21.03.08. – I Giudici di Pace – “i giudice delle multe” –

Il cambio. Le “toghe di pace” sono state introdotte nel 1995 con il compito di alleggerire il lavoro dei Tribunali. Dal 2002 si occupano anche di penale  –  
Il lavoro. Sono più di tremila e dedicano gran parte del loro lavoro ai ricorsi contro le sanzioni di vigili urbani e polizia stradale  –  
A Brescia il record: 86 per cento  
Il cottimo dei magistrati di pace –
Sugli automobilisti due sentenze su tre. 
 
Roma, uffici del giudice di pace di via Teulada. Entra un signore di mezza età con una bustona di carta in mano. Si aggira spaesato per i corridoi, legge i nomi sulle targhe delle porte. Ma non sembra trovare quello che cerca. Poi prende coraggio e ferma un usciere: «Scusi, mi hanno tolto i punti dalla patente perché sono passato col rosso. Devo fare ricorso. Dov’è la stanza del giudice della strada?». Sì, dice proprio così: giudice della strada.. Un lapsus. Ma alla verità quel signore ci è andato molto vicino.
Ormai gli oltre tremila giudici di pace italiani dedicano il loro lavoro quasi esclusivamente agli automobilisti. Anzi, proprio ai ricorsi contro le multe fatte da vigili urbani e polizia.
Nel 2006 su un totale di quasi 700 mila sentenze circa 450 mila erano proprio per «opposizione a sanzioni amministrative». Due su tre. Il 65 per cento secondo i dati ufficiali della direzione di statistica del ministero della Giustizia. Rispetto agli anni precedenti l’aumento è costante e marcato: erano il 59 per cento nel 2005, il 48 per cento l’anno prima ancora.
Per il 2007 mancano ancora le cifre ufficiali ma le stime dicono che potremmo superare il 70 per cento. Giudici di pace sempre più giudici della strada, appunto. Con punte incredibili in alcune zone del Paese.
Nel distretto giudiziario di Brescia, che copre metà della Lombardia, le multe assorbono l’86 per cento del totale delle sentenze. Nel distretto di Bologna, cioè in tutta l’Emilia Romagna, siamo all’85 per cento, e poi abbiamo Firenze all’80 per cento, Roma al 78, Milano al 66. Ma la cosa che colpisce di più è un’altra. Perché secondo le stime degli stessi giudici di pace, il dato non viene rilevato dal ministero, 4 volte su 5 ad averla vinta è l’automobilista. Va bene così, oppure c’è qualcosa che non funziona? I giudici di pace sono arrivati nel nostro ordinamento nel maggio 1995. L’intenzione era quella di alleggerire il lavoro dei tribunali e da questo punto di vista la riforma ha funzionato, tanto che nel 2002 la loro competenza è stata estesa anche al campo penale. L’esplosione del numero di sentenze sulle multe è arrivata nel 2003 con la patente a punti.
Prima chi veniva pizzicato a passare con il rosso o al di sopra dei limiti di velocità spesso pagava la sanzione e amen. Ma il taglio dei punti, con il rischio di arrivare a zero e non poter più guidare, ha fatto aumentare i ricorsi.
Il Parlamento, in realtà, aveva pensato a questo rischio: la legge sulla patente a punti prevedeva sì la possibilità di impugnare le multe davanti al giudice di pace. Ma solo dopo aver pagato metà della sanzione. E durata poco più di un anno. Quattro giudici di pace hanno portato il caso davanti alla Corte costituzionale: se c’è un diritto (quello di fare ricorso) non può essere a pagamento, altrimenti che diritto è?
Ragionamento che non fa una grinza e che infatti la Corte ha condiviso, annullando quel pagamento parziale che serviva da argine alla valanga dei ricorsi. In realtà il ricorso può essere presentato anche al prefetto, ma sono pochissimi quelli che preferiscono questa alternativa. «E’ la dimostrazione che il cittadino si fida di noi perché ci considèra indipendenti», commenta soddisfatto Francesco Cersosimo, presidente dell’Associazione nazionale dei giudici di pace. Che però, in prospettiva, qualche problemino lo vede: «Siamo abbondantemente sotto organico. Su una pianta teorica di 4.700 persone, in servizio siamo poco più di 3.100. Specie nelle grandi città non si riesce a star dietro al lavoro. E infatti i tempi si stanno allungando: dagli 8 mesi del 2003, anno di arrivo della patente a punti,adesso la durata media di una causa di questo tipo supera l’anno. Anche se a far spazio sui tavoli dei giudici di pace è arrivata, pochi mesi fa, un’altra riforma: il risarcimento diretto delle compagnie assicurative per gli incidenti stradali.
Prima per ottenere quei soldi in caso di contestazione si passava attraverso i loro uffici. Adesso la competenza ha preso altre strade, e non tutti hanno visto di buon occhio questa novità.
Senza pensione e con un mandato massimo di 12 anni, i «cococo della giustizia», come amano definirsi, sono pagati a cottimo: un tot per ogni atto. Per la precisione: 36 euro e.15 centesimi per ogni udienza, 56,81 per sentenza, 10,33 per decreto ingiuntivo, più un’indennità fissa mensile di 258,23 euro. Meno lavoro, meno guadagno. Un meccanismo che premia la produttività, intesa come quantità. Ma il sistema ha fatto balenare qualche sospetto, arrivato fino in Parlamento.
Pochi mesi fa era stato l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella a diffondere le tabelle sul compenso medio dei giudici di pace: al primo posto quelli del distretto di Napoli con 50 mila euro lordi l’anno, poi Salerno con 38 mila. Molto più avanti di Roma (30 mila) e Milano (24 mila). Si lavora di più, sulle multe e non solo, perché si guadagna di più? Un sistema corretto due anni fa con l’introduzione di un tetto massimo di 70 mila euro lordi l’anno. Per impedire che qualche giudice di pace fosse preso dall’irresistibile tentazione di scrivere sentenze su sentenze. Magari con poca cura e solo per guadagnare qualche euro in più.
Lorenzo Salvia 
  

Fonte Corriere della Sera

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