Giudizio penale innanzi al Giudice di Pace – eccezione di prescrizione triennale del reato – insussistenza –

L’eccezione sollevata circa l’avvenuta prescrizione di quanto oggetto di imputazione si fonda sull’interpretazione del comma V del novellato art. 157 c.p., come introdotto dall’art. 6 della L. 251/2005.A negare ogni suggestione o convincimento della tesi della prescrizione breve è definitivamente l’art.58 del Dlgs 274/00 laddove sia per la permanenza domiciliare (o per il lavoro di p.u.) sia per la pena pecuniaria v’è sempre il criterio di ragguaglio direttamente riferibile alla pena detentiva (cfr n. 2 e n. 3). Tale collegamento è, per disposizione espressa di legge, imposto per ogni effetto giuridico ovvero anche per quello del computo ai fini della prescrizione. Pertanto, sia seguendo la specialità della norma rispetto allo ius communis dell’art. 157 cp, sia applicando il citato articolo 58 non abrogato che altrimenti non avrebbe più senso alcuno, deve necessariamente ritenersi che per i reati de quibus il calcolo della durata necessaria per la prescrizione non è diverso da quello indicato in linea generale dal primo comma del medesimo articolo.    

                             UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI MARIGLIANO

                                   Ordinanza Penale emessa il 14.03.07
 
                              dal Giudice di Pace Dott. Domenico Chianese   

L’eccezione sollevata circa l’avvenuta prescrizione di quanto oggetto di imputazione si fonda sull’interpretazione del comma V del novellato art. 157 c.p., come introdotto dall’art. 6 della L. 251/2005.
Secondo tale lettura, evidentemente avallata da una omologa giurisprudenza di merito e da qualche sensazionalistica lettura dottrinale, gran parte dei reati di competenza del Giudice di Pace, siccome caratterizzati da un sanzionamento speciale, rientrerebbero in un tempo triennale siccome per essi “la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e pecuniaria”.
Orbene, tale esegesi ignora l’evidente inconferenza del dato normativo citato.
Il novellato art.157 c.p., secondo la soprammentovata lettura, dovrebbe applicarsi a tutti quei reati per i quali vi sarebbe una previsione di legge che indichi una pena diversa.
Secondo tale illuminazione, dunque, e seguendo lo stesso impeto analitico, la riduzione del tempo necessario per la prescrizione sarebbe una specifica applicazione che coopterebbe i delitti e le contravvenzioni, occasionalmente sanzionati da pena specifica dalla legge, in un alveo di specialità avulsa dal panorama tipologico ordinario per il solo fatto di guardare alla specificità non della fattispecie ma della sua sanzione.
Sempre secondo tale ottica dovrebbero rientrarvi anche tutti quegli altri reati, non solo di competenza del Giudice di Pace, che hanno la medesima previsione di legge in quanto a specialità della sanzione (come per quelli regolati dagli artt.30 e 32 del DPR 448/88 recante definizioni alternative nel processo penale minorile), a nulla rilevando l’alternatività discrezionale ope iudicis dell’applicazione della diversa sanzione.
 Anche in questi casi, allora, paradossalmente reati gravi per il solo fatto di avere una eventuale punibilità diversa avrebbero un diverso decorso prescrizionale. In realtà tale aberrazione non è stata ancora opinata, incentrandosi invece la questione solo per i reati previsti nella competenza di cui al Dlgs 274/2000.
Indipendentemente dalla considerazione politica circa l’impatto che si imprimerebbe sull’intero sistema processuale di questa competenza, risultando gran parte dei reati prescritti o di imminente prescrizione, si frappongono taluni fondamentali argomenti.In primis, è già il dettato letterale dell’art.157 cp a smentire l’assunto. Di fatti il termine triennale si applica solo per quei reati per i quali la legge applicherebbe una pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria.
Paradossalmente, quindi, a sentire gli apologeti della prescrizione sprint, i reati puniti con la sola pena pecuniaria avrebbero una durata prescrizionale maggiore di quelli puniti con la permanenza domiciliare, ovvero di quelli caratterizzati da maggior gravità solo perché la pena è diversa da quella pecuniaria o detentiva. Ciò snaturerebbe persino l’obbligatorietà della condanna alla permanenza domiciliare in luogo di quella pecuniaria alternativa imposta dall’art.52 n.3 del Dlgs 274/00 in caso di recidiva, finendo col premiare il recidivo rispetto all’incensurato e con ciò stridendo anche con lo spirito del legislatore della 251 che ha voluto una stretta di vite proprio sulle recidive.
In secundis, è la stessa specialità della normativa di cui al Dlgs 274/00 ad impedire ogni confusione. Seguendo l’elementare criterio interpretativo sistematico delle norme, questa normativa costituisce lex specialis che non appare abrogabile da una norma generale se non in maniera espressa ed altrettanto speciale.
Nè dai lavori preparatori nè dalla relazione della legge vi è traccia di tale collegamento.La prescrizione breve avrebbe effetti abnormi persino sull’azione di risarcimento della parte offesa.
Come noto, l’art.2947 c.c. prevede che, se il fatto fonte dell’obbligazione è considerato dalla legge come reato e per il reato è prevista una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile.
Prendendo ad esempio la fattispecie di cui all’art. 612 c.p., diversamente regolato per la competenza nei commi uno e due, lo stesso fatto avrebbe due decorsi prescrizionali diversi generando la problematica della legittimazione alla contestazione dell’aggravante per evitare la perenzione. Non solo.
Certamente equivoca sarebbe la sperequazione tra fatti di maggior gravità (lesioni colpose) rispetto a quelli di minore entità per il diverso decorso.
Ma a negare ogni suggestione o convincimento della tesi della prescrizione breve è definitivamente l’art.58 del Dlgs 274/00 laddove sia per la permanenza domiciliare (o per il lavoro di p.u.) sia per la pena pecuniaria v’è sempre il criterio di ragguaglio direttamente riferibile alla pena detentiva (cfr n. 2 e n. 3).
Tale collegamento è, per disposizione espressa di legge, imposto per ogni effetto giuridico ovvero anche per quello del computo ai fini della prescrizione. Pertanto, sia seguendo la specialità della norma rispetto allo ius communis dell’art. 157 cp, sia applicando il citato articolo 58 non abrogato che altrimenti non avrebbe più senso alcuno, deve necessariamente ritenersi che per i reati de quibus il calcolo della durata necessaria per la prescrizione non è diverso da quello indicato in linea generale dal primo comma del medesimo articolo.
Quale che sia il senso o portata della previsione dell’art. 157 cp per le sanzioni diverse non è compito del Giudicante che ben può ritenere che il legislatore abbia introdotto una previsione in bianco per future applicazioni, senza che si debba o possa ricercare attualmente il caso previsto già dalla norma novellata per spiegare l’effettiva portata della norma.

Alla luce di quanto detto, letto l’art. 157 cp in relazione agli artt. 52 e 58 del Dlgs 274/00 ritiene non sussistente la questione e la rigetta, disponendo procedersi oltre.
Marigliano, 14.03.07

Il Giudice di PaceDott. Domenico Chianese

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