Corte Costituzionale – Ordinanza n° 84 – 16.03.07. –
Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale- il Giudice di pace di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, -Straniero – Espulsione – Nomina di un difensore d’ufficio iscritto nelle liste speciali al momento dell’emissione del decreto prefettizio di espulsione – Mancata previsione – Eccezione di inammissibilità per irrilevanza della questione – Reiezione. – D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7. – Costituzione, artt. 3 e 24, comma secondo. Straniero – Espulsione – Nomina di un difensore d’ufficio iscritto nelle liste speciali al momento dell’emissione del decreto prefettizio di espulsione – Mancata previsione – Denunciata violazione del diritto di difesa e dedotta disparita’ di trattamento rispetto ai destinatari di atti aventi natura penale – Manifesta infondatezza della questione. – D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7. – Costituzione, artt. 3 e 24, comma secondo. (GU n. 12 del 21-3-2007 )
composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 7, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), promossi con n. 13 ordinanze del
22 giugno 2005 dal Giudice di pace di Roma, rispettivamente iscritte
ai nn. da 196 a 208 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 26 e 27, 1ª serie speciale,
dell'anno 2006.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella Camera di consiglio del 24 gennaio 2007 il giudice
relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto che con tredici ordinanze di identico contenuto,
depositate il 22 giugno 2005 e pronunciate nel corso di altrettanti
procedimenti relativi alla convalida dei decreti di espulsione emessi
nei confronti di diversi cittadini extracomunitari, il Giudice di
pace di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo
comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell'art. 13, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella
parte in cui non prevede la nomina di un difensore di ufficio
iscritto nelle liste speciali al momento dell'emissione del decreto
prefettizio di espulsione;
che, a parere del rimettente, la norma censurata violerebbe
l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto non sarebbe
sufficiente, a garanzia del diritto di difesa del destinatario del
decreto di espulsione, la mera informativa del diritto ad essere
assistito da un difensore di fiducia;
che la lesione del diritto di difesa, sempre secondo il
rimettente, sarebbe ulteriormente aggravata dal fatto che il
provvedimento di espulsione e quelli ad esso connessi incidono sulla
libertà personale dello straniero destinatario di tali atti, non
potendosi confinare la tutela di detto diritto al solo ed eventuale
successivo giudizio di convalida;
che, sempre in riferimento all'art. 24 della Costituzione, il
rimettente, evocando l'art. 13 della Costituzione, osserva che la
garanzia del diritto di difesa assume maggior rilievo in tutti quei
casi in cui un soggetto risulti destinatario di un provvedimento
limitativo o, comunque, restrittivo della libertà personale;
che, per il giudice a quo, la norma denunciata violerebbe,
altresi', il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della
Costituzione, poiche' il decreto di espulsione, sebbene sia un atto
amministrativo, in considerazione degli effetti che da esso derivano,
deve essere equiparato agli atti aventi natura penale e, per tale
motivo, deve contenere la nomina di un difensore per il destinatario;
che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile o infondata;
che, in via preliminare, la difesa erariale, rilevato che il
rimettente non ha fornito alcuna descrizione delle fattispecie
sottoposte al suo giudizio, eccepisce l'irrilevanza della questione,
in quanto, da un lato, la norma censurata attiene ad una fase del
procedimento di espulsione anteriore al giudizio di convalida,
risultando quindi inidonea ad influenzarne l'esito e, dall'altro,
rientra tra i poteri del giudice a quo, proprio nel corso del
suddetto giudizio, verificare la legittimita' del procedimento;
che, nel merito, l'Avvocatura ritiene la questione
manifestamente infondata, poiche' la norma denunciata e' espressione
della discrezionalita' del legislatore che, nel disciplinare il
fenomeno dell'immigrazione, tenuto conto dei diversi interessi
pubblici coinvolti, ha inteso privilegiare l'effettivita' del decreto
emesso dal prefetto, essendo, comunque, l'intero procedimento di
espulsione assistito da idonea tutela giurisdizionale;
che proprio la richiesta del rimettente di anticipare al
momento dell'emissione del decreto di espulsione, avente natura di
atto amministrativo, le garanzie tipiche delle fasi giurisdizionali
determinerebbe una disparita' di trattamento rispetto ad altri
provvedimenti restrittivi della liberta' personale, come l'arresto e
il fermo, non assistiti da identica garanzia.
Considerato che il Giudice di pace di Roma dubita della
legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24,
secondo comma, della Costituzione, dell'art. 13, comma 7, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero), nella parte in cui non prevede la nomina di un
difensore di ufficio iscritto nelle liste speciali al momento
dell'emissione del decreto prefettizio di espulsione;
che le ordinanze di rimessione propongono la medesima
questione, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti
con un'unica decisione;
che, in via preliminare, vanno disattese le eccezioni di
inammissibilita' prospettate dalla difesa erariale, avendo il
rimettente fornito una sufficiente descrizione delle fattispecie
sottoposte al suo giudizio, dovendo, altresi', il giudice a quo fare
applicazione della norma impugnata;
che, quanto alla dedotta violazione dell'art. 24, secondo
comma, della Costituzione, il diritto di difesa, quale diritto
inviolabile, e' garantito nella sua effettivita' nell'ambito di
qualsiasi procedimento giurisdizionale ove sia in questione una
posizione giuridica sostanziale tutelata dall'ordinamento (sentenza
n. 12 del 1997), laddove la norma censurata disciplina una fase
amministrativa; pertanto, essendo solo eventuale il ricorso
all'autorita' giudiziaria, la disciplina impugnata non puo' ritenersi
in contrasto con il dedotto parametro, in quanto il destinatario del
decreto di espulsione e' posto nelle condizioni di potersi avvalere
dei rimedi giurisdizionali che l'ordinamento appresta a difesa dei
suoi diritti;
che il richiamo all'art. 13 della Costituzione - e alla
necessita' che il diritto di difesa sia maggiormente garantito nei
casi in cui vengano in esame provvedimenti che incidono sulla
liberta' personale - non sostiene, per come prospettato dal
rimettente, una autonoma censura, ma deve intendersi riferito alla
piu' ampia questione relativa alla violazione dell'art. 24 della
Costituzione;
che, quanto alla presunta violazione dell'art. 3 della
Costituzione, il rimettente, denunciando l'ingiustificata disparita'
di trattamento che la norma censurata determinerebbe per il
destinatario del decreto di espulsione rispetto al destinatario di un
atto avente natura penale, pone a raffronto fattispecie assolutamente
eterogenee;
che, quindi, la questione di legittimita' costituzionale
sollevata dal Giudice di pace di Roma va dichiarata manifestamente
infondata, in quanto nessuno dei parametri evocati risulta violato
dalla norma censurata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 7, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, dal Gsiudice di pace di Roma con le ordinanze in
epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 marzo 2007.
Il Presidente: Flick
Il redattore: Saulle
Il cancelliere:Fruscella
Depositata in cancelleria il 16 marzo 2007.
Il cancelliere:Fruscella |