21.11.09. -«Sono troppi 230 mila avvocati» – l’allarme di Berselli: «Bisogna porre un freno». De Tilla: corso di laurea selettivo con un tetto di 4-5 mila allievi.

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al convegno dell’avvocatura (Lapresse) – ALfano: con la nostra riforma vogliamo che i legali abbiano pari dignità dei magistrati –
ROMA — Sul palco sale Fi­lippo Berselli, presidente del­la commissione Giustizia del Senato: «Il problema è che gli avvocati italiani sono troppi, 230 mila. E se non poniamo un freno arriveremo molto presto a 300 mila, mettendo in seria difficoltà l’intera cate­goria ».
Nella grande sala del­l’Hotel Hilton di Roma l’ap­plauso va avanti per quasi un minuto. Non è una sorpresa.
I duemi­la avvocati che par­tecipano alla sesta conferenza del­­l’Oua, l’Organismo unitario dell’avvo­catura guidato da Maurizio de Tilla, sono preoccupati proprio per que­sto, per la loro so­pravvivenza. Il mercato è sempre più affollato, la cri­si si è fatta sentire ma loro, a differenza delle imprese, non hanno trovato posto nelle mi­sure di sostegno decise dal governo.
 Solo due giorni fa la com­missione Giustizia del Senato ha approvato la riforma del­l’ordinamento forense che in questa sala viene considerata un’ancora di salvezza. Quel te­sto rende più selettivo l’acces­so alla professione con l’ag­giunta dei test informatici, prevede l’aggiornamento de­gli albi cancellando ogni due anni chi non «esercita in mo­do continuativo ed effetti­vo». E riporta a galla gli ono­rari minimi «inderogabili e vincolanti», cancellati dalle lenzuolate di Pier Luigi Bersa­ni che qui non è esattamente il più amato dei politici.  
Il via libera della commis­sione è solo il primo passo, il ministro della Giustizia Ange­lino Alfano dice che quel te­sto diventerà legge perché «le professioni non si posso­no riformare contro le profes­sioni stesse». E promette che «quella dell’avvocato non sa­rà più la strada professionale per il laureato in giurispru­denza che non ha alternati­ve». Basterà?  
Il presidente dell’Oua de Tilla ha già pronta un’altra proposta: «Il numero pro­grammato per la nostra pro­fessione — dice — non è pos­sibile perché sarebbe in con­trasto con la normativa comu­nitaria». E allora suggerisce di spostare il problema a monte: «Servirebbe una facol­tà universitaria che formi in modo specifico i futuri avvo­cati. Per questa facoltà il nu­mero programmato sarebbe possibile, come oggi già av­viene ad esempio per quella di Medicina. Gli ingressi non dovrebbero essere più di 4—5 mila ogni anno». L’idea affianca quella che dà il titolo alla conferenza: riconoscere il ruolo costituzionale dell’av­vocatura. «È l’unica strada— osserva de Tilla — per affer­mare davvero il principio del giusto processo».  Il ministro Alfano lascia aperto più di uno spiraglio: «Con la rifor­ma della giustizia vogliamo far sì che l’avvocato italiano abbia pari rango rispetto ai magistrati italiani». Ma an­che se l’Oua dice di voler «evi­tare sterili contrapposizioni», non tutti gli angoli sono stati smussati. Confindustria ha giudicato «contro il mercato» la rifor­ma dell’ordinamento, quella che rende più severo l’esame e reintroduce gli onorari mi­nimi.
Il presidente de Tilla se l’è legata al dito: «Ma che co­sa c’entra Confindustria? Con­findustria e i poteri forti non possono decidere le politiche legislative di questo Paese. At­tenzione, perché torneranno a farsi sentire e noi dobbiamo vigilare». D’accordo nella so­stanza Guido Alpa, presiden­te del Consiglio nazionale fo­rense: «Non è una riforma corporativa ma comporterà alcuni sacrifici con un acces­so più difficile e l’aggiorna­mento per tutta la carriera». 
 
Lorenzo Salvia

Fonte: corriere.it

Potrebbero interessarti anche...