Corte di Cassazione n° 1940/2010 – efficacia probatoria del verbale di accertamento -28.01.2010. –
La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, avente ad oggetto la questione sull’efficacia probatoria conferita al verbale di accertamento, ha precisato che, in proposito, si sono espresse recentemente le Sezioni Unite con sentenza n. 17355/09, a tenore della quale è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti. CORTE DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE
SENTENZA N. 1940/2010 DEL 28/01/2010
Il giudice di pace con sentenza del 17 febbraio 2006 rigettava l’opposizione proposta da T. S. e M. avverso il comune di (…….), per l’annullamento del verbale di contestazione n. (…….) notificato a S., relativo a violazione dell’art. 146 C.d.S., comma 3. In esito all’istruttoria svolta, rilevava che il provvedimento non aveva violato l’art. 201 C.d.S., in tema di contestazione immediata dell’infrazione stradale (passaggio con il semaforo rosso). Gli opponenti, qualificandosi rispettivamente proprietario e conducente del veicolo, hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 5 dicembre 2006. Il Comune è rimasto intimato. Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato. I quattro motivi di ricorso lamentano rispettivamente: a) violazione dell’art. 112 c.p.c., invocato con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per omessa pronuncia con riferimento alle “eccezioni di merito”; b) vizio di motivazione in relazione all’efficacia probatoria conferita al verbale su circostanze non oggetto di percezione diretta; c) violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per indebita valorizzazione di allegazioni contenute in comparsa conclusionale e per la mancata considerazione del rifiuto ingiustificato dell’amministrazione di fornire documentazione e informazioni richiesta, d) vizio di motivazione sulla ritenuta legittimità dell’accertamento. Nella congiunta trattazione delle censure, i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata non avrebbe risposto alla deduzione secondo la quale l’agente non avrebbe potuto rilevare l’infrazione, perchè si trovava a bordo di auto di servizio in senso opposto di marcia, sì da non poter percepire direttamente l’accaduto. Aggiungono che intendimento dell’opposizione era contestare la fede privilegiata del verbale, questione non affrontata dal giudicante, soffermatosi sulla questione del buon funzionamento del semaforo, sollevata soltanto come “corollario” dell’eccezione principale. Le doglianze non hanno pregio. La sentenza ha dato conto dell’istruttoria svolta e del fatto che testimonialmente l’agente verbalizzante aveva confermato “l’avvenuta infrazione”. La motivazione resa sul punto era peraltro sovrabbondante, giacchè l’attestazione, contenuta a verbale, della diretta percezione del passaggio con semaforo rosso avrebbe dovuto essere contestata mediante querela di falso. In proposito si sono espresse recentemente le Sezioni Unite con sentenza n. 17355/09, a tenore della quale è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti. Così integrata, la sentenza impugnata sfugge a ogni censura in ordine al mancato esame delle questioni relative alla portata probatoria del verbale, non utilmente esaminabili nel giudizio di opposizione. Anche la doglianza relativa alla mancata contestazione immediata è inconferente. In primo luogo è lo stesso ricorso a ricordare che la contestazione immediata non era prevista a pena di invalidità dell’accertamento, giacchè l’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, stabilisce espressamente che non è necessaria nel caso di attraversamento di un semaforo indicante la luce rossa. Non è pertanto possibile far valere in sede di opposizione l’omissione dell’agente attenutosi a tale disposizione. In secondo luogo il ricorso denuncia una presunta incoerenza dell’agente, che avrebbe affiancato il trasgressore e gli avrebbe segnalato l’avvenuta trasgressione senza dar corso alla contestazione. Sul punto la sentenza è esente da ogni vizio di motivazione, perchè aveva ben spiegato che l’episodio era avvenuto circa venti minuti dopo l’infrazione, – in considerazione del tempo trascorso, non v’era luogo per contestazione immediata, sicchè la segnalazione effettuata dal vigile al conducente, evidentemente conosciuto personalmente, valeva soltanto a preavvertirlo informalmente del rilevamento dell’infrazione, ma non rendeva possibile nè lecito effettuare in quel momento, a verbale già formato da circa venti minuti e che quindi non avrebbe potuto essere riaperto, la “contestazione immediata”. Infine non ha pregio neppure la censura relativa alla mancata esibizione di documenti relativi al funzionamento del semaforo, giustificata in sentenza recependo deduzioni contenute solo in comparsa conclusionale dell’ente, circa l’impossibilità di togliere la scheda semaforica senza bloccare il funzionamento del semaforo. La giustificazione addotta, pur se raccolta dalla comparsa conclusionale senza la verifica del contraddittorio e pur se in sè incongrua, giacchè l’eventuale necessità di accertamento giurisdizionale avrebbe potuto portare, con le cautele tecniche del caso, ad effettuare l’accertamento, è irrilevante. Infatti, a fronte della attestazione circa la contestazione personale dell’infrazione da parte dell’agente, senza che fosse stata proposta querela di falso, diveniva inconsistente la prospettazione sul funzionamento del semaforo, visto dal lato del trasgressore, diverso da quello opposto; nè il ricorso riporta integralmente (ai fini dell’autosufficienza del ricorso per cassazione) l’esatto esito della testimonianza e il testo del verbale, al fine di far comprendere se nel documento stesso vi fosse intima contraddizione. L’odierno ricorso, che non coglie questa problematica, non si sforza di dimostrare la decisività della mancata acquisizione della risultanza (documentazione semaforica) in contestazione neppure sotto il profilo dell’esistenza di un’anomalia di funzionamento dell’apparecchio, ditalchè il vizio rilevato è inconferente. Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso, al quale non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso |