23.04.2012 – La guerra dei Giudici di Pace “È in pericolo la giustizia minore”
23.04.2012 – La guerra dei Giudici di Pace “È in pericolo la giustizia minore”
L’obiettivo trova vasto consenso – contribuire a ridurre i costi della giustizia , ma lo strumento prescelto rischia secondo i giudici di pace di penalizzare i cittadini, negando giustizia a coloro che hanno subito torti giudicati minori in termini economici, ma spesso di grande rilevanza sociale. A breve le Camere saranno chiamate a pronunciarsi, con una valutazione non vincolante, sullo schema di decreto legislativo messo a punto dal ministero della Giustizia Paola Severino, e approvato dal Consiglio dei ministri, che prevede la soppressione di 674 delle 846 sedi dei giudici di pace attualmente esistenti. Un taglio netto dell’80%, seguito dal successivo accorpamento, che dovrebbe consentire di ridurre i costi della giustizia posti a carico dello Stato (la relazione tecnica indica un’attesa di risparmio per 28 milioni di euro tra costi di gestione e funzionamento delle strutture) recuperare 2.140 amministrativi, da ricollocare secondo le esigenze dell’organico ministeriale (compresi i nuovi poli dei giudici di pace, molti dei quali oggi inefficienti). Com’era facile prevedere, a capeggiare le proteste è l’Unione Nazionale Giudici di Pace, che a marzo ha scioperato contro questa misura e la mancata continuità della professione (che resta in carica quattro anni, con possibilità di proroga per altri due mandati). “Siamo di fronte a una misura di rottamazione della giustizia”, lamenta il presidente Gabriele Longo, che su questo fronte può contare sull’appoggio degli avvocati e di numerosi sindaci, che lamentano la distanza tra il luogo di residenza di molti cittadini e le nuove sedi di riferimento per le dispute. In sostanza, il costo richiesto non giustificherà il ricorso dei cittadini al giudice di pace in molti dei settori oggi di competenza di quest’ultimo. “L’obiettivo di deflazionare la giustizia è benvenuto”, sottolinea Longo, “ma la negazione della stessa è inaccettabile. Su violazioni molto frequenti come quelle attinenti i regolamenti condominiali o il codice della strada, i cittadini diventeranno vittime della prepotenza di chi confiderà di farla franca di fronte a queste nuove regole. Oltre al fatto che non si capisce la logica di un provvedimento che abolisce sedi che trattano fino a 20mila cause all’anno, mentre ne restano in vita altre con mille procedimenti o poco più”. Insomma, un appello a conoscere i criteri seguiti dai tecnici del ministero della Giustizia, la cui misura è però già stata approvata dal Csm. La figura del giudice di pace è stata istituita nel 1991 ed è entrata a pieno regime nel 1996, alla luce di un lungo dibattito sulla progressiva riduzione delle cause minori. Si tratta di un giudice non togato, nominato tra gli avvocati in seguito a un concorso per titoli e successivo tirocinio. Si è partiti affidando a questo professionista competenze in ambito civile (cause fino a 5mila, che arrivano a 20mila per le controversie riguardanti la circolazione dei veicoli e natanti), quindi negli anni la competenza è stata estesa ad alcune questioni amministrative (ricorsi in opposizione alle sanzioni per violazione del Codice della strada) e penali di modesta entità (come ingiuria e diffamazione), con il giudice impegnato innanzitutto a cercare la conciliazione tra le parti. Così, dalle circa 300mila cause trattate nel 1996 si è arrivati all’incirca 2,5 milioni nel 2010 (ultimo dato disponibile), tra cui 544.099 procedimenti per cognizione ordinaria, 423.040 per opposizione alle sanzioni amministrative, 149.140 processi penali sopravvenuti e 296.869 procedimenti per risarcimento danni circolazione. Un taglio al lavoro dei giudici di pace è già stato operato con la recente entrata in vigore della mediazione obbligatoria per le cause di limitati importi (la maggior parte delle cause condominiali e dei sinistri stradali): anche in questo caso l’obiettivo era di deflazionare la giustizia, ma di fatto si introduce un quarto livello di giudizio preliminare ai tre stabiliti nel nostro ordinamento”, osserva Longo, “e aumenta i costi a carico dei cittadini, considerato che la particolarità del nostro diritto – che non è solo di diritto sostanziale, ma caratterizzato dalla centralità degli aspetti procedurali – consiglia di ricorrere a un legale anche nei procedimenti conciliativi”. La nuova disciplina è coincisa con la fissazione di contributi unificati per avviare il procedimento. “Di fronte a un balzello da 38 euro, molti oggi rinunciano a fare ricorso quando ritengono di aver subito una multa ingiusta da 40 o 50 euro”, commenta Longo. “In sostanza, si impone ai cittadini di rinunciare a far valere un proprio diritto”. E’ pur vero, comunque, che in Italia si registra una propensione alla litigiosità (soprattutto in alcune regioni meridionali) che non ha pari nel resto d’Europa e che allunga i tempi della giustizia. “A mio modo di vedere, l’eccesso di litigiosità italiana altro non che è espressione di un conflitto sociale non risolto diversamente”, conclude il rappresentante dei giudici di pace. LUIGI DELL’OLIO www.repubblica.it |