Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Circolazione stradale – Patente a punti – Obbligo del proprietario del veicolo di comunicare all’organo di polizia, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente non identificato al momento dell’infrazione – Previsione di sanzione amministrativa pecuniaria in caso di inosservanza, salvo giustificato e documentato motivo – Denunciata violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa – Omessa descrizione della fattispecie concreta, con conseguente preclusione di ogni valutazione sulla rilevanza delle questioni – Oscurita’ di uno dei quesiti – Manifesta inammissibilita’. (GU n. 31 del 20-7-2011 )
L
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA. Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI.
Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, promosso dal Giudice di pace di Ficarolo nel procedimento vertente tra G.R. e il Comune di Castelmassa con ordinanza del 6 luglio 2010, iscritta al n. 318 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 22 giugno 2011 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che il Giudice di pace di Ficarolo, con ordinanza del 6 luglio 2010, ha sollevato – in riferimento agli articoli 24 e 3 della Costituzione – due questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286; che, secondo il giudice remittente, la giurisprudenza di legittimita’ (e’ citata Corte di cassazione, Sezione II civile, sentenza n. 17348 del 30 maggio 2007) avrebbe prospettato un’interpretazione della norma censurata secondo cui l’illecito amministrativo da essa previsto – e consistente nell’omessa comunicazione, da parte del proprietario di un veicolo, dei dati personali e della patente del conducente dello stesso, resosi responsabile di un’infrazione stradale, sanzionata oltre che sul piano pecuniario, anche con la decurtazione del punteggio dalla patente di guida – avrebbe carattere «istantaneo», consumandosi «nel termine di sessanta giorni dalla notificazione del verbale» relativo, appunto, ad una di tali infrazioni per le quali e’ previsto il suddetto obbligo di comunicazione;
che siffatto indirizzo, tuttavia, darebbe luogo – secondo il giudice a quo – alla «lesione del principio nemo tenetur se detegere», giacche’ il proprietario del veicolo, richiesto di comunicare i dati personali e della patente del responsabile della precedente infrazione (non identificato al momento dell’accertamento della stessa), dovrebbe «necessariamente fare la predetta dichiarazione ex art. 126-bis» nello stesso termine di sessanta giorni «di cui dispone per la proposizione dei ricorsi» esperibili avverso il verbale di contestazione dell’infrazione stradale «presupposto»;
che tale opzione ermeneutica – sempre a dire del remittente – sarebbe, tuttavia, «in rotta di collisione» con quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 27 del 2005, giacche’ essa preciserebbe che in «nessun caso» il proprietario del veicolo e’ «tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione»;
che l’alternativa in cui viene posto il proprietario del veicolo – per effetto di tale interpretazione della norma censurata – sarebbe in contrasto, secondo il giudice a quo, con il principio della inviolabilita’ del diritto di difesa, e dunque con l’art. 24 Cost.;
che l’interessato, infatti, potrebbe o «liberarsi dalla necessita’ di ”confessare” scegliendo di pagare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 126-bis» del codice della strada, ovvero rendere «una confessione di responsabilita’», cio’ che pero’ equivarrebbe a riconoscere «che lo Stato possa pretendere che egli confessi di essere stato il conducente del veicolo, al diverso fine dell’applicazione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti dalla patente di guida», prefigurando, cosi’, un modello del tutto inedito di «collaborazione del cittadino all’attivita’ della P.A.»;
che, per contro, prima dell’introduzione della cosiddetta patente a punti, il codice della strada si limitava al piu’ a sanzionare – all’art. 180, comma 8 – «la mancata collaborazione consistente nell’omessa esibizione di documenti, dei quali il conducente di un veicolo» fosse risultato sprovvisto allorche’ «fermato»;
che nel sistema previgente, in altri termini, era «ovvio il principio secondo cui l’onere della prova degli illeciti amministrativi» non puo’ «trasferirsi al cittadino, men che meno prevedendo l’obbligatorieta’ della confessione della sua eventuale responsabilita’»;
che su tali basi, pertanto, il remittente ha chiesto dichiararsi l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, peraltro limitatamente «al caso in cui il proprietario» – ovvero l’altro soggetto, diverso dal conducente, tenuto alla comunicazione (cioe’ l’obbligato in solido ai sensi dell’articolo 196 del medesimo codice) – dovesse «confessare la propria responsabilita’»;
che il giudice remittente – pur ritenendo assorbente tale questione rispetto a quella prospettata dalla difesa del ricorrente nel giudizio a quo – ha sollevato, per l’ipotesi in cui «cosi’ non fosse ritenuto» dalla Corte costituzionale, un’ulteriore questione di legittimita’ costituzionale; che, difatti, la norma censurata – ove fosse da interpretare nel senso che costringe il proprietario del veicolo ad una scelta «tra il pagamento della sanzione pecuniaria e l’effettuazione della dichiarazione» – violerebbe l’art. 3 Cost., giacche’ le «persone meno abbienti, in realta’, non possono avvalersi della prima possibilita’», a differenza di «quelle facoltose», le quali possono conservare intatti «i propri diritti (punti patente, sospensione della stessa) semplicemente pagando»;
che e’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni vengano dichiarate manifestamente infondate; che viene richiamata la sentenza n. 165 del 2008 della Corte costituzionale, la quale – nel rigettare, a dire della difesa statale, analoga questione di legittimita’ costituzionale – ebbe ad osservare come il giudice a quo non avesse attribuito il dovuto rilievo «alla circostanza che agli illeciti amministrativi contemplati dal codice della strada si applica la disciplina generale dell’illecito depenalizzato di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), il cui art. 3, nel subordinare la responsabilita’ all’esistenza di un’azione od omissione che sia cosciente e volontaria, ha inteso, appunto, prevedere il caso fortuito o la forza maggiore quali circostanze idonee ad esonerare l’agente da responsabilita’»;
che non in contrasto con tali principi si porrebbe – secondo l’Avvocatura generale dello Stato – l’interpretazione della norma censurata proposta dalla giurisprudenza di legittimita’;
che, difatti, il «compito di verificare l’esimente della responsabilita’ omissiva a carico del proprietario del veicolo» – prosegue la difesa statale – «e’ esercitato dal Giudice di pace nel momento in cui il primo proponga ricorso, sostenendo l’ingiusta valutazione da parte dell’autorita’ verbalizzante del motivo addotto a giustificazione dell’impossibilita’ di fornire i dati del conducente»;
che in riferimento, invece, «all’obbligo di comunicazione del nominativo del conducente prima e a prescindersi dall’intervenuta definitivita’ dell’accertamento della violazione», l’Avvocatura generale dello Stato richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005;
che la stessa, infatti, «pur non affrontando ex professo il tema», ebbe ad affermare – osserva sempre la difesa statale – che «in nessun caso il proprietario e’ tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione», dovendo la contestazione ritenersi definita solo «quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi o giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi»; che quanto, infine, all’ipotizzata violazione dell’art. 3 Cost., la difesa statale rileva che il legislatore, a fronte della comprovata sussistenza di condizioni personali giustificative, «ha apprestato appositi strumenti per agevolare il pagamento delle sanzioni pecuniarie amministrative (rateizzazione della somma dovuta a seguito dell’acquisizione della forma di titolo esecutivo del verbale)», secondo quanto previsto dall’art. 203, comma 3, del codice della strada e dall’art. 26 della legge n. 689 del 1981. Considerato che il Giudice di pace di Ficarolo ha sollevato – in riferimento agli articoli 24 e 3 della Costituzione – due questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286; che le questioni appaiono manifestamente inammissibili;
che, difatti, il giudice remittente – oltre a proporre, quanto alla prima questione, un quesito oscuro, non essendo chiaro come il carattere istantaneo dell’illecito amministrativo, conseguente alla violazione dell’obbligo di comunicazione di cui alla norma censurata, possa determinare una lesione del principio nemo tenetur se detegere (specie ove si consideri che questa Corte ha individuato una serie di ipotesi nella quali la contestazione, in sede giudiziale o amministrativa, della legittimita’ del verbale di accertamento dell’illecito presupposto, rispetto a quello previsto dalla norma censurata, risulta «idonea ex se ad integrare quel documentato e giustificato motivo al quale da’ espresso rilievo l’art. 126-bis, comma 2, del codice della strada»; ordinanza n. 306 del 2009) – omette completamente di descrivere la fattispecie concreta oggetto del giudizio principale;
che tale carenza, impedendo a questa Corte ogni valutazione sulla rilevanza delle questioni sollevate, comporta la manifesta inammissibilita’ delle stesse (si vedano, da ultimo, le ordinanze numeri 158, 154 e 131 del 2011). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilita’ delle questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, sollevate – in riferimento agli articoli 24 e 3 della Costituzione – dal Giudice di pace di Ficarolo. Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2011.
Il Presidente –
Il redattore: Quaranta
Il cancelliere: Melatti Depositato in cancelleria il 13 luglio 2011.
Il Direttore della Cancelleria: Melatti