28.12.2010.- Conciliazione, allarme authority – bocciata la norma che riserva ai soli avvocati la consulenza nelle mediazioni –

Il fronte è compatto: dall’antitrust all’autorità per le comunicazioni, passando per il garante per l’energia, tutti non trovano giustificazioni al fatto che nella riforma dell’ordinamento forense, in discussione alla Camera, debba essere riservata agli avvocati l’esclusività della consulenza legale nelle cause stragiudiziali. Non si tratta di un obbligo: in buona sostanza, la norma lascia al cittadino la strada di difendersi da solo. Se, però, decidesse di farsi assistere, a quel punto non potrebbe che bussare alla porta di uno studio legale.

Alle autorità – che in tempi diversi hanno espresso le loro profonde perplessità a governo e parlamento; da ultimo, a inizio dicembre, si è pronunciata l’authority per l’energia e il gas – si aggiungono le riserve delle associazioni di consumatori. È soprattutto a loro, infatti, che ora i cittadini si rivolgono per chiedere assistenza nelle conciliazioni. Un servizio spesso a costo zero o che, tutt’al più, può comportare i 20-30 euro del prezzo della tessera di iscrizione all’associazione. E che invece – se la riforma forense dovesse essere approvata così come è uscita dal Senato – conoscerebbe un sensibile aumento delle spese. «Perché – spiega Liliana Ciccarelli, responsabile del settore conciliazione di Cittadinanzattiva e coordinatrice del l’ultimo rapporto sulle cause stragiudiziali – l’avvocato applicherà l’onorario professionale, che varia in base al valore della controversia. Da considerare, inoltre, che con la riforma forense il tariffario viene riformulato e si propone una voce ad hoc per l’assistenza nelle mediazioni e conciliazioni».

Ma c’è di più. Si tratta di un elemento rilevato dall’autorità per le comunicazioni: nella segnalazione inviata dal presidente Corrado Calabrò al governo si punta il dito anche sulle maggiori spese che il consumatore dovrebbe sopportare quando il tentativo di conciliazione dovesse svolgersi, per esempio, presso la stessa Agcom. E dunque, a Napoli, dove l’autorità ha sede. Infatti, non tutti i comitati regionali per le comunicazioni (Corecom) – a cui gli utenti devono obbligatoriamente rivolgersi prima di andare dal giudice nel caso, per esempio, di problemi con le bollette, di poca trasparenza delle tariffe, di servizi attivati in ritardo – sono abilitati per svolgere l’appello. «Dunque – spiega Enrico Maria Cotugno, responsabile della direzione tutela dei consumatori dell’Agcom – il secondo grado della conciliazione deve avvenire presso di noi. Ma oggi l’utente può farsi rappresentare dall’associazione di consumatori. Se, invece, passasse la riforma, dovrebbe, nel caso decidesse di fare da solo, sobbarcarsi i costi del viaggio oppure, se optasse per l’assistenza dell’avvocato, pagare anche le spese della domiciliazione presso un legale partenopeo. In questo modo, c’è il forte rischio di disincentivare la conciliazione, che invece ora funziona, con in media il 70% delle cause che trovano la strada dell’accordo. Ma ci sono comitati dove si arriva al 90 per cento». C’è, poi, un problema di compatibilità con la normativa dell’Unione europea. «Non può essere condivisa la scelta di obbligare gli utenti – ha sottolineato Calabrò in un recente intervento – ad avvalersi della difesa tecnica di un avvocato nelle procedure di conciliazione e nei procedimenti davanti all’autorità: il quadro comunitario stabilisce, infatti, che “gli stati membri devono assicurare procedure extragiudiziali trasparenti, semplici e poco costose per l’esame delle controversi irrisolte”». Problemi su cui si è appuntata anche la segnalazione di Antonio Catricalà, presidente dell’antitrust, che ha, dal canto suo, insistito soprattutto sui vincoli alla concorrenza che la norma imporrebbe. Costi più alti per i cittadini, incompatibilità con le regole Ue, imposizioni di limiti alle libertà economiche: un insieme di criticità che fa dire a Catricalà che «manca del tutto» una giustificazione perché gli avvocati diventino monopolisti dell’assistenza nelle conciliazioni. «La necessaria presenza di un avvocato nella veste di difensore e anche nelle procedure extragiudiziali e conciliative – conclude il presidente dell’antitrust – rischia di pregiudicare del tutto il concreto funzionamento delle stesse e perciò di vanificare gli effetti deflattivi sul contenzioso ordinario dei recenti interventi legislativi di riforma del processo civile».

Stesso tenore nelle parole dell’autorità per l’energia e il gas, che ha rilevato come la novità in arrivo sia «irragionevole» anche «in relazione alle controversie tra imprese, ovvero quelle tra gestori e utenti della rete». Infatti, «considerata la complessità delle questioni trattate e soprattutto la circostanza che esse attengono non a profili giuridici bensì ad aspetti squisitamente tecnico-economici legati ai presupposti, alle modalità e agli effetti della connessione di impianti alle reti, più che l’assistenza e consulenza di un avvocato è essenziale – scrive l’authority – quella di ingegneri o economisti esperti di infrastrutture elettriche».

Fonte: Sole 24 Ore

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