Corte Di Giustizia Europea n° C-489/07 -diritto dei consumatori – Contratti a distanza – Diritto di recesso – Clausola minima – 03.09.09. –

La Corte Di Giustizia Europea ha stabilito che, nei contratti a distanza,  il diritto di recesso, entro un termine di almeno sette giorni lavorativi senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, è finalizzato a tutelare il consumatore nella particolare situazione di una vendita a distanza, in cui egli «non ha in concreto la possibilità di visionare il bene o di prendere conoscenza della natura del servizio prima della conclusione del contratto». Si reputa pertanto che il diritto di recesso compensi lo svantaggio che risulta per il consumatore da un contratto a distanza, accordandogli un termine di riflessione appropriato durante il quale egli ha la possibilità di esaminare e testare il bene acquistato. Inoltre, la Corte ha precisato che può essere imposto al consumatore il pagamento di un’indennità per l’uso di tale bene nel caso in cui egli abbia fatto uso del detto bene in un modo incompatibile con i principi del diritto civile, quali la buona fede o l’arricchimento senza giusta causa.                               

                                      CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE  

                                             SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
 

3 settembre 2009 «Direttiva 97/7/CE – Tutela dei consumatori – Contratti a distanza – Esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore – Indennizzo per il godimento da corrispondere al venditore»   

Nel procedimento C-489/07,
 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Amtsgericht Lahr (Germania), con decisione 26 ottobre 2007, pervenuta in cancelleria il 5 novembre 2007, nella causa Pia Messner contro Firma Stefan Krüger,  

LA CORTE
(Prima Sezione), composta dal sig. P. Jann (relatore), presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešic, A. Tizzano, E. Levits e J.-J. Kasel, giudici, avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Slawiczek, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 dicembre 2008, considerate le osservazioni presentate: 
– per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra J. Kemper, in qualità di agenti; 
– per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente; 
– per il governo spagnolo, dal sig. J. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente; 
– per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente; 
– per il governo portoghese, dal sig. L. Inez Fernandes e dalla sig.ra P. Contreiras, in qualità di agenti; 
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. V. Kreuschitz, W. Wils e H. Krämer, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 febbraio 2009, ha pronunciato la seguente Sentenza  
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 6 della direttiva (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19). 
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Messner, consumatrice, e la Firma Stefan Krüger (in prosieguo: la «Stefan Krüger»), impresa che vende a distanza via Internet, in merito al rimborso di una somma pari a EUR 278 a seguito della risoluzione di un contratto a distanza. 
Contesto normativo La normativa comunitaria 
3 Il quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 97/7 prevede quanto segue: «considerando che il consumatore non ha in concreto la possibilità di visionare il bene o di prendere conoscenza della natura del servizio prima della conclusione del contratto; che si dovrebbe prevedere un diritto di recesso, a meno che la presente direttiva non disponga diversamente; che è necessario limitare ai costi diretti di spedizione dei beni al mittente gli oneri – qualora ve ne siano – derivanti al consumatore dall’esercizio del diritto di recesso, che altrimenti resterà formale; che questo diritto di recesso lascia impregiudicati i diritti del consumatore previsti dalla legislazione nazionale, con particolare riferimento alla ricezione di beni deteriorati o servizi alterati o di servizi e beni non corrispondenti alla descrizione contenuta nell’offerta di tali prodotti o servizi; che spetta agli Stati membri determinare le altre condizioni e modalità relative all’esercizio del diritto di recesso». 
4 L’art. 6, nn. 1 e 2, di tale direttiva dispone quanto segue: 
«Diritto di recesso 1. Per qualunque contratto negoziato a distanza il consumatore ha diritto di recedere entro un termine di almeno sette giorni lavorativi senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo. Le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente. (…) 
2. Se il diritto di recesso è stato esercitato dal consumatore conformemente al presente articolo, il fornitore è tenuto al rimborso delle somme versate dal consumatore, che dovrà avvenire gratuitamente. Le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente. Tale rimborso deve avvenire nel minor tempo possibile e in ogni caso entro trenta giorni». 
5 L’art. 14 della citata direttiva così recita: «Clausola minima Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe compatibili con il trattato, per garantire al consumatore un livello di protezione più elevato. (…)». La normativa nazionale 
6 L’art. 312d del codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch; in prosieguo: il «BGB»), sotto la rubrica «Diritto di recesso e di restituzione nei contratti a distanza», così recita: 
«(1) Nei contratti a distanza spetta al consumatore un diritto di recesso ai sensi dell’art. 355. In caso di contratti di fornitura di merci, in luogo del diritto di recesso può essere riconosciuto al consumatore il diritto di restituzione ai sensi dell’art. 356. 
(2) In deroga all’art. 355, n. 2, primo periodo, il termine per il recesso non inizia a decorrere prima dell’adempimento dei doveri di informazione di cui all’art. 312c, n. 2, e, in caso di fornitura di merci, non prima del giorno del loro ricevimento da parte del destinatario, in caso di somministrazione periodica di merci dello stesso tipo non prima del giorno del ricevimento della prima fornitura, e, in caso di prestazioni di servizi, non prima del giorno della conclusione del contratto». 
7 L’art. 355 del BGB, sotto la rubrica «Diritto di recesso nei contratti dei consumatori», dispone quanto segue: 
«(1) Nel caso in cui la legge attribuisca al consumatore un diritto di recesso ai sensi della presente disposizione, quest’ultimo non è più vincolato alla propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione del contratto qualora abbia esercitato il proprio diritto di recesso entro il termine.
Il recesso non necessita una motivazione e deve essere dichiarato nei confronti dell’imprenditore per iscritto o mediante spedizione della cosa al mittente entro due settimane; ai fini del rispetto del termine si tiene conto del giorno dell’invio.
 
(2) Il termine inizia a decorre dal momento in cui al consumatore siano state fornite per iscritto chiare informazioni in ordine al suo diritto di recesso, le quali, conformemente a quanto esige il mezzo di comunicazione impiegato, gli rendano comprensibili i suoi diritti, indichino, inoltre, il nome e il recapito di colui nei cui confronti il recesso deve essere dichiarato, e riportino il dies a quo di decorrenza del termine e la disposizione di cui al n. 1, secondo periodo. Qualora tali informazioni siano comunicate successivamente alla conclusione del contratto, il relativo termine, in deroga al n. 1, secondo periodo, è di un mese. Nel caso in cui il contratto debba essere concluso per iscritto, il termine non inizia a decorrere prima che sia stata messa a disposizione del consumatore anche una copia scritta del contratto, la proposta scritta del consumatore o una copia di tale documentazione o della proposta. Se l’inizio del termine è controverso, l’onere della prova ricade sull’imprenditore. 
(3) Il diritto di recesso si estingue al più tardi decorsi sei mesi dalla conclusione del contratto. In caso di fornitura di merci, il termine non inizia a decorrere prima del giorno del ricevimento delle stesse da parte del destinatario. In deroga al primo periodo, il diritto di recesso non si estingue qualora il consumatore non sia stato correttamente informato in ordine al suo diritto di recesso, nonché, ove si tratti di contratti a distanza aventi ad oggetto la prestazione di servizi finanziari, qualora l’imprenditore non abbia correttamente adempiuto i propri doveri di informazione di cui all’art. 312 c, n. 2, punto 1». 
8 L’art. 357 del BGB, sotto la rubrica «Effetti del recesso e della restituzione», così dispone: 
«(1) Se non diversamente stabilito, al diritto di recesso e di restituzione si applicano le norme sul diritto legale di recesso in quanto compatibili. L’art. 286, n. 3, si applica in quanto compatibile all’obbligo di rimborso dei pagamenti ivi previsti; il termine ivi stabilito decorre dalla dichiarazione del consumatore di recesso o di restituzione, e segnatamente, per quanto riguarda l’obbligo di rimborso del consumatore, dall’invio di tale dichiarazione, mentre per quanto riguarda l’obbligo di rimborso dell’imprenditore, dalla sua ricezione. 
(3) In deroga all’art. 346, n. 2, primo periodo, punto 3, il consumatore è tenuto a corrispondere un’indennità per il deterioramento della cosa derivante da un uso della stessa conforme alla sua destinazione, purché sia stato informato per iscritto, al più tardi al momento della conclusione del contratto, di tale conseguenza e della possibilità di evitarla. L’indennità non è dovuta se il deterioramento è esclusivamente riconducibile all’esame della cosa. L’art. 346, n. 3, primo periodo, punto 3, non si applica qualora il consumatore sia stato correttamente informato del suo diritto di recesso o ne abbia avuto altrimenti conoscenza. 
(4) Non sussistono ulteriori diritti». 
9 L’art. 346, nn. 1-3, del BGB, intitolato «Effetti del recesso», ha la seguente formulazione: 
«(1) Qualora una delle parti si sia riservata contrattualmente un diritto di recesso, o tale diritto le spetti in forza di una norma di legge, l’esercizio del recesso implica la riconsegna delle prestazioni ricevute e la restituzione degli utili ottenuti. 
(2) In luogo della riconsegna o della restituzione, il debitore è tenuto a corrispondere un rimborso di valore equivalente: 1) qualora la riconsegna o la restituzione sia esclusa in base alla natura di quanto ottenuto; 2) qualora egli abbia consumato, alienato, gravato, lavorato o trasformato l’oggetto ricevuto, 3) in caso di deterioramento o perimento del bene; resta però escluso il deterioramento derivante dall’uso normale del bene. Nel caso in cui il contratto preveda una controprestazione, essa dev’essere posta alla base del calcolo del rimborso del valore; se deve essere corrisposto il rimborso del valore per i vantaggi derivanti dall’utilizzazione di un mutuo, è ammessa la prova diretta a dimostrare che il valore di tali vantaggi era inferiore. 
(3) L’obbligo di rimborso del valore si estingue: 1) se il vizio legittimante il recesso si è manifestato solo durante la lavorazione o la trasformazione dell’oggetto, 2) se ed in quanto il deterioramento o il perimento sia imputabile al creditore, o se il danno sarebbe ugualmente sorto presso quest’ultimo, 3) qualora, in caso di diritto legale di recesso, il deterioramento o il perimento si sia verificato presso l’avente diritto sebbene questi abbia agito con la diligenza che è solito prestare nei propri affari. L’arricchimento residuo dev’essere reso». Causa principale e questione pregiudiziale 
10 La sig.ra Messner ha acquistato su internet dalla Stefan Krüger, il 2 dicembre 2005, un computer portatile d’occasione al prezzo di EUR 278. 
11 Al momento di tale acquisto, la Stefan Krüger pubblicava sul proprio sito Internet condizioni generali di vendita in cui si poteva, in particolare, leggere che l’acquirente è tenuto a corrispondere un’indennità in caso di deterioramento derivante da un uso della merce conforme alla sua destinazione. 
12 Nell’agosto 2006 si è manifestato un difetto allo schermo del detto computer. La sig.ra Messner ha informato la Stefan Krüger di tale difetto il 4 agosto 2006. Quest’ultima si è rifiutata di eliminare il detto difetto gratuitamente. 
13 Il 7 novembre 2006, la sig.ra Messner ha dichiarato di recedere dal contratto di compravendita ed ha offerto alla Stefan Krüger la restituzione del computer portatile in cambio del concomitante rimborso. Tale recesso è stato effettuato entro i termini previsti dal BGB in quanto la sig.ra Messner non aveva ricevuto le informazioni necessarie, come previsto da tale codice, ai fini della decorrenza del termine per il recesso. 14 La sig.ra Messner ha chiesto alla Stefan Krüger, dinanzi all’Amtsgericht Lahr, il rimborso della somma di EUR 278. 
15 La Stefan Krüger si è opposta a tale domanda giudiziale affermando che la sig.ra Messner, comunque, le deve un’indennità pari a quasi otto mesi interi di uso del computer portatile. Il prezzo di affitto di un computer portatile di questo tipo ammonterebbe in commercio in media a EUR 118,80 per tre mesi, di modo che l’indennità corrispondente alla durata dell’uso da parte della sig.ra Messner del computer in questione sarebbe pari ad EUR 316,80. 
16 In tale contesto, l’Amtsgericht Lahr ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’art. 6, n. 2, in combinato disposto con il suo n. 1, secondo periodo, della [direttiva 97/7] debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale preveda che, in caso di recesso del consumatore esercitato entro i termini, il venditore possa esigere un’indennità per l’uso del bene di consumo fornito». Sulla questione pregiudiziale 
17 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva 97/7 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale preveda che il venditore possa chiedere al consumatore un’indennità per l’uso di un bene acquistato tramite contratto a distanza qualora quest’ultimo abbia esercitato il suo diritto di recesso entro i termini. 
18 In forza dell’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva 97/7, le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente. 
19 A tal proposito, dal quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 97/7 risulta che tale divieto di accollare al consumatore spese diverse da quelle risultanti direttamente dalla spedizione dei beni al mittente è finalizzato ad assicurare che il diritto di recesso garantito da tale direttiva «[non] resterà formale». Infatti, il consumatore potrebbe essere scoraggiato dal fare uso di tale diritto se esso fosse connesso a conseguenze pecuniarie negative. 
20 Inoltre, dal medesimo considerando risulta che il diritto di recesso è finalizzato a tutelare il consumatore nella particolare situazione di una vendita a distanza, in cui egli «non ha in concreto la possibilità di visionare il bene o di prendere conoscenza della natura del servizio prima della conclusione del contratto». Si reputa pertanto che il diritto di recesso compensi lo svantaggio che risulta per il consumatore da un contratto a distanza, accordandogli un termine di riflessione appropriato durante il quale egli ha la possibilità di esaminare e testare il bene acquistato. 
21 È alla luce di tali obiettivi che va interpretato il divieto stabilito all’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva 97/7. 
22 A tal riguardo, va constatato che un’imposizione generica di un’indennità per l’uso del bene acquistato tramite un contratto a distanza è incompatibile con i detti obiettivi. 
23 Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale al punto 74 delle sue conclusioni, se il consumatore dovesse versare una siffatta indennità per il solo fatto che egli ha avuto la possibilità di utilizzare il bene acquistato tramite un contratto a distanza per il tempo in cui esso ne ha avuto il possesso, egli potrebbe esercitare il suo diritto di recesso solo in cambio del pagamento di tale indennità. Una conseguenza di questo tipo sarebbe in evidente contraddizione con la formulazione e con il fine dell’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva 97/7 e priverebbe in particolare il consumatore della possibilità di fare uso del termine di riflessione accordatogli da tale direttiva in piena libertà e senza alcuna pressione. 
Del pari, l’efficacia e l’effettività del diritto di recesso verrebbero messe in discussione se si imponesse al consumatore di pagare un’indennità per il solo fatto di aver esaminato e testato il bene acquistato tramite un contratto a distanza. Essendo il diritto di recesso proprio finalizzato a dare tale possibilità al consumatore, il fatto che egli vi ricorra non può comportare che gli sia consentito di recedere unicamente a condizione di pagare un’indennità.
 
25 Tuttavia, se anche la direttiva 97/7 mira a tutelare il consumatore nella particolare situazione di un contratto a distanza, essa non è intesa ad accordargli diritti che vadano oltre quanto necessario a consentirgli di esercitare effettivamente il suo diritto di recesso. 
26 Di conseguenza, il fine della direttiva 97/7 e, in particolare, il divieto stabilito al suo art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, non osta, in linea di principio, alla normativa di uno Stato membro la quale imponga al consumatore il pagamento di un’equa indennità nel caso in cui egli abbia fatto uso del bene acquistato tramite un contratto a distanza in un modo incompatibile con i principi del diritto civile, quali la buona fede o l’arricchimento senza giusta causa. 
27 A tal riguardo, va rilevato che dall’ultima frase del quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 97/7 risulta che spetta agli Stati membri determinare le altre condizioni e modalità relative all’esercizio del diritto di recesso. Tale competenza deve, tuttavia, essere esercitata nel rispetto del fine di tale direttiva e non può, in particolare, pregiudicare l’efficacia e l’effettività del diritto di recesso.
Questo si verificherebbe, ad esempio, se l’importo di un’indennità quale quella menzionata al punto precedente risultasse sproporzionato rispetto al prezzo di acquisto del bene in questione ovvero, anche, se la normativa nazionale ponesse a carico del consumatore l’onere della prova di non aver usato tale bene durante il termine di recesso in un modo che va oltre quanto necessario per consentirgli di esercitare utilmente il suo diritto di recesso.
 
28 È alla luce di tali principi che spetta al giudice nazionale statuire sul caso di cui è stato in concreto investito tenendo debitamente conto di tutte le sue particolarità, e in particolare della natura del prodotto in questione nonché della durata del periodo al termine del quale, in ragione del mancato rispetto da parte del venditore del suo obbligo d’informazione, il consumatore ha esercitato il suo diritto di recesso.
 
29 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la questione posta va risolta nel senso che l’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva 97/7 dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale preveda in modo generico che il venditore possa chiedere al consumatore un’indennità per l’uso di un bene acquistato tramite un contratto a distanza nel caso in cui quest’ultimo ha esercitato il suo diritto di recesso entro i termini. Tuttavia, questo stesso articolo non osta a che venga imposto al consumatore il pagamento di un’indennità per l’uso di tale bene nel caso in cui egli abbia fatto uso del detto bene in un modo incompatibile con i principi del diritto civile, quali la buona fede o l’arricchimento senza giusta causa, a condizione che non venga pregiudicato il fine della detta direttiva e, in particolare, l’efficacia e l’effettività del diritto di recesso, ciò che spetta al giudice nazionale determinare. 
Sulle spese 
30 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.  

                                                               Per questi motivi

la Corte (Prima Sezione) dichiara:  L’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale preveda in modo generico che il venditore possa chiedere al consumatore un’indennità per l’uso di un bene acquistato tramite un contratto a distanza nel caso in cui quest’ultimo ha esercitato il suo diritto di recesso entro i termini. Tuttavia, questo stesso articolo non osta a che venga imposto al consumatore il pagamento di un’indennità per l’uso di tale bene nel caso in cui egli abbia fatto uso del detto bene in un modo incompatibile con i principi del diritto civile, quali la buona fede o l’arricchimento senza giusta causa, a condizione che non venga pregiudicato il fine della detta direttiva e, in particolare, l’efficacia e l’effettività del diritto di recesso, ciò che spetta al giudice nazionale determinare.       

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