21.06.07.- Giudici di Pace sulle barricate: via allo sciopero
Giudici di Pace sulle barricate: via allo sciopero La delusione della categoria è cocente: nessuna risposta da palazzo Chigi alle richieste avanzate – Le toghe onorarie si asterranno dalle udienze dal 25 al 29/6 di Francesco Cersosimo – Presidente Angdp Siamo al dunque. Nella prossima settimana i 3.200 giudici di pace attualmente in servizio si asterranno dalle udienze civili e penali da lunedì 25 a venerdì 29 giugno. Tutto è pronto e la mobilitazione è alta. Dalle prime indicazioni che provengono da tutte le Corti d’appello la partecipazione sarà altissima. Si è compreso che in gioco vi è l’indipendenza stessa della magistratura di pace. Primi passi in avanti. L’Angdp in questi mesi si è seduta al tavolo della concertazione con il governo e ha potuto concordare la creazione di una sezione distaccata dei consigli giudiziari con una adeguata partecipazione di gdp e l’aumento della competenza civile per valore. Il primo provvedimento, contenuto nella più ampia riforma dell’ordinamento giudiziario, è in discussione al senato. È un passo importante e significativo, che non deve essere sottovalutato. La presenza dell’unico rappresentate dei gdp, a fronte dei 15 rappresentanti della magistratura di carriera e degli avvocati, ne rendeva simbolica l’attività, legata esclusivamente al prestigio che il collega si conquistava nel consesso. L’aumento di competenza per valore da 2.582,28 euro del 1991 a 10.000,00 euro non è da buttare, ma deve considerarsi poco più che un adeguamento alla rivalutazione monetaria. Mi auguro che in parlamento si trovi maggiore coraggio e segua anche una ulteriore competenza per materia. Fine della concertazione. La concertazione è finita nel momento della presentazione al consiglio dei ministri di una riorganizzazione degli uffici e modifica dello status dei gdp’, di cui i diretti interessati sono stati informati solo per sommi capi e comunque già in febbraio con una missiva l’Angdp ne aveva contestato le maggiori abnormità, per quanto era riuscita a recepire nell’incontro del 23 gennaio u.s. Nessuna risposta. Improvvisa la presentazione del testo al governo da parte del ministero. Inaudita altera parte, si potrebbe dire. È evidente che in tal modo il ministero della giustizia metteva fine alla concertazione e si assumeva la responsabilità di avere interrotto le trattative. Giudici di pace ancillari come i giudici onorari di tribunale. Tale per certi aspetti inspiegabile comportamento confliggente con il ministro Mastella, che in più di un’occasione aveva avuto modo di incoraggiare i gdp, ha determinato una situazione paradossale. Da una parte gli elogi e dall’altra una penalizzazione che mette a rischio l’istituto stesso con l’intenzione manifesta di volerlo sottoporre al controllo diretto della magistratura di carriera. Nel mese scorso su questo stesso giornale abbiamo messo in luce tale grave aspetto di non poco conto. Stiamo parlando della indipendenza di giudici di primo grado da controllare direttamente attraverso 186 magistrati di carriera da distrarre dai loro compiti giurisdizionali presso i tribunali per dirigere e controllare i gdp. In sostanza, questi magistrati laici, che per diventare magistrati onorari hanno fatto il loro bel concorso per titoli e sono stati giudicati idonei ogni quattro anni con verifica sul loro operato giurisdizionale e di laboriosità, che lavorano un 1,5 milioni di procedimenti l’anno, devono essere riorganizzati in funzione ancillare come i giudici onorari di tribunale, con un maggiore potere disciplinare che si riverbera nel momento del rinnovo. Con conseguenze facilmente immaginabili sull’indipendenza giurisdizionale. Già oggi sono in corso le prime prove. In un tribunale del Friuli i gdp sono stati convocati dal presidente e hanno subito una lavata di testa per il semplice motivo che in tema di sanzioni amministrative gli stessi utilizzavano la norma che consente la sospensione della sanzione. Continuità nell’incarico. Nello status predisposto, la continuità nell’incarico “tendenzialmente come per i giudici tributari”, con rinnovi periodici quadriennali e previo verifica di professionalità, si è addirittura ridotta di quattro anni, passando dagli attuali 12 anni a otto! Dopo i quali si prevede uno stop and go in altro circondario con nuova nomina, eufemisticamente annunciata dopo quattro mesi e dopo un farraginoso meccanismo di valutazione e turnover, che facilmente vanificherà l’ottimistica previsione normativa, senza garanzie di continuità (basta un ammonimento per non essere rinnovati). I ritardi che si manifestano nei semplici attuali rinnovi indicano quale potrà essere il calvario domani. Niente previdenza. La previdenza e assistenza, un diritto costituzionale per cui abbiamo speso fiumi di inchiostro e di parole non è prevista nella legge. Niente di niente. A nulla è valso finanche la presentazione di un’apposita proposta, presentata nell’auditorium della Cassa forense dall’Angdp, né l’avere segnalato agli attuali dirigenti di via Arenula che nella scorsa legislatura era stato licenziato un testo unificato dall’apposite commissioni giustizia e lavoro che andava in questa direzione e che si era arenata nei tortuosi meandri del ministero. La risposta è stata sempre la stessa: mancano i soldi. Diciamo che è indegna per un paese civile che si possa mantenere un lavoratore privo di assistenza e previdenza. C’è materia per la giustizia italiana ed europea. Effetti disastrosi del decreto Bersani-Visco. In questa disamina non possiamo dimenticare il grave disagio nei pagamenti, determinato dall’improvvido decreto legge del 4 luglio 2006, che sospendeva le anticipazioni degli stipendi da parte delle Poste e che solo in questi giorni, a distanza di dieci mesi, si sta avviando a soluzione, se pure con il ritardo di uno stipendio. I gravi casi di malessere sono stati un prezzo alto per i gdp che legittimamente attendevano a fine mese l’arrivo dello stipendio. Senza voler parlare, per restare in tema, che il nostro lavoro, pagato a cottimo, con valori e costo della vita riferiti al 1991, dal 2000 non è stato adeguato secondo gli indici Istat. Nelle more il ministro ha risposto con affermazioni generiche all’interrogazione dell’on. Piscitello e ha prospettato interventi ministeriali per capire come sia possibile che in Campania nel 2005 (presumo) i gdp abbiano potuto incassare 50.000,00 euro lordi e in Basilicata 13.800,00 euro sempre lordi e comunque con una media regionale che si attesta in 25.000 euro, al di sotto del pil italiano pro capite. Ringraziamo il ministero che dopo anni di incertezza è riuscito a fornire il dato complessivo lordo dei lauti incassi dei gdp. Ho fatto un po’ di conti e ho ricavato che dividendo la media per 12 mesi si ha un reddito lordo medio di 2.208,33 euro mensile, detraendo il 23% di tasse (507,84) si ha la bella cifra di 1.700,16 euro, che certamente è uno stipendio sontuoso, ben raffrontabile con altri dipendenti dello stesso ministero che svolgono superiori mansioni giudiziarie. Grazie, signor ministro. Non più giudici onorari, ma giudici di pace. Sento già qualcuno dire: ma voi siete onorari, voi arrotondate diversamente e non lavorate a tempo pieno. Se questo poteva essere vero negli anni 90, ora lo scenario è cambiato, perché è mutato totalmente l’elemento umano: dai pensionati ultracinquantenni della legge istitutiva del 1991 si è passati alle leggi successive che hanno permesso l’acceso ai trentenni, privilegiando gli avvocati. Questi per poter raggiungere il reddito sopra menzionato devono produrre almeno 30 sentenze al mese e partecipare a dieci udienze. Il risultato è che ormai il tempo lavorativo presso il giudice di pace sovrasta il tempo che possono dedicare all’altra attività professionale. Con la conseguenza che o dilati il tempo di lavoro sino all’esaurimento oppure si devi chiudere lo studio. E molti l’hanno già fatto. Lo sciopero come ultima ratio. Se questo è lo stato dell’arte, insieme con l’Unione in una ritrovata unità operativa, abbiamo proclamato lo sciopero a sostegno dei nostri diritti. Abbiamo avuto un incontro di raffreddamento, previsto dal codice di autoregolamentazione, prima con il ministero di giustizia il 24 aprile e poi presso il governo il 25 maggio u.s. Abbiamo esposto ancora una volta le nostre ragioni con pacatezza, ma anche con dignità e forza. Il sottosegretario Scotti che da sempre sta rappresentando il ministro non ha inteso modificare di una virgola quanto prospettato già in sede ministeriale. Il rappresentante del governo nella persona dell’alto dirigente consigliere Patroni Griffi ne ha preso atto e concludeva l’incontro con la prospettiva di una risposta a breve. Stiamo ancora aspettando. Dal che la decisione unitaria delle organizzazioni sindacali dei gdp di fissare la data dello sciopero. Siamo consapevoli del disagio che determineremo in tutti i fruitori della giustizia (avvocati compresi). Ce ne scusiamo e ci auguriamo che la stampa informi tempestivamente l’opinione pubblica. Noi ci sforzeremo di comunicare in modo più capillare possibile. Lo sciopero è l’ultima possibilità che ha un lavoratore per far valere le proprie ragioni. Abbiamo cercato di scongiurarlo. Siamo stati al tavolo delle trattative con lealtà e con consapevolezza del ruolo di magistrati, una funzione delicata che ci pone gravi responsabilità nei confronti dei cittadini e nell’interpretare la giustizia come un servizio verso i milioni di utenti, che hanno trovato una giustizia rapida ed efficiente. Abbiamo percorso strade politiche, sindacali e associative nella speranza che il buon senso prevalesse, in questa Italia di tutti contro tutti. Quanto è stato fatto non è stato sinora compreso e molti ne hanno sottovalutato l’impatto. Certamente la nostra controparte. Ora è tempo di dimostrare la compattezza della categoria con la speranza che le nostre aspettative trovino finalmente piena e totale accoglienza. Nulla di più, ma neanche nulla di meno. (riproduzione riservata) Fonte: Italia Oggi |