30.09.2007 – L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni diffida gli operatori di telefonia mobile a riconoscere agli utenti il credito residuo ai sensi dell’art. 1 comma 3 della legge 40/07.
La sentenza (pubblicata su questo Sito) del Giudice di Pace Riccardo De Miro, X Sezione civile dell’Ufficio del Giudice di Pace di Napoli ha evidenziato gli abusi commessi dai Gestori di telefonia mobile i quali non restituiscono mai il credito residuo giacente sulla scheda GSM alla disattivazione della stessa. Con Delibera n. 416/07/CONS, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha diffidato gli operatori di telefonia mobile ad ottemperare, entro il termine massimo di 45 giorni dalla notifica della diffida, all’obbligo di restituzione del credito residuo in caso di recesso ed a quello di portabilità dello stesso credito in caso di trasferimento dell’utenza presso un altro operatore, predisponendo tutte le attività tecniche e gestionali necessarie all’adempimento dell’obbligo di legge.
L’Autorità CONSIDERATO che il comma 1 dell’art. 1 del decreto legge, laddove vieta “la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico” telefonico, sancisce con ciò il principio della conservazione del credito acquistato in capo all’utente, che pertanto dovrebbe poterne sempre disporre, sia che receda, sia che aderisca alle offerte di un operatore concorrente; CONSIDERATO che il comma 3 dell’art. 1 del decreto legge, nella parte in cui consente al contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso un altro operatore in maniera tendenzialmente gratuita (“senza spese non giustificate da costi”) ed in qualsiasi momento (“senza vincoli temporali”), implicitamente riconosce in capo all’utente che recede il diritto alla restituzione del credito residuo o alla sua trasferibilità in caso di portabilità, escludendo pertanto che contro la sua volontà l’operatore possa ulteriormente trattenere le relative somme; OSSERVATO che tale lettura è imposta dalla ratio del decreto legge, che ha inteso espressamente introdurre misure urgenti a tutela del consumatore in quanto parte debole del rapporto negoziale; CONSIDERATO, infatti, che, laddove si consentisse all’operatore, in caso di recesso, di trattenere l’eventuale credito residuo, l’utenza, in quanto portatrice del naturale interesse a non perdere le somme già versate, sarebbe in tal caso fortemente disincentivata a porre fine al rapporto contrattuale, per quanto non più voluto, e tenderebbe quindi a prolungarne la durata nel tempo, contro la propria reale volontà, fino all’esaurimento del credito. In tal modo, però, si finirebbe per reintrodurre, de facto, nell’ordinamento un limite temporale all’esercizio del diritto di recesso – limite che invece il decreto legge n. 7 del 2007 ha inteso espressamente rimuovere – inibendo, quindi, la volontà negoziale dell’utente di recedere; CONSIDERATO, ancora, che ammettere la sopravvivenza del diritto dell’operatore a conservare gli importi residui, unitamente a quella del correlativo diritto al traffico telefonico in capo all’utente, significherebbe far mantenere così in vita l’intero rapporto contrattuale anche a dispetto dell’esercizio del diritto di recesso eventualmente avvenuto. In tal modo, quindi, rinnegandosi l’effetto tipico del recesso, che è per definizione quello di porre fine anticipatamente al vincolo contrattuale, si finirebbe per violare lo spirito della norma introdotta dal decreto legge, che, all’art. 1 comma 3, proprio nell’ottica di una speciale protezione nei confronti dei consumatori, ha chiaramente inteso consentire all’utente di svincolarsi liberamente, e quindi in qualsiasi momento, da un rapporto contrattuale ormai non più gradito; RILEVATO inoltre che opinando diversamente si verrebbe ad ostacolare la realizzazione di una concorrenza effettiva sul mercato di riferimento, fine che il decreto legge pone tra i suoi obiettivi dichiarati, vanificando al contempo le potenzialità pro-competitive della number portability : l’utente, infatti, finirebbe con il rimanere imprigionato in una sorta di effetto lock-in che, di fronte alla prospettiva di perdere il credito residuo, non gli consentirebbe di aderire ad offerte commerciali di operatori concorrenti, sebbene più allettanti; CONSIDERATO, altresì, che, consentendosi agli operatori di trattenere le somme residue, queste ultime, tra l’altro, verrebbero sostanzialmente trasformate, di fatto, in una sorta di caparra o multa penitenziale, ovvero in un corrispettivo imposto per l’esercizio del diritto di recesso, in violazione dell’art. 1, comma 3, della decreto legge, che, escludendo qualsivoglia imposizione in capo agli utenti recedenti di “spese non giustificate da costi dell’operatore”, disciplina un’ipotesi di recesso tendenzialmente gratuito, non potendo ammettersi il trattenimento del credito residuo a titolo di compensazione dei costi sostenuti dall’operatore per gestire la pratica di recesso; CONSIDERATO che la restituzione del credito residuo è altresì imposta da una coerente applicazione dei principi civilistici della sinallagmaticità e della causalità delle attribuzioni patrimoniali, per cui, a fronte dell’estinzione anticipata di un rapporto, le prestazioni a suo tempo anticipate, cui non abbia ancora fatto seguito la controprestazione, devono formare oggetto di restituzione. Diversamente, consentendo agli operatori di incamerare il credito che risulti inutilizzato al momento del recesso/trasferimento dell’utenza, si configurerebbero gli estremi di un arricchimento senza causa, dal momento che essi introiterebbero il corrispettivo per una prestazione non resa (il contratto di servizio telefonico, infatti, è un normale contratto di somministrazione o fornitura ad esecuzione continuata – ex art. 1559 c.c.- di natura sinallagmatica, ad effetti obbligatori per le parti); viceversa, alla prestazione di una parte deve sempre corrispondere la controprestazione dell’altra, con l’ovvia conseguenza che laddove manchi la prima anche la seconda è destinata a venir meno; CONSIDERATO che dell’interpretazione qui esposta la Direzione Tutela Consumatori dell’Autorità ha dato già conto al punto 2 delle Linee guida citate in premessa;CONSIDERATO che l’articolo 1 comma 4 del decreto legge conferisce all’Autorità il potere di vigilanza sull’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, attribuendo ad essa il relativo potere sanzionatorio in caso di violazioni; CONSIDERATO che a sei mesi dall’entrata in vigore della decreto legge n. 7 del 2007, a quattro mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto 40/07 e ad un mese dalla pubblicazione delle Linee guida sul sito web dell’Autorità, gli operatori mobili hanno fin qui omesso di riconoscere ai consumatori finali la restituzione (eccezion fatta per Vodafone e Coop) e la portabilità del credito residuo, né hanno manifestato l’intenzione di attivarsi in tal senso nel prossimo futuro (fatta eccezione per H3G); RAVVISATA, pertanto, la necessità di intervenire affinché gli operatori mobili si attivino concretamente, senza ulteriori ritardi, a garantire al consumatore finale il riconoscimento del credito residuo sia in caso di recesso che in caso di trasferimento dell’utenza presso un altro operatore mobile, al fine di consentire l’effettiva applicazione dell’intervento legislativo sul punto, nella piena attuazione dei diritti degli utenti; VISTA la proposta della Direzione tutela dei consumatori, d’intesa con il Servizio Giuridico; UDITA la relazione dei Commissari Gianluigi Magri e Sebastiano Sortino, relatori ai sensi dell’articolo 29 del regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità;
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