 della legge n. 990 del 1969 (sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l’azione diretta che nell’ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno), si possa pervenire ad un differenziato giudizio di responsabilità in base alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall’altro. Per le suddette ragioni va ritenuto che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato e – come detto – litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice (Cass., Sez. Un., 5.5.2006, n. 10311; Cass., 25.5.2007, n. 12257). Si deve peraltro osservare che l’assicuratore non poteva fornire la prova che il sinistro non era avvenuto e comunque dalla Ctu è risultata l’incompatibilità fra i danni all’autovettura e la dinamica dell’incidente come descritta da parte attrice. Con il terzo ed ultimo motivo si denuncia infine «Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.». Lamenta parte ricorrente che il Giudice ha omesso di considerare la deposizione del teste G. che ha confermato il preventivo delle spese. Anche quest’ultimo motivo è infondato. Il Tribunale infatti, con accertamento di merito non sindacabile in questa sede, preso atto della mancata produzione della fattura, ha valutato la prova testimoniale come non attendibile. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere pertanto rigettato, mentre in assenza di attività difensiva di parte intimata nulla deve disporsi per le spese del processo di cassazione.
P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e nulla dispone per le spese del processo di cassazione.
Depositata in Cancelleria il 28.09.2010 |