Fermo amministrativo – giurisdizione – differente criterio di ripartizione – 19.02.07.

Interessante sentenza del Giudice di Pace di Bari in materia di fermi amministrativi, alla luce delle modifiche apportate dalla L. 248/06. “  Con la legge (n. 248 del 2006) di conversione del D.L. 223/2006 (cd. Decreto Visco-Bersani) è stato modificato l’art. 19 del D.Lgs. 546/92 ed il fermo amministrativo è stato inserito tra gli atti impugnabili dinanzi al Giudice Tributario.  E’ evidente cioè che, allorquando l’art. 19 (lett. e-ter) D.Lgs. 546/92 richiama “i fermi amministrativi”, esso non può essere letto indipendentemente dall’art. 2 (che individua la materia nella quale il fermo è stato disposto), e pertanto è indubbio che la norma possa applicarsi soltanto ai fermi amministrativi disposti nell’ambito della materia attribuita alla competenza del Giudice Tributario. Alla luce di tali considerazioni, la competenza giurisdizionale va ripartita secondo il seguente criterio: se il fermo amministrativo è disposto per crediti tributari, la relativa opposizione andrà sollevata dinanzi al Giudice Tributario; se, invece, il credito per il quale viene disposto il fermo ha natura “non tributaria” (es. sanzione amministrativa), il Giudice competente sarà quello individuato secondo i criteri normali che presiedono (ex art. 103 Cost.) al riparto di giurisdizione: e poiché il fermo ha natura cautelare (e non è un atto amministrativo), il Giudice dinanzi al quale proporre l’opposizione sarà il Giudice ordinario.       

                                                                  REPUBBLICA  ITALIANA 

                                                          IN  NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO
 

                                                             UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE
   

Il Giudice di Pace di Bari  Avv. Giuseppe Frugis,  nella causa civile  n. 10746  RG 2006, ha pronunziato la  seguente   SENTENZA 
tra R. P., rappresentato e difeso dall’avv. L. M.  ricorrente 
contro E.TR. s.p.a.  convenuta Oggetto: ricorso avverso il fermo  di autovettura.        

Con ricorso depositato il 14.10.2006, l’istante proponeva opposizione avverso il fermo amministrativo, disposto sulla   propria autovettura tg. BH dalla E.TR.s.p.a., in data 12 settembre  2006 per il mancato pagamento di €.2.675,53.
      
Eccepiva, quindi, l’illegittimità del provvedimento impugnato sollevando più motivi di censura, tra cui la carenza dei presupposti del provvedimento di fermo amministrativo e la nullità ed illegittimità, connesse alla mancata emanazione del previsto regolamento di attuazione dell’art. 86 del DPR 602/73, come modificato dal D.lgs. 193/2001.
      
Chiedeva, quindi, la condanna della E.TR. s.p.a. al risarcimento del danno per mancato utilizzo del veicolo. 
      
Si costituiva la E.TR s.p.a. e deduceva la carenza di giurisdizione del giudice adito in favore della giurisdizione del giudice amministrativo, l’incompetenza funzionale, attesa la natura cautelare del fermo, il difetto di competenza a favore del giudice del lavoro,  la carenza di legittimazione ad agire.
      
Richiamando, poi, la legge di conversione del DL n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani)  eccepiva la carenza di giurisdizione in favore della Commissione Tributaria Provinciale, territorialmente competente, avendo il legislatore allargato la competenza della giurisdizione tributaria con l’introduzione del comma 26 quinquies dell’art. 35 del citato decreto modificando così l’art.19 c.1 del D.Lgs 546/92 inserendo due nuove previsioni in ordine agli atti impugnabili  presso le commissioni tributarie e cioè quelli inerenti l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del DPR 602/73 e quelli inerenti il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del cit. DPR.  
      
In ordine alla carenza di potere, poi, con riferimento all’art. 86 d.p.r. n. 602/73 terzo comma, deduceva l’infondatezza delle argomentazioni del ricorrente, perchè il recente decreto Legge n. 203/05 aveva affermato l’ultrattività del vecchio Regolamento di esecuzione di cui al DM  n. 503/98.
      
Eccepiva, infine, la tardività del ricorso.
      
Sulle conclusioni rassegnate dalle parti, la causa veniva decisa all’udienza del 14.2.2007.
 

                                                                 MOTIVI DELLA DECISIONE
      

Preliminarmente si rileva che il preavviso di fermo amministrativo non indica alcun termine  entro il quale proporre l’impugnativa e che la qualificazione dell’atto di opposizione sarà meglio specificato in seguito.
      
Prima di passare all’esame del merito, va affrontata la questione relativa alla invocata competenza della Commissione Tributaria Provinciale alla luce della nuova normativa introdotta dalla legge n. 248/06 di conversione del D.L. n. 226/06. 
       
La soluzione della controversia in esame richiede necessariamente un preliminare sintetico esame della natura del fermo amministrativo.
       
Richiamando, per ragioni di brevità, quanto costantemente affermato dalla prevalente giurisprudenza di legittimità e di merito, si può in questa sede affermare che il fermo amministrativo non è un “provvedimento amministrativo” ma,  al contrario, è un atto posto in essere dal creditore (Amministrazione) in quanto tale ed ha natura sostanzialmente cautelare, essendo diretto alla conservazione dei cespiti patrimoniali del debitore.
      
L’innovazione che il decreto legislativo del 2001 ha introdotto alla disciplina dell’istituto, quale originariamente previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, con le modifiche succedutesi fino al 1999, non ha innovato la natura giuridica del fermo, essendo intervenuta, esclusivamente a svincolare il concessionario dalla intermediazione della Direzione Regionale delle Entrate e dal previo esperimento negativo del pignoramento del bene mobile registrato, conferendogli direttamente la possibilità di disporre il fermo dei beni mobili registrati, sul solo presupposto della scadenza del termine stabilito dal primo comma dell’art. 50 dello stesso decreto, senza attribuire al concessionario poteri di natura amministrativo-tributaria, propri dell’Amministrazione, bensì muovendosi nella logica – propria del diritto comune – della attribuzione (al creditore) di strumenti idonei a ricercare e conservare i cespiti del patrimonio del debitore idonei a garantire, in sede esecutiva, la soddisfazione del credito, sia pure con la peculiarità connesse al titolo per il quale si procede alla riscossione coattiva.
Il fermo amministrativo dei beni mobili registrati, così, assolve ad una funzione di conservazione del cespite patrimoniale del debitore, in vista della espropriazione forzata intesa alla realizzazione del credito tributario, per molti versi assimilabile (con le peculiarità dovute alla natura del bene) alla iscrizione ipotecaria sui beni immobili prevista dall’art. 77 dello stesso decreto.
Trattasi, dunque, non già di un singolare potere autoritativo e discrezionale in vista degli interessi pubblici specifici affidati alla cura dell’Amministrazione concedente, bensì di una potestà che si colloca (concettualmente) nel quadro dei diritti potestativi del creditore (ossia quella di promuovere atti conservativi sul patrimonio del debitore in vista della esecuzione forzata) che trovano nel diritto comune la naturale collocazione, in quanto la soggezione del debitore all’esercizio della potestà ha la sua fonte nel debito certo, liquido ed esigibile, che vincola il debitore alla sua estinzione (con i mezzi ordinari o con l’esecuzione forzata), e nel rapporto obbligatorio la sua intrinseca giustificazione (sul punto, ex plurimis, cfr. Consiglio di Stato, n. 421 del 3 febbraio 2006; n. 4689 del 13 settembre 2005; n. 4356 del 27 settembre 2004; TAR Emilia-Romagna n. 72 del 19 febbraio 2004; TAR Campania n. 12025 del 16 settembre 2004; TAR Emilia Romagna, n. 2516 del 25 novembre 2003; TAR Calabria n. 2110 del 20 giugno 2003; TAR Lombardia, n. 1140 del 5 maggio 2003; TAR Veneto, n. 886 del 30 gennaio 2003; Tribunale di Novara, 9 maggio 2003).
       Ciò posto, tale premessa è necessaria per comprendere quale sia il riparto di giurisdizione in materia di fermo amministrativo e per delineare gli obblighi implicitamente gravanti per l’Amministrazione che intenda disporre il fermo, al fine di verificare se, nel caso di specie, tali obblighi siano stati rispettati o meno.       
Con la legge (n. 248 del 2006) di conversione del D.L. 223/2006 (cd. Decreto Visco-Bersani) è stato modificato l’art. 19 del D.Lgs. 546/92 ed il fermo amministrativo è stato inserito tra gli atti impugnabili dinanzi al Giudice Tributario.
Tale disposizione, tuttavia, non ha attribuito al Giudice tributario tutta la materia del fermo amministrativo. Infatti, una lettura organica e logica delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 546/1992 consente di affermare che la disposizione introdotta con la L. 4.8.2006 n. 248 non ha affatto modificato il riparto di giurisdizione in materia di fermo amministrativo. L’art. 2 del D.Lgs. 546/92 recita testualmente (e già disponeva prima della riforma del 2006): “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”. 
       
Sono in altri termini attribuite al Giudice tributario, non solo le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, ma anche tutte le questioni relative agli atti che precedono l’esecuzione forzata tributaria e quelle relative agli atti che sono compiuti dopo la notifica della cartella di pagamento ma che non hanno natura esecutiva (restandone escluse soltanto le questioni relative, stricto sensu, all’esecuzione). 
       
La norma, in altri termini, esclude quegli atti che rispondono a due requisiti: 1) che siano successivi alla notifica della cartella di pagamento e 2) che siano atti di esecuzione, senza tuttavia chiarire quali siano gli atti da considerare “di esecuzione”, sì che è rimesso all’interprete individuare quegli atti che, successivi alla notifica, siano anche atti “di esecuzione”. 
       
Orbene, stante la natura cautelare del fermo amministrativo (e dunque la sua pacifica non riconducibilità ad atto dell’esecuzione), già ai sensi dell’art. 2 – così come originariamente formulato – i fermi amministrativi disposti in conseguenza di un credito tributario dovevano essere impugnati dinanzi alle Commissioni Tributarie. 
       
La modifica operata sull’art. 19 del D.Lgs. 546/92, prevedendo espressamente la possibilità impugnare il fermo amministrativo di cui all’art. 86 D.P.R. 602/73 dinanzi alle Commissioni Tributarie, nulla di innovativo ha aggiunto, in quanto ha semplicemente esplicitato il contenuto di una normativa che già considerava il fermo amministrativo come misura “non esecutiva” (perché cautelare), e che già ne avrebbe dovuto imporre l’impugnazione dinanzi alle Commissioni Tributarie allorquando il credito fosse stato di natura tributaria.
       
Né tantomeno può dirsi, ed è questo punto centrale della questione, che l’art. 19 intenda riferirsi a “tutti i fermi amministrativi”, per qualunque credito disposti.
La norma, infatti, va necessariamente interpretata ed inquadrata in ragione del contesto normativo in cui è posta: la giurisdizione, che ai sensi degli artt. 2 e 19 D.Lgs. 546/92 è attribuita al Giudice tributario, è soltanto quella relativa ai crediti tributari e, in generale, all’intera materia “tributaria”, per cui i fermi amministrativi per i quali è competente il Giudice tributario non possono che essere i fermi disposti per crediti tributari.
       
E’ evidente cioè che, allorquando l’art. 19 (lett. e-ter) D.Lgs. 546/92 richiama “i fermi amministrativi”, esso non può essere letto indipendentemente dall’art. 2 (che individua la materia nella quale il fermo è stato disposto), e pertanto è indubbio che la norma possa applicarsi soltanto ai fermi amministrativi disposti nell’ambito della materia attribuita alla competenza del Giudice Tributario.
        
Alla luce di tali considerazioni, la competenza giurisdizionale va ripartita secondo il seguente criterio: se il fermo amministrativo è disposto per crediti tributari, la relativa opposizione andrà sollevata dinanzi al Giudice Tributario; se, invece, il credito per il quale viene disposto il fermo ha natura “non tributaria” (es. sanzione amministrativa), il Giudice competente sarà quello individuato secondo i criteri normali che presiedono (ex art. 103 Cost.) al riparto di giurisdizione: e poiché il fermo ha natura cautelare (e non è un atto amministrativo), il Giudice dinanzi al quale proporre l’opposizione sarà il Giudice ordinario.
        
Orbene, l’interpretazione dell’art. 19 ha rilievo centrale nella misura in cui sono recisamente da escludersi quelle opinioni, pure manifestate all’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 248/2006, secondo le quali il Giudice tributario sarebbe stato individuato dal legislatore del 2006 quale Giudice giurisdizionalmente competente per tutti i fermi amministrativi.
         
E tale circostanza è decisiva, anche nel caso in esame, perché, delineandosi una diversa giurisdizione in funzione della natura del credito, muterà conseguentemente la tutela del debitore e gli obblighi che fanno capo all’Amministrazione.
        
Infatti, è innegabile che, se al momento di irrogazione del fermo, il debitore non conosce la natura del credito, egli, proprio perché sussiste una diversa giurisdizione in ragione del credito, è messo nella condizione di non poter correttamente esercitare il proprio diritto di difesa (costituzionalmente garantito ex art. 24), in quanto non potrà individuare il Giudice dinanzi al quale promuovere l’eventuale opposizione.
        
Come risulta pacificamente da un esame del “provvedimento di fermo di beni mobili registrati”, notificato al ricorrente, in esso vi è solo un generico riferimento alle cartelle di pagamento scadute, senza che sia possibile verificare quale sia il contenuto delle stesse.
        
L’Amministrazione, dunque, omettendo l’indicazione della natura del credito vantato e preteso, non solo impedisce al debitore qualunque eventuale contestazione, ma – e tanto rileva ancor più – lo pone nella condizione di non poter individuare il Giudice dinanzi al quale far valere le proprie pretese (qualsiasi esse siano). 
        
Tale circostanza, determinando una inaccettabile compressione del diritto di difesa del cittadino-debitore (in quanto si vedrà costretto a promuovere un’azione potenzialmente priva di uno dei suoi requisiti, essendo la giurisdizione una delle condizioni dell’azione), delinea una situazione di abuso da parte dell’Amministrazione creditrice e comporta, conseguentemente, la necessaria declaratoria di illiceità del fermo amministrativo disposto e, come tale, di competenza di questo giudice.
         Peraltro, sotto altro profilo, si deve evidenziare anche l’illegittimità del fermo, così come disposto dalla concessionaria, per violazione del Regolamento di cui al DM n. 503/98 e della L. n. 203/05. Infatti, nessuna delle prescrizioni contenute nel citato D.M. è stata osservata dalla E.TR. s.p.a.. [omissis]       
Così come innanzi rilevate, la illiceità, illegittimità ed arbitrarietà della condotta della E.TR. s.p.a., costituiscono fonte di responsabilità risarcitoria.              
       
Per tutte le motivazioni sopradette, va disposto l’annullamento del “fermo” .
       
Considerato che il veicolo è stato sottoposto al “fermo” dal 2.10 al 17.10.2006, data di sospensione del provvedimento, va riconosciuto il risarcimento del danno correlato al mancato utilizzo del veicolo, nella misura ritenuta equa di € 300,00. 
       
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
 

                                                                               P.Q.M.
            

Il Giudice di pace, così provvede:
   rigetta l’eccepito difetto di giurisdizione e di incompetenza  per materia, nonché di legittimazione ad agire; 
  accoglie l’opposizione e per l’effetto, dichiara l’illiceità del fermo amministrativo impugnato e ne ordina la cancellazione al Conservatore del P.R.A. di Bari a spese della E.TR s.p.a.; 
  condanna la E.TR. s.p.a. al pagamento, in favore dell’istante, di € 300,00 a titolo di risarcimento, nonché delle spese di causa che liquida in favore del difensore dell’istante, distrattario, in € 680,00 di cui € 370,00 per diritti, oltre Iva, Cap e spese generali.          
Bari 19.2.2007
                                                                

               IL  GIUDICE DI PACE
                                                                 

              Avv.  Giuseppe  Frugis
  

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