Corte di Cassazione n° 15131 – sigarette lights – ingannevole la dicitura lights – va provata l’esistenza del danno – 04.07.07. –

Risarcimento Danni

Osserva questa Corte che, anche in tema di risarcimento del danno da responsabilità aquiliana (sia esso patrimoniale che non patrimoniale) occorre che sia provata l’esistenza di questo danno di cui si chiede il risarcimento, non potendo ritenersi che il danno sia in re ipsa, cioè coincida con l’evento, poiché il danno risarcibile è pur sempre un danno conseguenza anche nella responsabilità aquiliana, giusti i principi di cui agli artt. 2056 e 1223 ce, e non coincide con l’evento, che è invece un elemento del fatto, produttivo del danno. Invero il danno risarcibile, nella struttura della responsabilità aquiliana, non si pone in termini di automatismo, con il fatto dannoso. La linea logica che sostenesse il contrario ed a cui pare ispirarsi la sentenza impugnata, si fonderebbe essenzialmente sul presupposto che, una volta verificatosi il fatto dannoso, la dimostrazione del danno ingiusto risarcibile sarebbe “in re ipsa”, per cui non ricadrebbe sull’attore originario l’onere della dimostrazione delle singole situazioni di pregiudizio subite e risarcibili. Questa impostazione non è accettabile. Ed invero sostenere ciò significa affermare la sussistenza di una presunzione in base alla quale, una volta verificatosi il fatto, appartiene alla regolarità causale la realizzazione del danno ingiusto oggetto della domanda risarcitoria, per cui la mancata conseguenza di tale pregiudizio debba ritenersi come eccezionale”.  

                                                            CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE 

                                                                SENTENZA 4 luglio 2007, n.15131

Pres. Vittoria- est. Segreto
  

                                                                      Svolgimento del processo
 

 
… … conveniva davanti al giudice di pace di Torre Annunziata la s.p.a. … … … Italia per sentirla condannare al risarcimento dei danni, nei limiti del giudizio di .equità, derivanti dall’ingannevolezza del descrittivo “Lights” contenuto sul contenitore di sigarette … , per effetto del quale egli, già fumatore di … normali, era passato a questo tipo di sigarette più “leggere”, nella convinzione indotta che esse fossero meno dannose.    
Assumeva il ricorrente che tale convinzione era frutto della pubblicità ingannevole contenuta nel descrittivo Lights, come emergeva dal provvedimento dell’A.G.C.M. del 13.3.2003, mentre, come risultava scientificamente accertato, tale tipo di sigarette non comportavano alcuna riduzione del rischio e del danno da fumo.
Si costituiva la convenuta, che proponeva varie eccezioni.
Il Giudice di pace, con sentenza definitiva depositata il 22.2.2005 condannava la convenuta al pagamento della somma di-é .1000,00 a titolo di risarcimento del danno.
    
Riteneva il giudice di pace che era accertato che il descrittivo “Lights” o “leggere”, apposto sul contenitore delle sigarette costituisse una forma di pubblicità ingannevole sul fatto che tali sigarette comportassero un minor danno o rischio da fumo, rispetto alle sigarette normali, come emergeva anche dal provvedimento dell’A.G.C.M. del 13.3.2003;
che era stato scientificamente provato che il danno ed il rischio erano, invece, inalterati;
che il fatto che l’attore fosse passato a fumare da sigarette normali sigarette … Lights, ritenute meno dannose, e che l’essersi poi accorto che il danno alla salute era eguale a quello precedente, gli aveva procurato un danno morale, o meglio un disagio esistenziale o un danno da stress, liquidato nella predetta somma.
    
Il giudice di pace rigettava la domanda di manleva proposta dalla Bat nei confronti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, per difetto di legittimazione passiva.    
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la convenuta, BAT, che ha anche presentato memoria.
Non ha svolto attività difensiva l’attrice.
    Resiste con controricorso l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli.    
Motivi della decisione    
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dei principi ispiratori della responsabilità civile, con particolare riguardo all’illiceità del fatto, in quanto sia il provvedimento dell’autorità garante che la direttiva comunitaria vietavano la dicitura Lights solo dal 2003, mentre, quanto al periodo precedente, non poteva configurarsi nessuna ipotesi di inganno.    
2. Il motivo è infondato.
E’ vero che a norma dell’art. 7 della direttiva 2001/37/CE, cui è stata data attuazione tramite il d. lgs. n. 184/2003, solo dal 30 settembre 2003 sono vietate le diciture denominazioni, marchi, immagini o altri elemento, che suggeriscono che un particolare prodotto del tabacco è meno nocivo di altri.
Sennonché la circostanza che solo dal 30/9/2003 la dicitura non possa essere apposta sulla confezione di sigarette non esclude che tale parola non possa costituire il fatto integrante la responsabilità aquiliana, antecedentemente a tale data.
Anzitutto nella struttura dell’art. 2043 ce. non si richiede che il “fatto” sia “illecito”, ma solo che il “danno” sia “ingiusto”.
Per cui ciò che rileva è che il fatto (assistito almeno dalla colpa) dell’agente abbia prodotto la lesione di una posizione giuridica altrui, ritenuta meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, lesione non altrimenti giustificata.
In ogni caso nella fattispecie la parte attrice ha fatto valere il diritto al risarcimento del danno da messaggio ingannevole (lights) esistente sul pacchetto di sigarette, indipendentemente dall’esplicito divieto all’utilizzo di tale dicitura.
L’ordinamento già con il d.lgs 25/01/1992 n.74 (abrogato dall’art.146, D.Lgs. 6 settembre 2005) sanzionava la pubblicità ingannevole statuendo all’art. 2, lett. B) che per «pubblicità ingannevole», dovesse intendersi qualsiasi pubblicità che in qualunque modo,compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente.
  
3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dei principi ispiratori della responsabilità civile , con particolare riguardo al rapporto di causalità.
Lamenta la ricorrente che non risulta provato il danno morale o da stress liquidato dal giudice, né che detto danno derivasse dalla condotta di essa ricorrente; che essa ricorrente non era tenuta ad apporre sui pacchetti di sigarette, che già contenevano le diciture (previste dalla legge) relative ai danni del fumo, ulteriori dichiarazioni aggiuntive per le sigarette lights, poiché il consumatore-fumatore era già avvertito di tali danni dalle diciture esistenti.  
4,1.Il motivo è fondato.
Va premesso che contro le sentenze del giudice di pace in cause di valore non superiore ad euro 1100,00, e perciò da decidere secondo equità, il ricorso per cassazione è ammesso solo per il mancato rispetto delle regole processuali, per violazione di norme costituzionali e comunitarie (in quanto di rango superiore alla legge ordinaria), ovvero per violazione dei principi informatori della materia, e per carenza assoluta o mera apparenza della motivazione o di radicale ed insanabile contraddittorietà, non essendo ammissibile il ricorso per violazione o falsa applicazione di legge, a norma dell’art. 360 n. 3 c.p.c. (S.U. 15 ottobre 1999, n. 716, coordinata con la sentenza additiva della Corte Cost. 14.7.2004, n. 206). L’art. 2043 ce. fissa i principi informatori della responsabilità civile, ai quali anche il giudice di pace nel giudizio di equità deve attenersi.
Nella fattispecie il giudice di pace ha ritenuto che la parte attrice, passando a fumare sigarette lights in luogo di quelle normali che già fumava, sulla base dell’errata convinzione (a cui era stato indotto dalla dicitura “lights”) di ridurre i danni da fumo, proprio perché tale risultato non era stato conseguito, avesse subito “un danno morale, o meglio un danno esistenziale o danno da stress”. Sennonché il giudice di pace non indica il percorso argomentativo ed i supporti probatori sulla base dei quali ha ritenuto la sussistenza nella fattispecie di un danno morale o di un danno da stress della parte attrice. 
4.2. Osserva questa Corte che, anche in tema di risarcimento del danno da responsabilità aquiliana (sia esso patrimoniale che non patrimoniale) occorre che sia provata l’esistenza di questo danno di cui si chiede il risarcimento, non potendo ritenersi che il danno sia in re ipsa, cioè coincida con l’evento, poiché il danno risarcibile è pur sempre un danno conseguenza anche nella responsabilità aquiliana, giusti i principi di cui agli artt. 2056 e 1223 ce, e non coincide con l’evento, che è invece un elemento del fatto, produttivo del danno. Invero il danno risarcibile, nella struttura della responsabilità aquiliana, non si pone in termini di automatismo, con il fatto dannoso.
La linea logica che sostenesse il contrario ed a cui pare ispirarsi la sentenza impugnata, si fonderebbe essenzialmente sul presupposto che, una volta verificatosi il fatto dannoso, la dimostrazione del danno ingiusto risarcibile sarebbe “in re ipsa”, per cui non ricadrebbe sull’attore originario l’onere della dimostrazione delle singole situazioni di pregiudizio subite e risarcibili. Questa impostazione non è accettabile.
Ed invero sostenere ciò significa affermare la sussistenza di una presunzione in base alla quale, una volta verificatosi il fatto, appartiene alla regolarità causale la realizzazione del danno ingiusto oggetto della domanda risarcitoria, per cui la mancata conseguenza di tale pregiudizio debba ritenersi come eccezionale.
Così operando si pone a carico del convenuto danneggiante l’onere della prova contraria all’esistenza del danno in questione, senza che esso sia stato provato dall’attore.4.3.Occorre, quindi, che l’attore-danneggiato fornisca la specifica prova del danno lamentato. Ovviamente tra dette prove può annoverarsi anche quella presuntiva, ma di essa il giudice deve dare adeguato conto, non potendo ritenersi implicita nella statuizione risarcitoria.
Ciò vale tanto più nella fattispecie in esame in cui l’attore assume di essere già un fumatore e come tale già esposto coscientemente ai rischi e danni da fumo, ma lamenta che il passaggio alle sigarette più “leggere”, che secondo il messaggio subliminalmente “ingannevole” nel predetto descrittivo avrebbe dovuto comportargli una riduzione del rischio e del danno da fumo, in effetti non gli ha dato il risultato sperato, essendo danno e rischio da fumo rimasti inalterati.
Sennonché la statuizione risarcitoria non ha ad oggetto questo danno per così dire “differenziale” tra la situazione precedente e quella seguente l’induzione all’uso delle sigarette lights, ma “un danno morale, o meglio un disagio esistenziale o danno da stress”, in merito all’esistenza del quale non risulta alcuna motivazione in sentenza.
5. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di chiamata in causa, art. 106 c.p.c, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c, per avere il giudice di pace rigettato la domanda di manleva proposta nei confronti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
Lamenta la ricorrente che erratamente il giudice di pace ha escluso la legittimazione passiva dell’Amministrazione autonoma, in relazione alla chiamata di manleva, in violazione del d. lgs n. 283/1998 e del d.p.r. 7.2.2000, n. 115 e d.p.r. 15.12.2003, n. 385. 
6. Il motivo è assorbito, per effetto dell’accoglimento del secondo motivo.
Infatti, avendo la Bat proposto azione di manleva nei confronti dell’AAMS in caso di condanna al risarcimento del danno, ed essendo caducata la statuizione di condanna del giudice di pace, non vi è allo stato ragione per passare all’esame di questo motivo di censura. 
7.Pertanto va rigettato il primo motivo di ricorso, va accolto il secondo motivo e dichiarato assorbito il terzo.
Va cassata la sentenza impugnata, con rinvio ad altro giudice di pace di Torre Annunziata.
  
Esistono giusti motivi per compensare tra tutte le parti le spese di questo giudizio di cassazione.  

                                                                                    P.Q.M.
  

Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo e dichiara assorbito il terzo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altro giudice di pace di Torre Annunziata.
  
Compensa tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione 

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