Corte di Cassazione n. 11142/2015 – estratto ruolo munito della dichiarazione di conformità all’originale costituisce prova del credito, ai sensi dell’art. 2718 c. c. – 29/05/2015 –

La Corte di Cassazione, con la sentenza in oggetto, ha ribadito il seguente principio di diritto : ‘L’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenente tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria. Ne consegue che esso costituisce idonea prova (ai sensi dell’art. 2718 cod. civ) della entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale ivi indicata, anche ai fini della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato, e quindi della verifica della giurisdizione de/giudice adito”.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. III SENTENZA N. 11142/2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RUBINO LINA
Data pubblicazione: 29/05/2015
SENTENZA
sul ricorso 27099-2013 proposto da:
EQUITALIA SUD SPA, in persona della sua procuratrice speciale M. M., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato G.C. giusta procura a 2015 margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.K.E.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 248/2013 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ.DIST. DI TARANTO, depositata il 27/05/2013 R.G.N. 486/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/02/2015 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso per la rimessione alle Sezioni Unite ex art. 374 cpc.
I FATTI
Nel 2010 R. K. E. proponeva opposizione davanti al Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Manduria, avverso il fermo amministrativo notificatole da Equitalia Pragma s.p.a., lamentandone l’illegittimità perché non preceduto dalla notifica dell’intimazione di pagamento, ed anche l’illegittimità dell’atto presupposto, ovvero della cartella di pagamento, perché notificata in spregio al disposto normativo dell’art. 26 del d. P.R. n. 602 del 1973 ed eccepiva la prescrizione del debito.
Equitalia Pragma s.p.a. costituendosi eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi esclusivamente di pretese di natura tributaria.
Il Tribunale di Taranto con sentenza n. 166 del 2011 accoglieva l’opposizione, dichiarando l’inesistenza della cartella di pagamento opposta, con conseguente inefficacia dell’iscrizione di fermo amministrativo.
In appello, Equitalia ribadiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del g.o. adito per aver giurisdizione il giudice tributario, a seguito dell’ampliamento della giurisdizione operato con la legge n. 448 del 2001, art. 12 e con l’art. 35, punto 26-quinquies della legge n. 248 del 2006, che ha inserito nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 (che elenca tassativamente gli atti impugnabili davanti al giudice tributario), anche il fermo di beni mobili registrati, qualora il provvedimento di fermo sia conseguente all’omesso pagamento di imposte e tasse (nel caso di specie, IRPEF). Deduceva inoltre la nullità della sentenza impugnata, perché emessa in un giudizio affetto da vizi di improcedibilità in quanto introdotto con ricorso anziché con citazione e ribadiva la validità della notifica della cartella presupposta (notificata a mezzo posta, con avviso ricevuto e sottoscritto dalla stessa K., che per impugnarlo avrebbe dovuto proporre querela di falso avverso l’atto che riportava la sua firma) e l’idoneità dell’estratto del ruolo ad attestare l’esatto contenuto della cartella Precisava che le cartelle di pagamento vengono stampate in unico originale, che viene notificato – e consegnato — al contribuente, e riproducono il contenuto del ruolo, emesso dall’ente impositore e trasmesso all’agente di riscossione.
La Corte d’Appello di Lecce — sezione distaccata di Taranto – rigettava l’appello confermando la sentenza di primo grado; essa riteneva infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione, ritenendo che la produzione in giudizio degli estratti di ruolo non fosse idonea a fornire la prova della natura dei crediti azionati.
Equitalia Sud s.p.a., cessionaria del ramo di azienda di Equitalia Pragma s.p.a., propone ricorso articolato in cinque motivi per la cassazione della sentenza n. 248 del 2013 della Corte d’Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto, nei confronti di R.K.E..
La R., benché regolarmente intimata, non ha svolto attività difensive.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2718 c.c., degli artt. 24, 25 e 49 d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 5 comma 5 del d.l. 31.12.1996 n. 669 e degli artt. 1 e 6 del d.m. 321 del 1999 , in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. .
Sostiene che la sentenza impugnata ha errato laddove ha negato valenza probatoria all’estratto di ruolo prodotto da Equitalia (unitamente alla relata di notifica della cartella presupposta al fermo amministrativo opposto) per provare che la cartella a …/92/000 fosse relativa a pretese tributarie, e per provare la
regolarità della notifica.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 19 del d.lgs. n. 546\92 in relazione all’art. 360, n. 1 c.p.c..
La ricorrente sostiene che ha errato in diritto la sentenza impugnata, laddove ha rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione tempestivamente sollevata, violando il disposto dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 (che, nel delimitare la giurisdizione tributaria, statuisce che appartengono ad essa tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie comunque denominati) in combinato disposto con l’art. 19 dello stesso d.lgs. (che nell’elencare gli atti impugnabili dinanzi alla commissione tributaria vi comprende ora anche il fermo amministrativo di beni mobili registrati).
Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
La ricorrente sostiene che i giudici di merito avrebbero dovuto rilevare, in sede di verifica preliminare di ammissibilità, che l’opposizione non rientrava nei limiti fissati dall’art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973 ( in base al quale “non sono ammesse a) le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c., fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; b) le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo “,).
Deduce che, esaminando invece nel merito l’opposizione, il giudice ordinario ha violato i limiti di riparto della giurisdizione, rimessa alle Commissioni tributarie in ordine a tutte le controversie aventi oggetto tributi di ogni genere e specie, in violazione anche dell’affermazione contenuta in S.U. n. 23667 del 2009, che ha sancito ‘L’inammissibili/à delle opposizioni all’esecuzione ed agli atti esecutivi ex art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973, relativamente alle entrate tributarie, per le quali la tutela giudiziaria è affidata, ai sensi dell’art. 2 ci.lgs. n. 366 del 1992, alle commissioni tributarie”.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 21 d.lgs. n. 546\92, 2700 c.c., 26 del d.P.R. n. 602 del 19732697 c.c. e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
Essa deduce che la sentenza impugnata sarebbe altresì errata non avendo valutato un fatto decisivo per la decisione, che ha costituito oggetto di discussione nel corso del giudizio, avendo omesso di prendere in esame tutta la documentazione versata in atti dalla ricorrente ed in particolare le relate di notifica delle cartelle.
Con il quinto motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 615, 616, 183 VI comma c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. La ricorrente denuncia la nullità della sentenza per improcedibilità dell’opposizione, attesa la violazione dell’art. 615 secondo comma c.p.c. , già eccepita in appello.
Sostiene infatti che il giudice dell’opposizione avrebbe dovuto limitarsi a statuire con ordinanza sulla sussistenza dei presupposti per la sospensione dell’esecuzione e fissare il termine previsto dall’art. 616 c.p.c. per l’inizio del giudizio di merito, dando così la possibilità alla ricorrente di richiedere e di fruire dei termini di cui all’art. 183, VI° comma c.p.c., per produrre gli originali, formulare mezzi istruttori, modificare la propria domanda, mentre questi ha deciso direttamente nel merito la controversia utilizzando le forme e i termini del giudizio di cognizione sommaria.
I primi tre motivi di ricorso sono fondati.
Alla corte d’appello era stata sottoposta la questione pregiudiziale di giurisdizione del giudice adito, per essere la controversia in materia di opposizione a fermo amministrativo appartenente alla giurisdizione del giudice tributario, in quanto il fermo era stato apposto a tutela di una pretesa tributaria dell’amministrazione.
Il giudice di appello ha ristretto la motivazione della sentenza sul punto esclusivamente alla affermazione, alquanto apodittica, che nega il valore probatorio dell’estratto di ruolo.
Partendo da questo assunto, il giudice di appello si è limitato ad affermare che, non essendo stato provato che l’Agente per la riscossione agisse in relazione a mancate entrate tributarie ( non avendo l’estratto del ruolo alcun valore probatorio del contenuto delle cartelle), l’eccezione di difetto di giurisdizione fosse infondata, in quanto in caso di incertezza sulla natura della pretesa sussiste la giurisdizione del giudice ordinario.
La questione sottoposta all’attenzione della Corte con il primo motivo concerne la valenza probatoria degli estratti del ruolo al fine di stabilire se l’agente per la riscossione agisca per il recupero coattivo di pretese tributarie o meno. La soluzione che si riterrà di dare alla questione della valenza probatoria degli estratti di ruolo condiziona la soluzione da dare alla successiva questione se in ordine alla proposta opposizione sussistesse o meno la giurisdizione del giudice ordinario adito, posta dal secondo e terzo motivo.
L’affermazione contenuta nella sentenza appellata, secondo la quale gli estratti del ruolo non sarebbero utilizzabili al fine di provare la natura del credito vantato dal concessionario, in quanto gli estratti di cartella sarebbero stati dichiarati conformi agli originali dallo stesso concessionario, e non vi sarebbe certezza sul loro contenuto, non è corretta.
La sentenza qui impugnata sostiene di applicare il principio di diritto contenuto in Cass. n. 16929 del 2012, secondo il quale l’estratto di ruolo non ha forza probatoria proprio per la sua natura di estratto, ovvero per la selezione, operata a sua discrezione dall’amministrazione, nell’indicare in esso solo parte dei dati indicati nella cartella.
L’affermazione della sentenza di appello contiene innanzitutto un errore di metodo, in quanto la sentenza citata non contiene l’enunciazione di un principio di diritto sul punto : la sentenza si conclude con una pronuncia di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, proprio perché il ricorrente non avrebbe ben specificato né indicato di averlo fatto nei gradi di merito per quale ordine di motivi quell’estratto del ruolo sarebbe idoneo a sostituire la cartella. Quindi, è improprio richiamare come contenente un principio di diritto espresso dalla Corte, in ragione del quale si chiede di decidere una controversia, una affermazione contenuta in una sentenza che abbia dichiarato inammissibile il ricorso per aver il ricorrente mal posto la medesima questione.
Vi è poi da dire che l’affermazione della corte d’appello si pone in contrasto con le norme che disciplinano la funzione e il contenuto dell’estratto di ruolo : il ruolo costituisce il titolo esecutivo, ex art. art. 49 del d.p.r. n. 602 del 1973 ai sensi del quale “Per la riscossione delle somme non pagate il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo”.
La cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte, e, al contrario di quanto affermato dalla corte territoriale, l’estratto di ruolo è una riproduzione fedele ed integrale degli elementi essenziali contenuti nella cartella esattoriale : esso deve contenere tutti i dati essenziali per consentire al contribuente di identificare a quale pretesa dell’amministrazione esso si riferisca ( e per consentire al contribuente di apprestare le sue difese e al giudice ove adito di verificare la fondatezza della pretesa ereditaria o gli altri punti sollevati dall’opponente) perché contiene tutti i dati necessari ad identificare in modo inequivoco la contribuente, ovvero nominativo, codice fiscale, data di nascita e domicilio fiscale; tutti i dati indispensabili necessari per individuare la natura e l’entità delle pretese iscritte a ruolo, ovvero il numero della cartella, l’importo dovuto, l’importo già riscosso e l’importo residuo, l’aggio, la descrizione del tributo, il codice e l’anno di riferimento del tributo, l’anno di iscrizione a ruolo, la data di esecutività del molo, gli estremi della notifica della cartella di pagamento, l’ente creditore (indicazioni obbligatoriamente previste dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, oltre che dagli artt. 1 e 6 del d.m. n. 321 del 1999). Gli estratti di ruolo sono di conseguenza validi ai fini probatori e in particolare, per quanto qui interessa, per individuare a tutela di quale tipo di credito agisca l’amministrazione.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che la copia della parte del ruolo relativa al contribuente, munita della dichiarazione di conformità all’originale resa dal collettore delle imposte, costituisce prova del credito, ai sensi dell’art. 2718 cod. civ.(secondo cui le copie parziali o le riproduzioni per estratto, rilasciate nella forma prescritta da pubblici ufficiali che ne sono depositari e sono debitamente autorizzati, fanno piena prova solo per quella parte dell’originale che riproducono letteralmente), atteso che il collettore esercita le stesse funzioni dell’esattore, di cui è coadiutore (art. 130 d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858), e che l’esattore, pur non rientrando tra i “pubblici depositari” – cui la legge attribuisce la funzione di tenere gli atti a disposizione del pubblico e che sono obbligati, ex art. 743 cod. proc. civ., a rilasciare copia degli atti anche a chi non ne è parte – è tuttavia un “depositano” del ruolo, datogli in consegna dall’intendente di finanza (art. 24 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602), ed inoltre è autorizzato a rilasciarne copia, ai sensi dell’art. 14 della legge 4 gennaio 1968 n. 15 (secondo cui l’autenticazione delle copie, anche parziali, può essere fatta dal pubblico ufficiale presso il quale è depositato l’originale) (Cass. n. 25962 del 2011).
L’estratto del ruolo non è quindi una sintesi del ruolo, operata a sua discrezione dallo stesso soggetto che l’ha formato, ma è la riproduzione di quella parte del ruolo che si riferisce alla o alle pretese impositive che si fanno valere nei confronti di quel singolo contribuente con la cartella notificatagli (nel senso che l’estratto di ruolo non sia altro che una riproduzione parziale del ruolo v. già Cass. n. 724 del 2010).
Il primo motivo va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata su punto non essendosi attenuta al seguente principio di diritto : ‘L’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenente tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria. Ne consegue che esso costituisce idonea prova della entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale ivi indicata, anche ai fini della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato, e quindi della verifica della giurisdizione de/giudice adito”.
Sgombrato il campo della prima questione, questa Corte potrà provvedere all’esame diretto della proposta questione di giurisdizione, in quanto, configurando essa la denuncia di un “error in procedendo”, legittima la Corte di cassazione a verificarne la sussistenza mediante diretto esame degli atti.
Il giudice di appello l’ha rigettata limitandosi a dire che, non essendo stato provato che l’Agente per la riscossione agisse in relazione a mancate entrate tributarie ( non avendo l’estratto del ruolo alcun valore probatorio del contenuto delle cartelle), l’eccezione di difetto di giurisdizione era infondata, perché in caso di incertezza sulla natura della pretesa sussiste la giurisdizione del giudice ordinario.
Va fatta applicazione della nota consolidata giurisprudenza di questa Corte in ordine al riparto di giurisdizione sulle opposizioni ad esecuzioni esattoriali ( richiamata anche dalla corte d’appello nella sentenza impugnata) che fissa il discrimine esclusivamente nella natura del credito azionato.
Le Sezioni Unite hanno più volte affrontato e risolto la specifica questione relativa al riparto di giurisdizione in materia di opposizione ad esecuzione esattoriale che si rivolga in particolare avverso un provvedimento di fermo amministrativo, come nel caso in esame, affermando che in caso di opposizione al provvedimento di fermo amministrativo di beni mobili registrati, che si fondi su una pluralità di pretese, alcune delle quali di natura tributaria ed altre di natura diversa, ove l’impugnazione sia stata proposta congiuntamente, senza distinguere la natura dei crediti, innanzi al giudice ordinario, questi deve trattenere la causa innanzi a sé in relazione ai crediti d’imposta non tributari, e rimettere la causa innanzi al giudice tributario per la parte in cui il provvedimento si riferisce a crediti di competenza di quest’ultimo (da ultimo Cass. S.U. n. 15425 del 2014, in precedenza Cass. n. 14831 del 2008).
Essendo la questione già stata decisa dalle Sezioni Unite di questa Corte, non si rende necessario investirle nuovamente, come richiesto dal Procuratore Generale, ai sensi dell’ultima parte del primo comma dell’art. 374 cod.proc.civ.
Dall’esame della documentazione versata già in primo grado, menzionata nel ricorso per cassazione con trascrizione e indicazione della sede processuale di produzione, si evince che il fermo amministrativo applicato nei confronti della R. e opposto era stato apposto esclusivamente in relazione all’omesso pagamento di debiti tributari (IRPEF).
Il giudice ordinario avrebbe dovuto declinare la giurisdizione in favore del giudice tributario, essendo stato disposto il fermo esclusivamente per il mancato pagamento di una imposta.
Ne consegue che vanno accolti anche il secondo e terzo motivo di ricorso.
Il quarto e quinto motivo rimangono assorbiti, trattandosi di questioni che dovranno essere esaminate dal giudice avente giurisdizione.
In accoglimento del primo, secondo e terzo motivo la sentenza impugnata va cassata con dichiarazione della giurisdizione del giudice tributario, e rimessione della causa alla competente commissione tributaria provinciale, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
Il ricorso è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ma la ricorrente non è uscita soccombente dal giudizio di cassazione. La Corte dà atto pertanto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice tributario e rimette la relativa opposizione alla competente commissione tributaria provinciale, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di Cassazione il 12 febbraio 2015